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Duplice omicidio di Cenerente: Dna di donna sull'arma del delitto – Nuovi spunti per la difesa di Gjergji

Redazione

Duplice omicidio di Cenerente: Dna di donna sull'arma del delitto – Nuovi spunti per la difesa di Gjergji

Ven, 19/04/2013 - 16:01

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Sara Minciaroni

Il duplice delitto Sergio Scoscia e Maria Raffaelli ex orafo e sua madre, trucidati nella loro casa nella frazione perugina di Cenerente la notte fra il 5 e il 6 aprile del 2012 ha un nuovo colpo di scena. Questa mattina in sede di incidente probatorio si è stabilito di procedere a nuove indagini, in particolare confrontando il dna della “basista” con quello trovato sull'arma del delitto.

Spunta il dna di una donna. Secondo le analisi genetiche disposte con la formula dell'incidente probatorio dal gip di Perugia Lidia Brutti nell'ambito dell'indagine a carico dei tre albanesi accusati del duplice delitto, ci sarebbe una commistura di materiale biologico delle vittime e di “almeno un individuo di sesso femminile” sul martello da carpentiere utilizzato per uccidere nell'aprile dell'anno scorso Sergio Scoscia e la madre Maria Raffaelli durante un tentativo di rapina nella loro abitazione. L'ipotesi è che possa trattarsi del codice genetico dell'unica donna ad oggi coinvolta nell'inchiesta.

Il lavoro della scientifica. Secondo quanto emerso dai risultati delle analisi scientifiche sotto un’unghia della vittima Scoscia l'esperto ha invece individuato una ''piena corrispondenza genetica'' con il Dna di uno degli arrestati dalla polizia, Ndree Laska. I risultati dell'incidente probatorio sono stati discussi in aula questa mattina. Oltre a Laska, per il duplice omicidio di Cenerente sono stati bloccati Alfons Gjergji e Artan Gioka.

Nuovi spunti per la difesa. L'avvocato Luca Maori, difensore di Gjergji, accusato dagli altri due arrestati di essere l'esecutore del duplice omicidio ha intanto espresso soddisfazione per il risultato relativo all’analisi del martello. “Il nostro assistito – ha detto il legale – ha sempre negato di essere entrato in casa. Oggi abbiamo chiesto di amplificare se possibile la traccia femminile sul martello e quindi di attribuirla”. Richiesta che è stata favorevolmente accolta dal Gip e dal Pm Claudio Cicchella.

Gli arresti – Gli investigatori della Squadra Mobile guidati da Marco Chiacchiera e dello Sco di Roma hanno localizzato e tratto in arresto in Albania,lo scorso giugno, con la collaborazione delle autorità locali e nel rispetto dei trattati internazionali i due indagati, Gjoka Artan dell‘88 e Laska Ndrec dell’84. Entrambi erano ripartiti, in tutta fretta, alla volta dell’Albania il 7 aprile, giorno successivo a quello degli accadimenti criminosi; adesso sono stati associati presso una struttura carceraria albanese in attesa di essere estradati in Italia. Il terzo indagato Gjergji Alfons, dell’85, invece è stato rintracciato e tratto in arresto a Roma.

Gli omicidi – Nella notte del loro assassinio Scoscia e la madre vennero letteralmente torturati da una banda composta da tre persone (elemento evidenziato dalle indagini che hanno rilevato impronte di tre diversi tipi di scarpa). L’intento dei malavitosi era quello di aprire una cassaforte, dove, scopriremo poi, erano contenuti circa 150 mila euro in oro. Tentativo vano, la rapina sfocerà nell’omicidio e la cassaforte non sarà mai aperta. Scoscia è deceduto in seguito ai traumi riportati per dei colpi inferti con un martello e la madre morirà per arresto cardiaco in seguito allo shock ed ai traumi riportati.

Gli oggetti sul luogo del delitto – Gli inquirenti sono partiti dagli oggetti rinvenuti sul posto, un materassino di lana di roccia (usato dai malviventi per attutire i rumori del calpestio sul tetto della capanna da cui hanno avuto accesso alla casa), un martello (considerato l’arma del delitto), ed una scala (usata per passare dal tetto della capanna alla finestra della casa delle vittime). Questi oggetti provenivano da un cantiere nei pressi della casa di Cenerente.

I cellulari – Difficilissime le indagini condotte dalla polizia postale sul traffico telefonico degli arrestati, in quanto da “esperti” si sono sempre avvalsi di numeri difficili da attribuire e rintracciare. L’utenza del Laska è stata agganciata da una cella nei pressi del casale di Cenerente il giorno prima del delitto, lasciando ipotizzare un suo “sopralluogo” prima del colpo.

I Rapporti tra i tre arrestati – Non si incontravano mai, probabilmente il colpo è stato organizzato sulla base di indizi forniti da un basista di Perugia. Il solo tra i tre che ha gravitato nel tempo in Umbria è stato Laska. Nessuno dei tre è mai stato fotosegnalato in Italia ma le loro attività malavitose si sono svolte anche in Grecia ed Albania, cosa che ha reso ancor più difficili le indagini. Si conoscevano bene però: tutti e tre provengono infatti da una zona dell’Albania descritta dagli inquirenti come la nostra “Scampia”, due di loro sono stati anche compagni di scuola.

La basista – Figura centrale nelle indagini è quella di Marjana, giovane prostituta nella zona del “Pantano” che ha di fatto confessato il suo coinvolgimento nella rapina commessa ai danni di Sergio Scoscia e della madre. Ha dichiarato di essere stata lei a riferire al fidanzato Artan Gioka che lo Scoscia lavorava l'oro e che con il suo amante pensavano di organizzare un furto a casa sua. Gioka le aveva spiegato che il furto lo avrebbero perpetrato lui e dei suoi amici e che il tutto si sarebbe svolto prima di Pasqua. La notte del 5 aprile proprio a casa della donna arriva un terzo uomo, da Roma. Secondo gli inquirenti quell'uomo è Gjergji Alfons, che verrà poi fermato a Roma a bordo di una Ford Focus di colore grigio scuro: una vera e propria “super car” del crimine contenete tutto il necessaire per lo scasso.

Le indagini – Artan Gioka, il giorno dopo il ritrovamento dei corpi, prende un volo Sant’Egidio-Tirana che è disposto a pagare 250 euro, prezzo fuori mercato rispetto alla media della tratta. La cosa è strana e desta sospetti e poi conferme negli inquirenti. Anche il Laska ha fretta di tornare a casa ed è l’unico di cui vengono evidenziati frequenti contatti telefonici con il Gioka. Il terzo, considerato dagli inquirenti il “rapinatore di professione” viene arrestato a Roma, fermato a bordo di un’auto, una Ford di colore scuro, che sembra corrispondere a quella vista da un testimone sul luogo del delitto, all’interno viene trovato tutto l’armamentario per lo scasso.

L’accusa – Ai tre arrestati viene contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata a rapina e duplice omicidio volontario.

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