Mutilate. Per la legge italiana non conta che si tratti di un rituale condizionato dal paese e dalla relativa cultura di provenienza. L’infibulazione è considerata a tutti gli effetti una grave mutilazione che viene punita per chi l’ha provocata con una pena dai quattro ai dodici anni. Le vittime sono due bimbe, la cui identità è per ovvie ragioni tutelata, nate e residenti in Umbria da genitori stranieri.
Arrestati genitori. E ieri in Umbria i carabinieri del comando provinciale di Perugia, in esecuzione di ordinanza applicativa di misura cautelate personale, emessa dall’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia,su richiesta formulata dalla locale Procura della Repubblica, ha tratto in arresto due genitori di nazionalità nigeriana residenti nella provincia, perché ritenuti responsabili, in concorso, del reato di cui all’art. 583 bis c.p. (lesioni personale aggravate), sottoponendoli al regime degli arresti domiciliari.
Le indagini. Le indagini espletate dai militari dell’Arma, sono partite dalla segnalazione di una Autorità Sanitaria locale, evidentemente dopo che un medico visitando le bimbe si è accorto della mutilazione alla quale le sorelline erano state sottoposte. Come è noto l’infibulazione consiste in una mutilazione degli organi genitali, questione quest’ultima molto sentita e dibattuta anche in ambito internazionale. In Italia la Legge 09.01.2006, n. 7 pubblicata sulla G.U. 18.01.2006, ha introdotto l’art. 583 bis specifico per la pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, prevedendo, per chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili, la reclusione da quattro a dodici anni.
Si cerca l’infibulatore. Le indagini, comunque, continuano con il massimo impegno al fine di giungere a chi materialmente ha eseguito la pratica anche se, verosimilmente, dai primi accertamenti il fatto potrebbe essere avvenuto fuori dal territorio nazionale. Questo non ha influito sulle decisioni del giudice per le indagini preliminari, perché quand’anche il reato fosse stato commesso all’estero è stato comunque realizzato in danno di cittadini stranieri nati e residenti in Italia.