La conferenza stampa annuale di Confindustria Umbria e delle Associazioni degli Industriali della Provincia di Provincia di Perugia e di Terni, che si è svolta questa mattina presso la sede di Confindustria a Perugia, è stata l'occasione per commentare l'andamento economico dell'anno appena chiuso, per analizzare le prospettive per il 2010 ed esaminare le questioni di maggior interesse per il sistema produttivo locale.
Hanno partecipato Umbro Bernardini, presidente di Confindustria Umbria e di Confindustria Terni, Antonio Campanile, presidente di Confindustria Perugia e gli imprenditori che fanno parte della Giunta della Federazione regionale degli Industriali.
Di seguito la relazione presentata durante l'incontro da Umbro Bernardini:
“Definirei l'anno appena trascorso come un “anno orribile”. Il PIL, la ricchezza prodotta nella Regione, ha fatto registrare una contrazione stimata intorno al 5 per cento rispetto all'anno precedente, che si era già chiuso con una riduzione dell'1,5 per cento rispetto al 2007.
In cifre, questo significa che il PIL della Regione si è ridotto, nel 2009, ad un valore che riporta l'economia regionale al 2002, e cioè indietro di 7 anni.
Ma ben più pesante è stata la caduta della produzione industriale, che le stime più recenti collocano intorno al 25%, mentre da gennaio a settembre 2009 le esportazioni hanno subito una flessione del 28,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008.
Ciò significa che la crisi si è scaricata principalmente sulle nostre imprese.
Sulla base del tasso di crescita medio degli anni dal 2005 al 2007, saranno necessari 7 anni per recuperare i livelli di produzione pre-crisi.
E oggi, indicatori attendibili, come la dinamica della produzione industriale, l'andamento degli ordini, gli indici di fiducia delle famiglie e delle imprese, inducono a ritenere ragionevolmente che la fase più acuta di quella che è stata la recessione più profonda e diffusa del dopoguerra sia terminata.
Ma è ancora troppo presto per dire che la crisi sia finita; le sue conseguenze perdurano e sono molto complesse da gestire.
Infatti:
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la domanda interna, sia di beni di consumo che di beni di investimento, rimane debole;
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estremamente basso è il grado di utilizzo degli impianti industriali, che non raggiunge il 70% della loro capacità produttiva, in quanto il divario tra i valori attuali della produzione industriale ed il valore massimo toccato nell'aprile 2008 è superiore al 20 per cento;
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le esportazioni mostrano soltanto lenti e deboli segnali di ripresa;
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persistono, per le imprese, le difficoltà di accesso al credito.
Ed a questo riguardo è forse illusorio immaginare che possa verificarsi a breve un miglioramento delle condizioni della erogazione del credito in favore delle imprese. Permangono infatti le difficoltà delle banche, che non hanno risolto interamente i loro problemi e che si trovano a fronteggiare un forte incremento delle sofferenze sui crediti.
Anzi, la situazione potrebbe appesantirsi per l'impatto che potranno avere sui rating delle imprese i risultati di bilancio 2009, certamente non brillanti.
Ed ulteriori preoccupazioni vengono, a questo riguardo, dalla impostazione che sta emergendo per la revisione dell'Accordo di Basilea 2, che imporrebbe requisiti di capitale più rigidi per le banche e, di conseguenza, sarebbe destinata a provocare un aggravarsi della stretta creditizia a danno delle imprese.
Confidiamo, quindi, che venga bloccata questa prospettiva di ulteriori appesantimenti dei requisiti patrimoniali delle banche, alle quali invece bisognerebbe dare maggiore flessibilità nella gestione del rating delle singole imprese.
In tale prospettiva stiamo lavorando con alcuni Istituti di credito per cercare di superare una lettura puramente statistico/quantitativa dei rendiconti in favore di una interpretazione che tenga conto anche di altri fattori che pure concorrano a definire il profilo completo dell'impresa.
Abbiamo intrapreso questo cammino congiunto con le aziende della moda, e contiamo di proseguirlo con quelle delle costruzioni e della meccanica.
Ancora sul versante dell'accesso al credito, immagino che le imprese associate possano trarre sicuro beneficio:
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dalla convenzione da noi stipulata con le Casse di Risparmio del Gruppo Intesa per l'attivazione di finanziamenti entro un plafond di 15 milioni di euro, garantiti da un apposito Fondo da noi costituito insieme a GEPAFIN, da destinare a copertura di investimenti e di programmi di sviluppo e per il ripristino di liquidità;
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da un ulteriore accordo, raggiunto ancora con le Casse di Risparmio del Gruppo Intesa San Paolo, per il rinvio del pagamento delle rate di mutui e leasing, per l'allungamento delle scadenze del credito a breve, per l'attivazione di linee di credito a fronte di insoluti generati dai clienti delle imprese e per l'attivazione di programmi di ricapitalizzazione;
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dalle convenzioni stipulate da Confindustria Perugia e Confindustria Terni con la Cassa di Risparmio di Lucca, Pisa e Livorno, per l'attivazione di un plafond di 25 milioni di euro destinato alla erogazione di finanziamenti per programmi di innovazione e di patrimonializzazione e per sostenere la liquidità delle aziende.
A queste iniziative si aggiunge un accordo di cogaranzia con GEPAFIN per assistere le aziende nelle operazioni di liquidità e consolidamenti.
Allo stesso tempo abbiamo raddoppiato nel 2009 l'attività del nostro Consorzio regionale di garanzia fidi.
Malgrado queste iniziative, e per i motivi congiunturali sopra accennati, temiamo che nei prossimi mesi gli effetti della recessione possano farsi sentire in modo più pesante sul piano della occupazione, che già nel periodo gennaio – settembre 2009 ha fatto registrare una riduzione del 2,6 per cento, riportando il tasso di disoccupazione nella Regione al 6,7 per cento.
E ciò nonostante che le aziende industriali, nella stragrande maggioranza, pur lavorando al 60 – 70 % della loro capacità produttiva, abbiano fatto ogni sforzo per conservare il loro capitale umano, evitando tagli permanenti degli organici e ricorrendo invece, in larga misura, alla Cassa Integrazione.
Lo testimoniano i dati diffusi nei giorni scorsi dall'INPS, che per l'anno 2009 ha autorizzato nella Regione integrazioni salariali per 10.097.082 ore, con un aumento del 317 per cento rispetto alle 2.421.026 ore autorizzate nel 2008.
Con l'intervento della Cassa Integrazione, è stato, così, salvaguardato almeno in parte il reddito del personale dipendente ed è stato dato un concreto contributo alla tenuta del tessuto sociale locale.
Ma ora, se l'attività delle aziende dovrà attestarsi, per un lungo periodo di tempo, su livelli produttivi anormalmente bassi, non si può escludere che un certo numero di aziende più deboli sia costretto a cessare la propria attività e che altre debbano affrontare processi di ristrutturazione, di riconversione e di ridimensionamento che potrebbero avere un impatto negativo sui livelli della occupazione, non essendo più perseguibile il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni.
E ciò anche per effetto del carattere selettivo che probabilmente avrà la ripresa, manifestandosi in modo differenziato nei diversi settori e, all'interno di questi, tra le singole aziende.
Pur in uno scenario così denso di incertezze e di fattori negativi, è tuttavia mia convinzione che noi imprenditori dobbiamo guardare avanti con ottimismo.
E' questa la base indispensabile su cui incentrare la ripresa.
La crisi drammatica dell'economia mondiale è valsa a rendere evidente a tutti il ruolo essenziale dell'industria manifatturiera e, di conseguenza, il valore sociale del lavoro degli imprenditori industriali.
In questo momento difficilissimo, di grande discontinuità, la Società ci richiede un impegno molto forte di ruolo e di responsabilità.
In coerenza con il nostro ruolo, dobbiamo essere pronti ad affrontare le sfide che ci pone un mondo profondamente cambiato e che non sembra destinato a ritornare lo stesso nel quale abbiamo operato per tanti anni.
In particolare, credo che le nostre imprese debbano riprendere con forte determinazione quei processi di investimento in innovazione, ricerca, internazionalizzazione, invenzione di nuovi prodotti, che negli ultimi anni erano venuti manifestandosi diffusamente nel tessuto produttivo regionale e che la crisi potrebbe avere rallentato o addirittura interrotto e che sono, invece, indispensabili perché l'Umbria possa uscire dalla crisi con un sistema produttivo più efficiente, più forte, più competitivo.
Dobbiamo anche rivedere il nostro modo di stare sul mercato e fare uno sforzo per superare una cultura aziendale chiusa, troppo improntata all'individualismo: occorre aprirsi, capire che non si può essere soli, che, per le imprese manifatturiere, questo è il momento di ricercare alleanze.
Mi pare che i provvedimenti di recente varati dal Governo con il bonus aggregazioni e quelli in preparazione, come il Fondo per la capitalizzazione delle piccole imprese, siano adatti a sostenere iniziative delle imprese che vadano in queste direzioni.
Così come un concreto sostegno può venire dalle misure predisposte dalla Giunta Regionale proprio per favorire gli investimenti in ricerca ed innovazione, la formazione di reti d'impresa, lo sviluppo di poli tecnologici.
Le risorse stanziate nell'ambito del “Pacchetto Competitività 2009” possono attivare un elevato volume di investimenti.
Riteniamo, quindi, quanto mai necessario invocare la massima celerità nella valutazione dei progetti che verranno presentati dalle imprese, perché possano essere sollecitamente realizzati e contribuire alla ripresa della economia regionale.
Quattordici mesi tra la presentazione della domanda e l'esito della valutazione sono davvero troppi.
Nel corso del 2009 sono rimasti “congelati” investimenti per circa 30 milioni di euro in attesa di conoscere se potevano o meno essere ammessi a contributo, il che vuol dire aver rallentato il lento processo di uscita dalla crisi proprio in un anno in cui la spesa, più in generale, e quella per investimenti e ricerca, in particolare, avrebbe potuto determinare effetti utilissimi per dare un po' di tono all'economia locale.
Nell'anno in corso bisogna anche evitare a tutti i costi il pericolo che i nuovi investimenti programmati possano essere ritardati dalla interruzione della legislatura regionale.
Credo che quando ci si trovi di fronte a chi vuole investire, tanto più in una fase di profonda recessione, sia interesse generale profondere ogni sforzo per aiutarlo a trasferire le sue intenzioni in azioni concrete, e ciò, anche mediante uno snellimento ed una velocizzazione delle procedure burocratiche, nella piena salvaguardia della correttezza valutativa.
E' questo solo un esempio di quello a cui ci riferiamo quando invochiamo tempi più celeri e iter più semplici delle pratiche amministrative.
Il costo che grava sulle piccole imprese riconducibile alle farraginosità nel rapporto con gli Uffici Pubblici è quasi sempre sproporzionato rispetto al servizio che si ottiene in cambio, di gran lunga superiore di quello sostenuto dai concorrenti, eccessivamente alto in termini di incidenza sul bilancio.
E' per questa ragione che da anni chiediamo agli Enti ed alle Istituzioni di riformare i procedimenti amministrativi per non scaricare sulle imprese le inefficienze del sistema pubblico.
Altra questione per noi importante è che la Regione Umbria riempia di contenuti con l'attuazione di strumenti attuativi la legge sulle politiche industriali. Vi sono molti ambiti di intervento previsti dalla norma per i quali bisogna ancora che vengano adottate le relative misure.
Così come è urgente ormai che si provveda a rendere pienamente operativo il Centro per l'internazionalizzazione. Può essere una struttura utile ad aiutare le imprese ad entrare nei mercati esteri o a rafforzare la loro presenza. Tanto più in una fase della congiuntura in cui a “tirare” dovrebbe essere la domanda estera.”