Dopo il voto del Consiglio Comunale che ha approvato l’assegnazione alla Regione Umbria del diritto di superficie dell’area che ospita il Centro di ricovero dei Beni Culturali di Santo Chiodo, il Sindaco Daniele Benedetti ha espresso la soddisfazione della Amministrazione comunale perché “con questo atto si completa l’iter per dare le gambe ad un sistema di prevenzione, recupero e conservazione dei beni culturali che ancora oggi costituisce una realtà molto innovativa nel panorama nazionale”.
“La novità definita e finanziata con gli Accordi di Programma Quadro (APQ) sottoscritti dalla Regione Umbria con il Governo nel 2004 e nel 2007 – ha affermato il Sindaco – sta nell’aver pensato e progettato azioni e interventi che danno risposte efficaci anche agli aspetti della prevenzione che riguardano i beni culturali e non soltanto a quelli del ricovero e del loro recupero a seguito di eventi calamitosi”.
“Si tratta di un progetto – ha concluso Benedetti – che complessivamente potrà avere ricadute positive sul nostro tessuto economico e occupazionale grazie alla presenza di maestranze fortemente specializzate nel settore e ad una spiccata sensibilità della città verso la cultura e le opere d’arte”.
L’idea per la realizzazione del Laboratorio per la Diagnostica dei BB.CC. ed il Centro per la Conservazione, la Manutenzione e la Valorizzazione dei beni Storici, Artistici, Archivistici e Librari dell’Umbria, nasce a seguito del sisma del 1997. Per portare avanti il progetto la Regione Umbria, la Provincia di Terni, i comuni di Foligno, Narni e Spoleto e il vice commissario per i beni culturali e ambientali, sottoscrissero un Protocollo d’Intesa per l’istituzione del Centro, allora articolato in tre sezioni. Nel 2001 risultava realizzata la sezione di Narni, con finanziamenti regionali ed in fase di realizzazione quella di Foligno con finanziamenti del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Protezione Civile. A quella data occorreva provvedere al completamento del Centro attraverso la creazione della sezione di Spoleto, destinata a svolgere funzione di “ricovero monitorato” di beni culturali e di diagnosi pre intervento in raccordo con il costituendo Laboratorio di Diagnostica, manutenzione e conservazione presso la Rocca Albornoziana.
Oggi con la concessione alla Regione Umbria del diritto di superficie sull’area dove è stato realizzato il Centro di Ricovero monitorato dei BB.CC., e con il Laboratorio di diagnostica dei BB.CC. in attività, si entra nella fase conclusiva del progetto con la gara per la fornitura delle attrezzature e degli arredi interni necessari per completare il Centro di Santo Chiodo.
Esistono quindi tutte le condizioni per dare il via al progetto complessivo, che è stato messo a punto con gli Accordi di Programma Quadro (APQ) stipulati dalla Regione Umbria nel 2004 e nel 2007 con i Ministeri dello Sviluppo Economico e per i Beni e le Attività Culturali e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Protezione Civile.
L’obiettivo di garantire la disponibilità di strutture specializzate per le azioni di pronto intervento, protezione civile e conservazione, nonché per operare in tempo di “pace”, anche attraverso le interconnessioni con il Laboratorio di Diagnostica manutenzione e conservazione della Rocca Albornoziana, è quindi a portata di mano.
Tornando al tema specifico del Centro di ricovero di Santo Chiodo, la sua attivazione consentirà di completare il “Centro Operativo Beni Culturali (COBC)”, quale sistema “operativo di livello evoluto imperniato sui due poli di Foligno e Spoleto” così come specificato in particolare nell’APQ del 2004, dove il progetto viene descritto quale parte integrante ed interconnessa del Centro Regionale di Protezione Civile.
Con l’APQ del 2007 sono state definite le azioni strategiche e in particolare l’individuazione dei servizi che a regime l’Umbria sarebbe stata in grado di fornire individuando quelli specializzati attorno cui costruire il ruolo nazionale della filiera umbra. Tra questi servizi ricopre un ruolo molto importante il Laboratorio di Diagnostica di Spoleto, che tra i progetti svolti, nell’ambito del primo APQ, ha messo a punto le tecnologie per lo smontaggio e le procedure per la tutela conservativa presso il Centro-ricovero di Santo Chiodo.
Non dello stesso parere il capogruppo per il Terzo Polo in consiglio comunale Sergio Grifoni che in una nota alla stampa giudica l'assegnazione ed il voto in Consiglio come una “mortificazione” poer Spoleto.
Ecco il testo:
Questo pomeriggio ( 4Giugno Ndr.) in Consiglio Comunale, si è consumata l’ennesima mortificazione per la nostra città.
Sindaco, più dodici Consiglieri di maggioranza, che ritengo ormai non più rappresentativi della maggior parte dei cittadini, grazie però alla possibilità di essere in seconda convocazione, hanno potuto comunque approvare una delibera che concede alla Regione, per 99 anni, il diritto di superficie sul capannone di sua proprietà ubicato in quel di S. Chiodo e meglio conosciuto come capannone dei beni culturali.
Per agire con maggiore celerità, si è proceduto anche all’inversione dell’ordine del giorno, motivando il tutto dalla richiesta avanzata dalla Regione dell’Umbria, tesa a ricoverare in tale stabile le opere culturali provenienti dalle zone terremotate dell’Emilia Romagna.
Ho provato a ricordare ai signori della maggioranza, quanto già denunciai con apposita interpellanza del 7 marzo 2011, ovvero le giuste finalità di utilizzo di quel capannone.
Nel 2005, infatti, fu stilato l’atto concernente un protocollo d’intesa, fra il Ministero dei Beni Culturali, la Regione dell’Umbria, ed i comuni di Spoleto, Foligno e Narni.
Tale intesa scritta, prevedeva:
a) Foligno sarebbe stata destinata a sede operativa di pronto intervento della Protezione Civile;
b) Narni sarebbe diventata una vetrina per l’esposizione delle opere culturali ristrutturate;
c) Spoleto sarebbe diventato il Centro Operativo di Conservazione Programmata per i Beni Culturali e per la Diagnostica Preventiva (Laboratorio e Centro d’Eccelenza).
A tale progetto, partecipava anche l’Università, attraverso il Dipartimento di Chimica.
Non solo, ma lo stesso Centro di Alta Formazione, oltre alla sede naturale della Rocca, individuava
nell’area dell’Anfiteatro (stanziando 15 milioni di euro), la sede dei corsi di Formazione pratici e teorici e, udite, udite, nel suddetto capannone di S. Chiodo, il Laboratorio di Diagnostica dei Beni Culturali e Centro Specializzato per la cura e conservazione.
Allo stato attuale, il Centro di Foligno è stato realizzato e gli unici corsi svolti si sono tenuti in tale sede; i 15 milioni di euro per l’Anfiteatro sono spariti, ed il capannone di S. Chiodo è stato assolutamente sottoutilizzato, rimanendo vuoto per metà.
Adesso, anche se il Sindaco si sforza a dire che non è vero, grazie alla suddetta delibera, diventerà un magazzino, attrezzato sì, ma sempre magazzino.
Con tutto il sacrosanto rispetto per le zone terremotate, nel frattempo mi chiedo: possibile che la Regione dell’Umbria non riesca ad individuare altra struttura idonea per collocare tale opere?
Ammesso, e non concesso, che il capannone di S. Chiodo risulti essere l’unico idoneo nel territorio, possibile che si accetti supinamente la richiesta regionale, senza magari ufficialmente chiedere nulla in cambio, magari solo il rispetto di quell’accordo programmatico del 2005?
Possibile che, con tutta la “fame” di posti lavoro che abbiamo a Spoleto, non si riesca a capire che un semplice magazzino, anche se di pregio, non porta occupazione, movimento e ricchezza?
Questo ho provato a far comprendere al Sindaco ed ai colleghi di maggioranza, ma la strada scelta, ancora una volta, piuttosto che battere i pugni, è stata quella di dire: “obbedisco!”.