Al centro di piazza Italia, a Perugia, c’è la statua di Vittorio Emanuele II, l’uomo che, con l’aiuto determinante di Garibaldi, riunì l’Italia sotto un unico regno. Ai lati della piazza, l’uno di fronte all’altro, Palazzo Donini, sede della Giunta regionale, e il Palazzo della Provincia, che nell’ala est ospita la Prefettura, la rappresentanza del Governo nei territori, da qualche settimana con un nuovo inquilino. E a luglio, poco dopo il suo arrivo, il prefetto Sgaraglia, tra i suoi primi “viaggi” istituzionali, aveva attraversato piazza Italia, passando davanti alla statua di Vittorio Emanuele II, per una visita di cortesia alla governatrice umbra Catiuscia Marini. La presidente aveva rivolto il più sincero saluto di benvenuto al prefetto, ricordando gli “eccellenti” rapporti di reciproca collaborazione tra l’amministrazione regionale e la Prefettura di Perugia, soprattutto per quanto riguarda il coordinamento sul territorio di tutte le forze dell’ordine “chiamate al delicato ed importante compito della tutela della sicurezza dei cittadini“.
Ora, in materia di sicurezza, gli umbri si augurano che Marini e Sgaraglia, e tutti gli altri rappresentanti istituzionali, continuino ad avere “eccellenti” rapporti di reciproca collaborazione. Non così, a quanto pare, circa il protocollo per l’attuazione della legge regionale contro l’omofobia e le discriminazioni di genere. Alla vigilia della firma del protocollo, il cui elenco degli invitati per la firma è stata contestata dalle opposizioni (dal consigliere del Gruppo misto De Vincenzi, poi dalla Lega con il consigliere Valerio Mancini e la discesa in campo del senatore Pillon), è arrivato alla preside Marini lo stop del Prefetto, sotto forma di una diffida, perché quel protocollo sarebbe illegittimo e non conforme alla legge regionale.
In entrambi i Palazzi, Donini e la Prefettura, si lamenta l’invasione di campo. La Prefettura, perché ritiene che la Regione non possa imporre i programmi educativi delle scuole. La Regione, perché al di là della risposta nel merito fornita al Prefetto (le scuole sono libere o meno di adottare i programmi antidiscriminazione finanziati con la legge regionale) si dubita che un rappresentante del Governo possa intervenire per annullare, nei fatti, parte di una legge regionale senza un pronunciamento della magistratura. Tra l’altro, si fa notare, il testo era stato inviato a gennaio al predecessore di Sgaraglia, che non aveva avuto nulla da ridere.
Cosa è cambiato da gennaio ad oggi? Intanto, che al Viminale non c’è più il dem Minniti, ma il leghista Salvini. E magari non è un caso se, dopo che la Regione aveva ignorato le proteste delle associazioni escluse dal protocollo e del consigliere di De Vincenzi che le aveva portate in Aula, dopo la conferenza della Lega a Perugia sia arrivato lo stop della Prefettura.
Esultano i vertici Lega Umbria, con i suoi parlamentari e consiglieri regionali che chiedono alla presidente Marini il ritiro immediato dell’atto. “Come avevamo annunciato in conferenza stampa qualche giorno fa – scrivono – la Giunta regionale ha approvato un protocollo in contrasto con la legge in cui, sotto il paravento delle solite ‘discriminazioni omofobiche’, si prevede che le organizzazioni gay siano arruolate per andare nelle scuole umbre a fare educazione sessuale ai bambini. Eppure la legge regionale, dopo la nostra battaglia in assise con consigliere Valerio Mancini che presentò a tal proposito 52 interventi per ostruirne l’approvazione, aveva radicalmente escluso ogni intervento diretto sui minori. La Lega ha scoperto l’inganno e lo ha annunciato in conferenza stampa trovando, secondo quanto riportato dalla stampa, la piena condivisione del Prefetto. Alla luce di ciò – precisano dalle fila del Carroccio – la Giunta Marini ritiri l’atto e ammetta l’ennesimo fallimento: i bambini non possono essere strumenti di propaganda politica”.