“Lo chiamiamo granello di sabbia. Ma lui non chiama se stesso né granello né sabbia”
sono i versi della poetessa Premio Nobel Wyslawa Szymborska, con i quali esprime la relatività di un punto di vista. Come le cose, così gli spazi, nel mondo affettivo, assumono un significato in relazione a quello che contengono; umanità, affettività, relazione genitoriale, riempiranno la nuova stanza di ascolto che il carcere di Terni ha dedicato ai bambini che incontrano i papà detenuti.
“Non è un mio errore, ma una mia condanna” – è la campagna europea a sostegno della “Carta dei diritti dei figli dei detenuti (firmata nel 2014), sostenuta dall’associazione “Bambinisenzasbarre”, e la creazione di spazi idonei, dove i bambini possano mantenere l’affettività genitoriale, è tra le priorità di questo progetto. Ogni anno, in Italia, 100mila bambini entrano in carcere, a Terni, il prossimo 30 settembre saranno 130 i piccoli che potranno riabbracciare i propri papà.
Il progetto, presentato ieri e fortemente voluto dalla dottoressa Chiara Pellegrini, direttrice dell’istituto di pena e promosso dall’associazione Soroptimist International, sezione di Terni, ha permesso di potenziare gli spazi della casa circondariale di Vocabolo Sabbione con una stanza pensata e realizzata a misura di bambini, grazie alla progettazione dell’architetto Claudia Grisogli.
“Quando si parla di carceri – sottolinea la direttrice del carcere Chiara Pellegrini – si pensa sempre agli spazi detentivi. Ma gli spazi, di per sé, non significano nulla; assumono importanza in relazione a ciò che vi accade. In questa stanza – prosegue – si coltivano la relazione genitoriale e il rapporto affettivo”.
Relazioni e affetti; alla presenza di alcuni detenuti e di alcuni loro famigliari presenti all’inaugurazione della nuova stanza di ascolto, si è davvero respirato un clima di grande commozione e umanità. Il rapporto tra la direttrice, i detenuti e le guardie penitenziarie ha chiaramente svelato un aspetto che non è generalmente conosciuto all’esterno, dove le problematiche legate alle carenze di personale e gli avvenimenti di cronaca hanno il predominio su quello che invece è un microscosmo complesso, dove le relazioni umane hanno un peso specifico diverso, e profondo, spesso basato anche su linguaggi poco convenzionali; come quello delle fiabe.
Lo scorso anno i detenuti hanno partecipato a un laboratorio di scrittura di fiabe; tra di loro, uno in particolare, non aveva mai scritto nulla in vita sua. Grazie a questo laboratorio, il detenuto ha iniziato a scrivere fiabe da inviare a sua figlia, a casa. La piccola si è talmente appassionata alle fiabe del papà che ha iniziato, a sua volta, a scriverne, realizzando così una corrispondenza, dove papà e figlia si ‘parlano’ attraverso una ‘fiaba’.
Il momento dell’incontro con il papà, per i bambini è un momento delicato, per questo, i piccoli, non devono essere distratti dalla realtà in cui si trovano, senza compromettere la spensieratezza della loro età. L’obiettivo è proprio quello di aiutare i papà a spiegare ai propri figli gli errori commessi: “Quando i bambini escono da un colloquio – ricorda la direttrice – sono sempre tutti in silenzio, perché la loro testa è ancora nella stanza. I bambini vanno ascoltati, soprattutto nei loro silenzi”.
La nuova stanza del carcere di Terni, pensata per questa finalità, è tutta allestita intorno ai due temi centrali; quelli della famiglia e della casa. Un luogo accogliente, sicuro, protetto, con una grande casa-libreria, spazi per il gioco per quello che è stato definito dalla Pellegrini un “progetto magico. Ci sono alcuni progetti che si realizzano senza intoppi e in anticipo sui tempi. Questo è uno di quelli, grazie alla preziosa collaborazione dell’associazione Soroptimist”, rappresentate da Maria Rita Manuali, presidente della sezione di Terni e dalla vice presidente nazionale, Anna Edy Pacini. L’associazione delle ‘sorae optimae’ ha fornito materiali riciclati da imballaggi per la costruzione di tavoli e altre suppellettili per arredare e rendere accogliente la stanza dei colloqui e, con l’aiuto dei detenuti, ha costruito mobili e decorato le pareti.
Particolarmente toccante il momento in cui alcuni papà detenuti sono saliti sul palco del ‘teatro’ del carcere per leggere una fiaba scritta collettivamente durante il laboratorio di scrittura. “Aspettando il suo papà” il titolo, dedicata a tutti quei bambini che aspettano di riabbracciare il proprio.
Come ricordato dalla presidente Manuali (che a breve lascerà l’incarico dopo aver portato a termine anche il progetto della sala di ascolto dedicata alle donne vittime di violenza): “Il papà non deve essere identificato con il reato commesso; il rapporto di affettività genitoriale deve essere protetto e tutelato”.
A settembre, a Terni, saranno 130 i bambini che riabbracceranno i loro papà.
Non chiamiamoli né granelli, né sabbia.
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