Per i giudici, il trasloco non permette di mantenere le eventuali deroghe conseguite prima dell'entrata in vigore del regolamento comunale anti ludopatia
Cambia i locali di affitto del bar ma ‘incappa’ nelle maglie del regolamento comunale anti slot machine e così è costretto a togliere le macchinette in quanto il trasloco non dà diritto a mantenere le licenze esistenti che siano in contrasto con il regolamento comunale anti slot e la “nuova” attività risulta troppo vicina allo stadio, all’asilo e persino a una chiesa.
È la sentenza del Tar Umbria che conferma lo stop alle slot machine in un bar a Rivotorto di Assisi per la violazione del “distanziometro”. Secondo la ricostruzione reperibile anche sul sito del tribunale regionale, l’esercente assisano nel 2019 aveva trasferito il suo esercizio in un nuovo locale a poche decine di metri di distanza da quello vecchio. Ma, per il Tar, scatta l’applicazione della distanza minima dai luoghi sensibili prevista dal regolamento comunale, approvato nel 2016 da cui sono esentate solo le attività già esistenti, e non i traslochi per cui è vietata l’apertura di sale giochi e l’installazione di nuovi apparecchi in un raggio di 500 metri da determinati luoghi come scuole o chiese.
Le ragioni del ricorso dell’esercente
In questo caso il nuovo locale scelto dal ricorrente risultava troppo vicino a una chiesa, a un asilo, allo stadio e a un centro ricreativo. Dopo lo stop, l’esercente ha ricorso per due motivi, lamentando in estrema sintesi – si legge sul sito del tribunale – che “il regolamento comunale ha individuato ulteriori luoghi sensibili rispetto a quelli previsti dalla normativa regionale, definendo quelli previsti dalla legge regionale, comprendendo tra questi le ‘biblioteche comunali aperte al pubblico’ e le ‘aree di verde pubblico attrezzate (giochi e/o panchine)’, ciò in asserita assenza di una doverosa ponderazione degli interessi contrapposti alla luce dei canoni di adeguatezza, proporzionalità e ragionevolezza. Inoltre, il Regolamento gravato si presenterebbe sproporzionato ed illogico nella parte in cui applica i divieti connessi alla distanza minima dai c.d. luoghi sensibili anche nell’ipotesi di trasferimento di attività che già operavano in deroga a tali distanze”.
Altro motivo del contendere “l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, illogicità ed ingiustizia manifeste in quanto l’ordinanza comunale gravata trova il proprio fondamento esclusivamente sul presunto superamento della distanza rispetto ai parametri di legge, che non risulterebbe dirimente nel caso di specie, atteso che l’esercizio commerciale già si trovava ad una distanza inferiore al minimo consentito. Essendo l’originaria ubicazione dell’attività del ricorrente era già posta in deroga a quanto previsto nel Regolamento comunale, al ricorrente deve essere riconosciuto il mantenimento del diritto a godere della deroga anche a seguito del trasferimento, poiché diversamente lo stesso subirebbe un pregiudizio ingiusto ed illegittimo”.
Le ragioni del Comune: “Non vietiamo le slot, le limitiamo”
A difendersi l’agenzia delle Dogane e Monopoli e il Comune di Assisi: la difesa comunale “ha evidenziato la piena coerenza e logicità del Regolamento comunale per l’apertura di sale giochi e l’installazione di apparecchi da gioco, sottolineando come la parte ricorrente non abbia in alcun modo dimostrato l’impossibilità di collocare apparecchi per il gioco lecito in tutto il territorio comunale. Da ciò l’insussistenza di qualunque violazione dell’art. 41 Cost., posto che il diritto di iniziativa economica privata viene ad essere solo limitato ma non anche negato, atteso che l’attività di gioco può comunque essere svolta in altre zone del territorio comunale. La previsione del limite distanziale di 500 metri lineari da luoghi sensibili (nella specie, due giardini pubblici con giochi, la chiesa parrocchiale, una scuola materna, un centro ricreativo e un centro sportivo), con il conseguente divieto di esercizio di sale giochi, è una misura che realizza la finalità delle norme dettate in materia, atteso che consente di salvaguardare, attraverso la riduzione delle occasioni di gioco, fasce di consumatori psicologicamente più vulnerabili e immaturi e, quindi, maggiormente esposti alla capacità suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni; in particolare, ponendo limitazioni spaziali agli esercizi dove si raccolgono il gioco e le scommesse, rende maggiormente difficoltoso, specie per le categorie a rischio, l’incontro con l’offerta di gioco”.
La decisione dei giudici: “Ricorso inammissibile e rigettato”
Ragioni – quelle del Comune – accolte dai giudici, secondo cui “la normativa comunale si è premurata di tutelare coloro che avevano già iniziato l’attività antecedentemente all’entrata in vigore del Regolamento per l’apertura di sale giochi e l’installazione di apparecchi da gioco; lo stesso Regolamento, difatti, all’art. 5, al primo comma, lett. a), individua, tra le specifiche ipotesi di deroga al rispetto della distanza minima da luoghi sensibili, «le attività esistenti all’entrata in vigore del presente regolamento, anche in caso di subingresso, finché permangono nella medesima ubicazione e non venga aumentato il numero di giochi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS». Il rispetto della nuova disciplina comunale che prevede l’obbligo di distanza minima dai luoghi sensibili ivi individuati trova, al contrario, piena applicazione nei casi di mutamento della situazione di fatto preesistente, come in caso di trasferimento dell’attività in nuovi locali”.
Il Collegio conferma anche la correttezza dell’istruttoria posta alla base del regolamento di Assisi, e il fatto che – come emerge anche dalla relazione depositata dal ricorrente – sul territorio comunale è ampiamente possibile aprire un’attività di gioco a norma di legge. “Non appare configurabile alcuna lesione dell’invocato principio di proporzionalità dell’azione amministrativa – scrivono i giudici – assumendo la disciplina regolamentare in argomento «una valenza fortemente preventiva, in quanto non mira solo a ridimensionare il fenomeno esistente, sia palese che sommerso e non registrato nei dati ufficiali, ma anche a evitare ulteriori casi di ludopatia, in particolare tra le fasce più giovani» (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 25.02.2019 n. 2556; T.A.R. Umbria, 31 gennaio 2022 n. 41). Come recentemente ribadito anche da questo Tribunale amministrativo regionale, a medesime conclusioni, deve giungersi in ordine all’applicabilità del contestato criterio di calcolo non soltanto per l’apertura di sale giochi, ma anche per il loro trasferimento, avendo al riguardo la giurisprudenza definitivamente chiarito che «il trasferimento della sala giochi in nuovi locali non può che comportare la ‘apertura’ della (medesima) sala giochi in locali diversi da quelli ove precedentemente l’attività era svolta» (T.A.R. Umbria, 31 gennaio 2022 n. 41; c.f.r. T.A.R. Veneto, sez. III, 27 settembre 2016, n. 1078)“.