Sindacati contrari alla scelta della Regione Umbria di prorogare l’obbligo della didattica a distanza nelle scuole medie, nonostante l’inserimento in fascia arancione consenta la didattica in presenza.
Medie in Dad, sindacati critici
Una decisione, lamentano Cgil, Cisl e Uil dell’Umbria, insieme alle rispettive categorie della scuola Flc Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola, assunta senza alcun confronto con le rappresentanze del personale scolastico. E che a giudizio dei sindacati “rischia di avere ripercussioni molto pesanti, non solo sui ragazzi, privati ancora una volta della didattica in presenza, ma anche sulle famiglie, vista la quasi totale mancanza di strumenti di copertura per lavoratrici e lavoratori che devono gestire i figli a casa”.
Il digital divide, come nelle aree terremotate
Secondo Cgil, Cisl e Uil peraltro il provvedimento pone una serie di problemi mai affrontati, come quello del digital divide (cioè la difficoltà di fruizione delle tecnologie digitali) per le aree interne e soprattutto per quelle terremotate, dove la didattica a distanza risulta in molti casi difficile se non impossibile.
I ragazzi con bisogni educativi speciali
Altrettanto delicata è la situazione nella quale si trovano i ragazzi con bisogni educativi speciali, che hanno comunque bisogno della didattica in presenza, che sulla carta è comunque garantita, ma è lasciata all’organizzazione della singola scuola con evidenti difficoltà. Inoltre, Cgil, Cisl e Uil chiedono di rendere pubbliche le evidenze epidemiologiche specifiche (cioè come la chiusura totale delle scuole medie incida sull’andamento del contagio) che hanno condotto ad un provvedimento così pesante per ragazzi e famiglie.
I sindacati: chiudere le scuole è la risposta più facile
“Chiudere le scuole è certamente la risposta più facile, ma i danni prodotti in termini di mancata crescita dei nostri ragazzi li conosceremo solo in futuro – concludono i sindacati -. Sarebbe stato opportuno discutere di una scelta del genere e delle sue ripercussioni sulle famiglie nelle sedi opportune, come il mai istituito tavolo regionale di monitoraggio. Chiediamo dunque alla Regione di cambiare metodo e di aprire, come fatto per la sanità, un’interlocuzione vera con chi rappresenta lavoratrici e lavoratori della scuola”.