Ispirato al genio di Leonardo da Vinci è ancora in grado di macinare grano e produrre farina di qualità | Da secoli appartiene alla famiglia Serafini, che lo ha custodito fino ad oggi
E’ tornato in funzione a macinare grano e far fuoriuscire ottima farina, dopo ben 22 anni dall’ultima attivazione, un mulino del ‘600 di proprietà della famiglia Serafini, che se lo tramanda da secoli ancora intatto, e che da oggi (16 maggio) torna a disposizione della comunità tifernate e non solo per dimostrazioni e visite alle scuole.
Il mulino che “sfamava” la città
Un vero e proprio gioiello di ingegneria rinascimentale, incastonato fra le case del quartiere Madonna del Latte, a pochi passi dal centro storico di Città di Castello. Una struttura suggestiva che, dopo la Seconda guerra mondiale, ha “sfamato” la città, e che, al termine della guerra, era rimasta l’unica funzionante, con gli altri delle zone limitrofe tutti distrutti dalle bombe.
Il mulino della Madonna del Latte si salvò dai bombardamenti proprio per le sue caratteristiche strutturali, che nascondevano la Pala Pelton (solitamente collocata all’esterno degli stabili), situata sotto l’abitazione: essa rimaneva infatti non visibile alle contraeree, che non sospettavano quindi la presenza in quel luogo di un mulino da colpire.
Il mulino ad acqua tifernate, nel dopoguerra, dovendo sopperire alla funzionalità degli altri mulini distrutti, funzionava notte e giorno: per fronteggiare l’insufficienza d’acqua dovuta ad un utilizzo così intensivo, era stata aggiunta una seconda cinghia, agganciata alla coppia conica e collegata ad un motore a scoppio situato all’esterno; così facendo si poteva proseguire anche nel lavoro h24.
Ispirato al genio di Leonardo Da Vinci
“Questo mulino risale al ‘600 e funziona con gli ingranaggi a coppia conica di invenzione e disegno di Leonardo Da Vinci, che consentono il trasferimento dell’energia da orizzontale a verticale e viceversa, generando la rotazione della macina e la fuoriuscita della farina “, precisa con orgoglio il Professor Maurizio Serafini, erede del mulino (insieme ai figli e al nipote Nicola) passato di mano negli ultimi secoli dal trisavolo Girolamo al bisnonno Annibale, dal nonno Domenico al babbo Renato.
La storia del mulino dagli anni ’50
Questo mulino è rimasto in funzione a pieno ritmo fino alla fine degli anni ‘50 poi, con l’avvento dell’elettricità, si è trasferito operativamente presso la zona Ponte del Tevere, nell’attuale collocazione dei locali dell’impresa “Agricola Umbra”. Il Mulino ad acqua di Via Madonna del Latte da quel momento è rimasto funzionante solo per usi didattici e rimesso in funzione solo occasionalmente, agli inizi degli anni ‘80 e nel 2000. La struttura, l’unica attualmente funzionante in Altotevere, viene messa in funzione raramente, perché eventuali guasti renderebbero complessa e costosa la riparazione.
“Si tratta di una dimostrazione dell’ingegno e abnegazione dei nostri predecessori. Gli ingranaggi a coppia conica di quel Genio di Da Vinci, furono inventati ed utilizzati la prima volta per risolvere il problema della collocazione della Cupola del Duomo di Firenze nella sua attuale sete. Vista l’efficacia di questo congegno per trasferire l’energia da orizzontale a verticale e viceversa, questo è stato utilizzato per i mulini ad acqua, sia per la lavorazione dei cereali che per altri usi di tipo industriale. Il bottaccio, invaso d’acqua che fornisce l’energia al mulino, è rimasto sempre funzionante, utilizzato negli ultimi 20 anni come riserva d’acqua per gli Orti Comunali, grazie alle intuizioni dell’allora dirigente comunale Gualtiero Angelini”, conclude il Professor Maurizio Serafini al termine della visita guidata.