Se c'è una cosa in cui gli spoletini sono imbattibili e creativi è quella di rinominare fatti, persone o cose con una eccellente dose di perfidia e sarcasmo
Se c’è una cosa in cui gli spoletini sono imbattibili e creativi è quella di rinominare fatti, persone o cose con una eccellente dose di perfidia e un pizzico di sarcasmo avvelenante.
Una pratica che risale ai tempi dei tempi e che si impara sin da bambini quando familiari ed amici iniziano ad identificare persone o cose con stranissimi nomignoli dal vago sapore onomatopeico.
Ed è quello che è accaduto all’apparire, proprio all’interno della fontana di Piazza del Mercato, di una indecifrabile (apparentemente) installazione, proprio a ridosso del taglio del nastro del Festival dei Due Mondi.
Una lunga tradizione
In arte, nel corso del tempo, Spoleto non si è mai fatta mancare nulla. Da memorabili eventi come Sculture nella città-Spoleto 1962 ideata e realizzata dal compianto Giovanni Carandente e che proiettò la città del Festival nell’agone dell’arte contemporanea, alla più recente quanto provocatoria fellatio ad un proto- Silvio B. opera di Michail Misha Dolgopov, artista della scuderia intellettuale di Vittorio Sgarbi, manco a dirlo.
Nell’intervallo, tanto per, c’è stato (1968) anche il tempo dell’artista Christo che impacchettò completamente proprio la fontana di Piazza del Mercato.
E si badi bene, Spoleto è stata sempre protagonista di strepitose avventure contemporanee, anche un po misteriose, come i celebrati canestri da basket del M° Giovanni Albanese, artista con il sigillo di ABO (Achille Bonito Oliva), o le bare di artista e firmate alla moda, targate Gianluca Marziani all’epoca sorta di direttore artistico “situazionista” a Palazzo Collicola.
L’ultima vera provocazione in arte che ci è dato ricordare per clamore mediatico, fu al tempo dell’indimenticabile sindaco Fabrizio Cardarelli. Da poco eletto ed insediato, ad ottobre del 2015 si ritrovò a dover gestire una installazione del M° Luca Maria Patella (ancora una volta artista targato ABO- Bonito Oliva), che a Piazza Pianciani piantò, letteralmente, una sorta di albero della cuccagna fatto di tante cose, la più divertente delle quali erano dei croccanti sfilatini di pane, che andavano ovviamente “a ruba”, con deterioramento dell’opera d’arte.
Noi c’eravamo per immortalare la notizia e ci ricordiamo anche la faccia del “sindacone”, uomo di intellettualità concreta e poco incline alle prese per i fondelli gratuite. Proprio come l’opera patelliana che fu montata in prestito e senza esborsi pubblici, ci pare di ricordare.
Il “sindacone” rideva e cercava di darsi un contegno, ma, se avesse potuto prendere il sovrapposto, due sventagliate alla cuccagna non gliele avrebbe levate nessuno.
Per la cronaca l’opera ebbe un discreto successo di gradimento e di pubblico.
Il fantasma… in tutte le sue declinazioni
Ma venendo ai nostri giorni, l’opera installata proprio all’interno della Fontana del Fiaschetti, ha innegabili sembianze spiritualistico-trascendentali-reincarnatorie che hanno immediatamente stimolato la canizza di buontemponi e ciondoloni di Piazza del Mercato.
Nomignoli e parallelismi si sono sprecati, a partire da quelli di natura lattiero-caseario.
Si va dalla Zizzona di Battipaglia alla Provola (non affumicata). Dalla mozzarella semplice, alla sofisticata e più consona, forse, Burrata.
In campo spiritualistico e da maghetti del tavolino semovente, sbuca fuori il classico Fantasma dell’Opera, o l’Opera fantasma, visto che al Festival quest’anno la forma di spettacolo in questione è ectoplasmatica come il muco verdastro di Gosthbusters.
E non manca il più gentile Casper, ma senza gli occhi. Qualcuno azzarda anche una assonanza a personaggi ad alto tasso alcolico, come Gasperino il Carbonaro (cit, da Il Marchese del Grillo) che a Spoleto per l’occasione artistica diventa Casperino il Fontanaro (o fontaniere).
Ma se di alcol si parla, qualcuno ha invece ipotizzato che alla fine del Festival il lenzuolone bianco cadrà dall’installazione e lascerà scoperto il monumento a ricordo dell’indimenticato Tommaso Nardone, nuotatore olimpionico di fontana, mentre arringa, come sempre faceva, il popolo degli spoletini (lui si che aveva capito tutto in anticipo) con un roboante “Zozzi ! Brutti zozzììì…”.
C’è anche chi ha ipotizzato un subdolo furto intelletuale ai danni del blasonato Palio del Fantasma di Castel Ritaldi. Ma i presupposti sono diversi perchè da noi il fantasma sta nella fontana e colà il fantasma è nel castello. Insomma “Lupo ululà…e castello ululì” (per chi si ricorda di Frankenstein Jr.)
I fini intellettuali di Piazza, perchè nonostante tutto ce ne sono, immaginano invece una sorta di nemesi dell’opera di Christo di cui parlavamo prima. L’umanità impacchettata, atteso il fatto che la Fontana ha già dato.
Vagamente il pupazzo dalla natura incerta somiglia molto anche al personaggio del lebbroso del celebre film di Mario Monicelli, Brancaleone alle Crociate, con Vittorio Gassman.
Qualche storico, che non manca mai, richiama vicende ancor più drammatiche del medioevo spoletino quando un gruppo di una decina di Patarini o Catari (le informazioni sono frammentarie al punto che qualcuno avanza anche l’ipotesi dei Dulciniani) venne bruciato al rogo, nell’acropoli.
E sul rogo non c’è incertezza fattuale, ci fu davvero! Da cui la similitudine con la veste bianca di chi sta per essere mondato dall’eresia e lo strozzamento al collo come simbolo di cattività. La collocazione geografica dell’autodafè è ancora dubbia però: non si sa se il fatto avvenne in Piazza Duomo o appunto nell’area dell’attuale Piazza del Mercato. Ma collocare la vittima di rogo nella fontana può voler significare che la città sa offrire acqua per spengere i roghi, se occorre.
Avremo esagerato con l’ottimismo? Mah, chissà…
L’effetto “purché se ne parli”
Insomma, come sia, l’installazione ha ottenuto il suo effetto che come in tutti i casi e il classico , “purchè se ne parli”. Sulla qualità o la valutazione di merito, lasciamo a qualche studioso più attrezzato l’analisi eventuale e tuttavia non necessaria.
Sta di fatto che non ci tiriamo indietro dall’apporre un nostro sigillo alla faccenda. E visto che l’attrezzino di bianco vestito è riuscito a spaziare dal Lattiero Caseario alla metempsicosi, in puro stile democristiano, affermiamo che per noi trattasi di un classico esempio di Fantasma Formaggino che alle strette si può sempre spalmare su un panino.
Cominciamo alla grandissima. Buon Festival a tutti.
Opera – Installazione di: Tai Shani– London