Dalla Cina con Fo. A riportare l’opera del poliedrico artista e Premio Nobel per la letteratura scomparso lo scorso ottobre, è stata la compagnia di Meng Jinghui chiamata dal d.a. del Festival dei 2 Mondi Giorgio Ferrara a presentare “Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri”. Rappresentato per la prima volta nel 1960 all’Odeon di Milano, l’opera è una delle più rappresentative della produzione di Fo. E tra le più celebri del filone del teatro dell’assurdo italiano.
La trama si snoda intorno all’incontro di due sosia, uno dei quali smemorato, con storie di gangster e sparatorie, interventi della polizia e cure psichiatriche, persino la costituzione di un sindacato dei ladri: il tutto in chiave umoristica, nella tradizione giullaresca impressa da Fo ai suoi testi.
Gli spunti vengono da lontano, dalla commedia di Plauto a quella di Goldoni, dove spesso gli affetti da amnesia trovano il ruolo di protagonisti.
La trama – durante la guerra Giovanni decide di entrare negli Arditi, lasciando Luisa ad attenderlo (la giovane fidanzata teme il tradimento del quasi-marito con la vicina di casa).
Il ragazzo torna poco dopo affermando di non ricordare più nulla. La sua versione divide tutti, medici e infermieri: mente o davvero non ricorda più nulla? E se mente, qual è il fine che vuole raggiungere?
Sarà il commissario di Polizia e i suoi poliziotti a smascherare il Giovanni-sosia che intanto si infila, narra, costruisce tante di quelle situazioni da confondere amici e nemici.
Il Fo visto dalla Cina – il regista Jinghui riesce bene a ricreare il susseguirsi delle azioni, degli sketches, delle ballate inventate da Fo per questo spettacolo. La versione in lingua originale, aiuta a vedere lo spettacolo da un’angolazione diversa, orientale appunto.
La mimica degli attori, tutti bravissimi, ricorda quella dei lianhua hua (come sono chiamati i fumetti in Cina). La ritmica dei dialoghi è incalzante. E lo spettatore si ritrova così immerso nel vortice di una casa di cura psichiatrica. Un felice stordimento.
La parte meno felice invece è rappresentata dal monitor su cui compare la traduzione del testo in italiano, fissato sopra il sipario che comporta dolenti e continue torsioni del collo.
E’ così da sempre, per la disperazione del pubblico di platea e dei palchi dei primi 2 ordini.
Un mistero, neanche tanto buffo, per dirla alla Fo, sul perché il Festival si ostini a posizionarlo in quella sede anziché metterlo a filo con il palcoscenico.
Quelle strane coincidenze – da quasi vent’anni mancava al Festival la rappresentazione di un’opera del Premio Nobel. La prima e unica volta è segnata nell’annuario del 2 Mondi con “Lu Santo Jullare Francesco”, presentata in prima mondiale il 7 luglio 1999 alla Rocca Albornoziana.
La seconda curiosità è quella che lo ha visto legato in qualche modo alla Cina nel suo ultimo giorno di vita: “Aveva due pistole…” è stato infatti rappresentato per la prima volta dal Meng Theatre Studio a Whuzen proprio il 13 ottobre 2016, quando il famoso scrittore, drammaturgo, regista e pittore si è spento a Milano.
Tra il pubblico, non proprio numeroso (ed è un peccato), c’erano tra gli altri alcuni diplomatici dell’Ambasciata della Cina in Italia e il figlio di Dario Fo e Franca Rame, Jacopo che ha concesso a Tuttoggi.info per la trasmissione Socialfestival60 una breve intervista sullo spettacolo
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