L’ultimo forte terremoto che ha scosso l’Umbria, con epicentro tra Spoleto e Campello, ha inevitabilmente riacceso paure e ansia nella popolazione, ormai provata dagli eventi sismici che si susseguono dallo scorso 24 agosto. A dimostrazione che credenze popolari e falsi profeti sbagliano nel considerare “sicura” questa zona dell’Appennino.
Dall’inizio dell’anno sono già 138 i terremoti che hanno interessato l’Italia centrale, il più forte dei quali proprio quello del 2 gennaio delle 4.36 di magnitudo 4.1 nello spoletino che ha comportato alcuni crolli senza fare fortunatamente vittime, ma aumentato gli sfollati ospitati negli alberghi a 125 (50 le persone assistite dall’inizio dell’anno). Di questa notte l’ultimo lieve terremoto di magnitudo 2,4 con stesso epicentro, tra le frazioni di San Giacomo e Azzano.
A fare il punto a Tuttoggi.info è la professoressa Beatrice Magnani, spoletina di origine ma da anni docente universitaria del Department of Earth Sciences della South Methodist University di Dallas, in Texas, considerata tra le maggiori esperte in campo internazionale di terremoti.
Professoressa Magnani quanto è estesa la faglia che interessa Foligno-Spoleto, quali precedenti e di che magnitudo?
E’ difficile rispondere a questa domanda, perché il sistema di faglie che borda il versante orientale della valle Umbra è poco vincolato in profondità e le faglie sono nascoste dai depositi Plio-Pleistocenici del bacino. Ciò che rivelano i rilevamenti geologici e le poche prospezioni geofisiche è che la Valle Umbra appare bordata da un sistema di faglie estensionali immergenti ad ovest e ad est, e che sono state attive durante l’era del Plio-Pleistocene, ovvero per più di 2 milioni di anni. Nella Valle Umbra il sistema considerato attualmente sismogenico, quello capace di generare terremoti, è lungo il versante orientale della valle, immergente ad ovest sotto il bacino sedimentario.
Questo sistema è costituito da due o più elementi principali (faglie, n.d.r) che si estendono da Spoleto a Foligno, la Valle Umbra sud, e da Foligno a Perugia, la Valle Umbra nord. L’estensione, cioè la continuità laterale e in profondità di queste faglie non è ben definita. Queste faglie sono considerate responsabili di un elevato numero di terremoti storici di media intensità, il più grande dei quali, quello di Foligno del gennaio del 1832, si verificò in seguito alla rottura della faglia settentrionale con un terremoto di magnitudo stimata a 5.7. La faglia meridionale è probabilmente quella responsabile dei terremoti storici del 1767 e del 1878, entrambi con magnitudo stimata intorno al 5.3-5.4. L’epicentro del terremoto del 2 gennaio si trova lungo questa faglia.
>>> Il terremoto di Amatrice e Norcia
>>> Main shock e after shock
Il 2 gennaio il terremoto più forte di magnitudo 4.1 dopo un paio di mesi di attività sismica che non aveva superato i 3,4. Quale interpretazione dare e cosa possiamo attenderci nell’immediato?
In generale ci si aspetta che una sequenza sismica post-main shock evolva con una serie di aftershocks di magnitudo minore che scemano in numero e magnitudo nel tempo seguendo una legge precisa, la legge di Omori.
Nel caso dell’Appennino, caratterizzato da “sciami sismici” indicativi di interazioni di faglie e strutture sismogenetiche, questa evoluzione può essere modificata dalla riattivazione di una faglia adiacente o da una parte del piano di faglia non riattivato. È possibile che questo sia stato il caso dello sciame di Campello-San Giacomo di Spoleto.
Questa attività sismica è correlata a quella iniziata il 24 agosto ad Amatrice e proseguita a Norcia?
Il fatto che l’attività sismica culminata con il terremoto di magnitudo 4.1 del 2 gennaio nella zona di Campello sul Clitunno sia iniziata subito dopo l’evento sismico del 30 ottobre di magnitudo 6.5 suggerisce che i due fenomeni sono collegati, anche se le strutture geologiche riattivate sono distinte.
La mappa di pericolosità sismica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV)
Come giudica questo fenomeno che continua a interessare l’Italia centrale?
Come abbiamo avuto modo di riflettere precedentemente, questo sciame sismico rappresenta il normale lavoro delle forze tettoniche in gioco nell’area mediterranea. L’intera catena appenninica è una zona ad alta pericolosità sismica, e l’area epicentrale del 2 Gennaio è compresa in questa zona (vedi sopra la mappa di pericolosità sismica elaborata dall’INGV, n.d.r.).
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