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2/La storia (vera) della Biga, documenti e testimonianze sul ‘giallo’ che inchioda il Metropolitan

Carlo Ceraso

2/La storia (vera) della Biga, documenti e testimonianze sul ‘giallo’ che inchioda il Metropolitan

On line la petizione per riportarla in Italia / Da Parigi a New York / L’informativa dell’ambasciatore e l’annuncio choc  / La rabbia dell’Umbria e le clamorose gaffe
Dom, 05/10/2014 - 10:14

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di Carlo Ceraso e  Sara Cipriani

Riprendiamo la storia della Biga etrusca trafugata nel 1902 da Monteleone di Spoleto. Nell’edizione di ieri abbiamo ripercorso i punti salienti della vicenda, le prime indagini, la vendita a Roma, i depistaggi,  per arrivare al 17  luglio 1902 quando “Il Giornale d’Italia” informa per la prima volta l’opinione pubblica del ritrovamento del carro

La svolta – la biga è a Parigi, dove J.P. Morgan, il ‘barone ladro’, ha il suo quartier generale per l’acquisto di oggetti d’arte di tutta Europa da destinare al costruendo Metropolitan. E’ quanto scrive l’ambasciatore italiano, Giuseppe Tornielli, al ministro Nasi il 28 gennaio 1903 informandolo che il reperto archeologico è stato messo sul ‘mercato’ francese al prezzo di 300.000 franchi. “Il signor Hetcher (rappresentante a Parigi della società di trasporti Pitt&Scott, n.d.r.)” scrive il diplomatico “nel dubbio si trattasse di opera d’arte rubata, desiderava conoscere se non vi fossero opposizioni da parte del nostro Governo. Detto carro sarebbe inviato in America”. Il Governo però non si muove di fronte ad una simile, illuminante notizia. Tre settimane più tardi Tornielli conferma la brutta notizia: “…l’oggetto d’arte sarebbe invero la biga etrusca scoperta presso Monteleone. Questo prezioso oggetto sarebbe già partito a destinazione New York…”.

L’annuncio choc – il trafugamento è concluso. Il 26 ottobre 1903 il “New York Tribune Illustrated Supplement” annuncia che la Biga è stata ricomposta al Met; un mese più tardi vengono pubblicate le foto dalla “Scientific American”. La notizia rimbalza sulla stampa italiana ma con scarsi esiti. L’onorevole Felice Bernabei presenta solo a febbraio 1904 una interrogazione parlamentare nonostante sapesse del trafugamento del luglio 1902, quando la Biga era presumibilmente ancora in Italia. Il 7 maggio successivo un’altra barzelletta tutta italiana, molto simile a quella che ha visto in questi giorni il comune di Monteleone ringraziare il Met. Il sottosegretario Pinchia scrive a Palma di Cesnola pregandolo di avere le riproduzioni fotografiche della Biga. Il museo americano risponde di lì a poco informando il sottosegretario che “una cassetta contenente le foto è stata spedita” al dicastero. Ma è la chiosa del messaggio a far più rabbia: “Grazie della Biga di Monteleone e degli altri cimeli, che insieme ad essa furono ritrovati”.

L’urlo dopo il silenzio – per quasi un secolo non si parlerà quasi più della Biga. Fatta eccezione di un periodo, sul finire degli anni ’70, che culminò con la realizzazione di una replica del carro ad opera degli allievi della Scuola d’arte del Manzù. Opera che fino al 13 ottobre sarà esposta al castello di Postignano nel comune di Sellano, per poi tornare a Monteleone di Spoleto

VIDEO – Il carro del Manzù e la battaglia di Achille contro Ettore

Poi di nuovo il silenzio, fino al 2004 quando il sindaco Nando Durastanti affida l’incarico all’avvocato italo-americano Tito Mazzetta, originario di Monteleone di Spoleto, di mettere in mora il Metropolitan che da parte sua respinge la richiesta offrendo di “promuovere il territorio della regione Umbria attraverso una mostra fotografica” in cambio della rinuncia ad ogni azione legale. Un contentino insomma. L’azione di Durastanti è puntuale e incisiva nei confronti di tutti i ministeri chiamati a fare la loro parte,  anche perché, giuridicamente parlando, solo lo Stato italiano può rivendicare i reperti trafugati. Ma la buona volontà del primo cittadino si infrange su una serie di ‘abbagli’ e risposte superficiali. Come quella del Generale Zottin, comandante all’epoca del Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, che il 7 febbraio 2005 scrive della: “…inesistenza accertata da persone dell’Arma di documentazione inerente il rinvenimento della biga”, cosa smentita, come ha appurato la ricerca di Carbonetti dai fonogrammi, relazioni di servizio e informative del Sottotenente Fiore.  Pochi giorni dopo la seconda doccia gelata della Commissione Interministeriale per il recupero delle Opere d’arte: “….nulla risulta agli atti” scrive l’ente diretto da Massimo Baistrocchi “da una breve indagine è emerso che il bene è stato venduto ‘a peso’ al Metropolitan un anno dopo la sua scoperta, nel 1903”. Ecco. Nel frattempo tutte le istituzioni si schierano a difesa di Monteleone. E’ a dir poco ricco il carteggio di missive che le massime autorità – dalla governatrice Lorenzetti, alla presidente della comunità montana della Valnerina Agnese Benedetti, ai sindaci dell’Umbria – inviano ai titolari di Mibac e Farnesina. A loro, insieme alla stampa americana, si unisce anche il sindaco di Hamilton, nel New Jersey, Glen D. Gilmore che chiede al Museo di restituire il carro all’Italia. La risposta è scontata.

Chi non demorde è l’avvocato Tito Mazzetta che insieme all’avvocato Iolanda Caponecchi del foro di Spoleto propongono una clamorosa iniziativa giudiziaria in Italia.

VIDEO – Le azioni legali

Per i legali un reperto come la biga rappresenta un “patrimonio perpetuo ed inalienabile di uno Stato”. Così a dicembre 2007, pochi mesi dopo la “lussuosa festa organizzata dal Met che torna ad esporre la Biga dopo 10 misteriosi anni di restauro”, presentano un esposto alla Procura della Repubblica di Spoleto affinché vengano accertate eventuali omissioni “posti in essere dai Ministri che  partire dal 2004 si sono succeduti alla guida del Ministero per i Beni e le attività culturali”.  Due anni più tardi, com’era facilmente immaginabile, la Procura archivia l’esposto “ritenuto che non sussistono estremi di reato, non configurabile per essere avvenuto il trasferimento del reperto all’estero nell’anno 1903…”.

Il libro dell’architetto Carbonetti contiene decine di documenti che svelano in modo più preciso e puntuale il ‘giallo’ della Biga etrusca e che oggi rappresentano una inequivocabile testimonianza di cui l’attuale Governo e le relative istituzioni non possono più far finta di conoscere. A partire da domani Tuttoggi.info lancerà una petizione on line rivolta al Presidente del Consiglio Matteo Renzi e al Ministro del MiBact Dario Franceschini affinché il “Carro d’oro” entri a far parte dei beni trafugati dall’Italia. Primo, indispensabile atto per poterne richiedere la restituzione.

 Riproduzione riservata ©

(foto: 1. la missiva dell’Ambasciatore Tornielli, datata 28 gennaio 1903, è stata tratta dal libro “La biga di Monteleone di Spoleto” per gentile concessione dell’autore Luigi Carbonetti e della casa editrice Artemide; 2. il carro degli allievi del Manzù e quello originale detenuto al Metropolitan Museum di New York)

On line la petizione:   RIPORTIAMO LA BIGA IN ITALIA

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