Omicidio Polizzi, uno sparo esploso da distanza di mira - Tuttoggi.info

Omicidio Polizzi, uno sparo esploso da distanza di mira

Sara Minciaroni

Omicidio Polizzi, uno sparo esploso da distanza di mira

Alessandro ucciso da un colpo mirato, puntato e esploso per uccidere con sicurezza?
Lun, 26/01/2015 - 18:39

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Fu un’esecuzione? Uno sparo partito ad una distanza compresa tra i 40 e i 50 centimetri, non certo un colpo a bruciapelo uccise Alessandro Polizzi. Si evince questo dalla odierna deposizione del dottor Tagliabracci, esperto di genetica forense e di medicina legale chiamato a testimoniare dalla parte civile nel processo per la morte del giovane di Ponte San Giovanni.

In mattinata hanno deposto anche i carabinieri che la nota mattina dell “rissa al Red Zone” (uno dei tre episodi di violenza che hanno preceduto l’omicidio) sono arrivati sul posto trovando Alessandro Polizzi e registrando l’arrivo successivo anche di Valerio Menenti che presentava delle ferite al volto, riferendo che se le era procurate da solo. Soltanto qualche giorno più tardi Menenti sporse denuncia per l’aggressione che disse di aver subito da Alessandro.

La deposizione del medico legale inizia con l’esito della visita che il perito fece a Julia Tosti a nove mesi dalla notte in cui l’assassino di Alessandro tentò di uccidere anche lei. La ferita al braccio destro, dove il proiettile entrò dopo essere fuoriuscito dal torace del suo fidanzato e le arrivò fino alla mano fratturandola le ha provocato un danno pari al 44 per cento della funzionalità. Oltre al danno biologico che riguarda quel notevole trauma psicologico dovuto al disturbo post traumatico da stress, per questa ragazza che ha temuto di morire, a cui è stato ucciso il compagno e che affronta ogni giorno sensi di colpa tremendi nonostante la terapia, che segue ancora quotidianamente. Era già chiaro ma ora è stato scandito anche in aula, dal perito, che Julia porterà per sempre i segni, visibili o meno, di questa vicenda. 

Poi il perito ha svolto una panoramica sul lavoro della polizia scientifica rispetto alle tracce di Dna sulla scena del delitto, in via Ricci 14.  Sul cane della Beretta che ha ucciso Alessandro e sulla macchia di sangue (entrambe attribuite a Riccardo Menenti) del pianerottolo.

Ma quello che pesa di più oggi per accusa e difese è quel dato che riguarda la distanza della pistola dal corpo della vittima. Secondo quanto spiegato dal perito, nella logica delle possibili dinamiche dell’omicidio, il colpo non partì quindi durante una colluttazione. Si trattò piuttosto di un colpo mirato, puntato e esploso per uccidere con sicurezza? questa è da sempre la tesi dell’accusa. 

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