Interessano 15,6 milioni di famiglie a livello nazionale, muovono in totale 5,2 miliardi di euro, con un budget di spesa a persona di 143 euro: sono i numeri dei saldi invernali che, dopo gli anticipi di Basilicata (2 gennaio), e Valle d’Aosta (3 gennaio), dal 5 gennaio partiranno anche in Umbria come in tutte le altre regioni italiane. Dureranno 60 giorni di calendario, quindi fino al 4 marzo.
Secondo le stime dell’Ufficio Studi di Confcommercio ogni famiglia, in occasione dei saldi invernali 2018, spenderà 331 euro per l’acquisto di capi d’abbigliamento, calzature ed accessori. I saldi arrivano in Umbria dopo un Natale che nel fashion retail ha visto una ripresa ancora debole e acquisti col freno tirato, con forti preoccupazioni manifestate in particolare dagli operatori dei centri storici, che sommano i problemi del comparto a quelli generati della crisi delle acropoli, nonostante l’impegno profuso per creare elementi di attrazione.
Una ripresa ancora tutta da verificare, insomma, per la categoria, che come di consueto spera di trovare nei saldi una boccata di ossigeno ed un innesto di liquidità, anche se il valore degli acquisti in saldo – secondo le stime Confcommercio – sarà leggermente inferiore a quello dell’anno scorso, ma in linea con il momento. Di certo per i consumatori c’è – quest’anno più che mai – la possibilità di fare ottimi affari, sia per la disponibilità dell’assortimento, sia per la propensione dei commercianti a partire da subito con sconti consistenti.
I consumatori avranno anche il vantaggio dello scongiurato aumento dell’Iva (che avrebbe dovuto salire al 25%), un risultato per cui si è fortemente battuta Confcommercio, che però chiede maggior sforzo, coraggio e determinazione per ridurre la pressione fiscale, ancora troppo elevata per imprese e famiglie e dunque ancora “freno” alla ripresa dei consumi. “Anche se veniamo da un Natale poco soddisfacente – sottolinea il presidente di Federmoda Confcommercio Umbria Carlo Petrini – vogliamo guardare a queste vendite promozionali con ottimismo, perché rimangono ancora una fase cruciale sia per le imprese del retail che per le gli investimenti annuali dei consumatori in abbigliamento e calzature”. Secondo Petrini è però urgente rivedere due aspetti: prima di tutto la data di inizio dei saldi, posticipandoli a fine gennaio (fine luglio per quelli estivi). Una scelta che non solo ridarebbe fiato alle vendite di Natale, ma che soprattutto è motivata dall’andamento degli acquisti in saldo: “Oggi – spiega il presidente Federmoda – il picco degli acquisti è addirittura alla terza settimana, la prima e la seconda funzionano poco. Il perché è presto detto: la gente spende solo dopo aver percepito lo stipendio, e quindi dopo il 10/15 o addirittura dopo il 27 del mese. Nel contempo, iniziando i saldi il 5 gennaio le imprese anche piccole non possono non tenere aperto il giorno della Befana e domenica 7, affrontando costi e sacrifici a fronte di scarsi affari”.
Per Petrini c’è anche un’altra priorità: cambiare la normativa regionale in materia di vendite promozionali. “Attualmente, in modo anomalo rispetto a tante altre regioni italiane – spiega – sono liberalizzate, e questo genera una vera e propria giungla di offerte anche a ridosso dei saldi, vanificandone l’effetto, creando forme anomale di concorrenza e confondendo i consumatori. Siamo peraltro perfettamente consapevoli – conclude il presidente Federmoda Confcommercio Umbria – che le imprese del settore devono fare i conti non solo con la crisi dei consumi e le regole da rivedere, ma con un nuovo modo di consumare, legato al commercio elettronico, che anche in Italia sta crescendo in maniera sempre più elevata. Da almeno 3 anni Confcommercio lavora per aiutare le imprese a diventare sempre più cross-canali, a farsi trovare sul web, ma anche e soprattutto a potenziare ed evidenziare quegli elementi di valore e specificità che rendono unica e speciale per il consumatore l’esperienza di acquisto nel negozio fisico”.
Le cose da verificare
Per il corretto acquisto degli articoli in saldo, Confcommercio ricorda alcuni principi di base:
1. Cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (art. 1519 ter cod. civile introdotto da D.L.vo n. 24/2002). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto.
2. Prova dei capi: non c’è obbligo. E’ rimesso alla discrezionalità del negoziante.
3. Pagamenti: le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante qualora sia esposto nel punto vendita l’adesivo che attesta la relativa convenzione.
4. Prodotti in vendita: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo. Tuttavia nulla vieta di porre in vendita anche capi appartenenti non alla stagione in corso.
5. Indicazione del prezzo: obbligo del negoziante di indicare il prezzo normale di vendita, lo sconto e il prezzo finale.