Di media 3.200 spettatori all'Arena, oltre 500 al Morlacchi e 150 alla Sala Podiani, fanno di Umbria Jazz 50 l'edizione del trionfo. Video
Chiamarla conferenza stampa finale è veramente fuori luogo. Quella all’Hotel Brufani, convocata come da tradizione per illustrare le prime cifre di chiusura dell’edizione corrente di Umbria Jazz è una vera e propria festa come quando si vince un campionato del mondo. Mancano solo i tappi di spumante e i cori, ma per il resto la gioia è incontenibile.
Tante le motivazioni che poi il Presidente della Fondazione di partecipazione Gian Luca Laurenzi illustrerà ringraziando nome dopo nome tutti i collaboratori della complessa macchina organizzativa che per l’occasione torna ad essere “la gioiosa macchina da guerra” del 2019, anno boom prepandemia.
Ma le cifre sono anche migliorate e dunque con 2.3 milioni di incasso e 40mila paganti (non biglietti emessi, ricordiamocelo) per una media di 3.200 spettatori all’Arena, oltre 500 al Morlacchi e 150 alla Sala Podiani, fanno di Umbria Jazz 50 l’edizione del trionfo.
Oggettivamente va detto che il programma questa volta aveva tutte le carte in regola per non destare sospetti da un punto di vista qualitativo e di concerti importanti ce ne sono stati moltissimi e non solo all’Arena. Santa Giuliana.
Su alcuni di questi ultimi appuntamenti si ferma anche l’attenzione del patron-Direttore Artistico, Carlo Pagnotta che poi ne parlerà anche al microfono di Tuttoggi in una breve intervista: Brad Mehldau Trio, Bob Dylan, Ben Harper, Rhiannon Giddens e Paolo Conte. Quest’ultimo, per inciso, andato in scena ieri sera ha visto il soldout del Santa Giuliana con almeno 5mila spettatori.
Commento ufficiale di UJ
Umbria Jazz di quest’anno non è stata soltanto la celebrazione di una storia. È stata una edizione che ha sottolineato come meglio non si poteva il grande presente di un festival in ottima salute, capace di proposte molto attraenti, confortato da una straordinaria risposta del pubblico. Per dieci giorni Perugia è stata una capitale della cultura musicale. Ancora più dei numeri, che sono da primato, parla il clima che si respirava nelle vie e nelle piazze dell’acropoli perugina con quel mix di festa, qualità della vita, musica che la città offre a cittadini e turisti durante Umbria Jazz. È soprattutto dalla forza della sua storia e dalla solidità del suo assetto, a partire dalla direzione artistica e dalle professionalità di un organico di assoluto livello, che il festival prende le energie per proiettarsi verso il futuro. L’Umbria potrà ancora contare sulla sua manifestazione simbolo.
I NUMERI:
Un incasso superiore ai 2,3 milioni per 40 mila paganti, con una media di 3.200 paganti all’Arena, oltre 500 al teatro Morlacchi e 150 alla Sala Podiani.
Di assoluto rilievo anche i dati social, con un flusso di pubblico nei canali del festival di oltre 2 milioni di utenti nei dieci giorni del festival: in particolare su Facebook 1.621.483 impressions organiche per oltre 68.000 click sui post, con una copertura della pagina di oltre 1 milione di utenti. Su Instagram una copertura di quasi 70mila con oltre 20mila visualizzazioni al giorno. Il media team di UJ ha prodotto 16 tera di materiali foto-video.
Radio Monte Carlo, radio ufficiale del festival, ha contribuito a questo ottimo risultato con 122 ore di diretta da Perugia, 70 interviste e oltre 10 live realizzati, con uno staff di 15 persone tra speaker e tecnici.
LA MUSICA
Se si può sottolineare un tema caratterizzante di questa edizione, è stata la forma-canzone nelle sue diverse declinazioni: la canzone dello straordinario storyteller Bob Dylan; la più raffinata canzone d’autore italiana di Paolo Conte; le hit più celebri dei Police orchestrati da Stewart Copeland; le canzoni del repertorio popolare americano ma anche italiano, irlandese, latinoamericano di Rhiannon Giddens; le canzoni del rock blues di Joe Bonamassa ( in scena all’Arena questa sera per il concerto di chiusura) e quelle legate alle radici folk di Ben Harper.
Anche tanto jazz: una edizione illuminata dai lampi del trio di Brad Mehldau, del quartetto di Branford Marsalis, del duo Enrico Rava- Fred Hersch, del quartetto di Bill Frisell, della band stellare di Herbie Hancock, delle star italiane Stefano Bollani e Paolo Fresu, ma pure dalla più soffusa atmosfera “da camera” dei concerti nella Galleria Nazionale dell’Umbria.
Di particolare rilievo quest’anno la qualità del programma dei concerti gratuiti, anche in omaggio alla formula con cui il festival fu pensato cinquanta anni fa: tra i circa 130 eventi gratuiti non si può non citare l’esplosivo esordio di Ranky Tanky.
CLINCS e UJ4KIDS,
sono ormai due sezioni consolidate (i corsi del Berklee College of Music di Boston) e in crescita (i laboratori per bambini e ragazzi). Grande successo e bellissimo clima per l’anteprima di UJ4KIDS in Corso Cavour, animato da band, famiglie e “movida”.
Umbria Jazz non si ferma. È già tempo di pensare all’immediato futuro, con UMBRIA JAZZ WEEKEND in programma a Terni dal 14 al 17 settembre, e poi sarà la volta di UMBRIA JAZZ WINTER a Orvieto (28 dicembre-1° gennaio), di cui ricorre il trentesimo anniversario.
Parole incoraggianti anche dalla Presidente della Regione, Donatella Tesei, che sottolinea come l’Ente regionale continuerà a fare la sua parte, fatto salvo il contributo straordinario di quest’anno che è andato tutto per il pagamento del cachet (circa 400mila dollari) di Bob Dylan, e che non è stato proprio un successo senza macchia ne difetto, anzi!
Dieci intensi giorni di programmazione che hanno interessato nella sua totalità i servizi della città, argomento affrontato con soddisfazione per la tenuta degli stessi dal sindaco di Perugia, Andrea Romizi.
Il primo cittadino ricorda anche le parole entusiaste e commoventi che Mika ha rivolto alla città, dipingendola come luogo ideale, sorta di Città del Sole come quella descritta da Tommaso Campanella.
“Il festival più elegante di tutta Italia. A Perugia c’è il chiasso più silenzioso del mondo… se in ogni città ci fosse qualche notte così, nel mondo ci sarebbe più tolleranza e bellezza. Questo non è un film, è la realtà!“
Carlo-Hulk-Pagnotta
Si sa con ragionevole certezza che il colore preferito da Carlo Pagnotta è il giallo, il colore della felicità e della speranza, della positività, dell’energia e dell’ottimismo. Tant’è che lo si vede spesso in giro per il backstage durante la manifestazione con una bella sciarpa leggera di colore giallo, appunto.
Ora, visto tutto l’ambaradan di quest’anno, se solo avesse in simpatia un po’ di verde lo potremmo ribattezzare tranquillamente Carlo-Hulk-Pagnotta per quello che è riuscito a mettere in piedi artisticamente.
La sua tigna leggendaria, pari solo alla franchezza a volte disarmante e a volte difensiva (ma scambiata per aggressività), ne fanno un vero supereroe Marvel senza nessun dubbio. Bisognerebbe dedicargli un pupazzetto, sarebbe un successone al merchandising di UJ.
Senza Hulk-Pagnotta tutto questo non sarebbe stato possibile. E non lo diciamo noi che siamo innamorati del Jazz da quando è cominciata la manifestazione nel 1973, ma glielo confermano tutti coloro che hanno avuto a che fare con lui. Certo alti e bassi come in tutte le cose, ma con una costante inequivocabile: proseguire in un percorso che doveva dare forma e solidità a un festival che oggi viene considerato tra i primi 3-4 del mondo.
Ne è prova la presenza in sala, durante la conferenza, di alcuni giornalisti americani, pesi massimi come solo negli USA ce ne sono, che non si sono persi un giorno di programmazione. Una formula organizzativa, quella di Umbria Jazz, che ora viene vista e studiata come la migliore possibile. E all’inizio fu proprio Pagnotta ad architettarla con i dovuti aggiustamenti per le edizioni successive.
Le scelte artistiche non sempre hanno avuto fortuna o sono state capite. La scelta della contaminazione tra generi, unico modo per sostenere economicamente il brand, con l’apertura dei grandi eventi all’Arena Santa Giuliana, non è stata mai accettata completamente, aprendo una diatriba non ancora risolta tra puristi e fautori del Melting Pot musicale.
E così a Perugia sono passati artisti che solo a nominarli ti viene la pelle d’oca, tra viventi e quelli ormai passati a miglior sorte.
E’ lo stesso Carlo Pagnotta a dire che il miglior sponsor della manifestazione è, e rimane il pubblico. Lo dicono i numeri e ormai lo certificano anche i social su cui negli ultimi anni è stato fatto un grande ed egregio lavoro. Il tutto ripaga con una reputazione altissima e con il gradimento delle tante clip che raccontano il dietro le quinte.
Il tandem Laurenzi Presidente e Pagnotta Direttore artistico andrà avanti senza scossoni fino al 2025, questo è sicuro e della famosa panchina per andare a leggere i giornali se ne riparla forse tra altri 50 anni.
Il capitolo manifestazioni umbre
Di sicuro ora, come si era capito già da qualche tempo, anche in considerazione della pandemia che ha rimescolato le carte alla grande, in Umbria inizia una discussione su cosa significano e come valorizzare le grandi manifestazioni come Umbria Jazz, il Festival dei Due Mondi di Spoleto e il Festival delle Nazioni di Città di Castello. Ma non solo. Il tutto va considerato in termini di attrattiva culturale ed economica con l’arrivo di turisti e appassionati. Va ridiscussa interamente l’offerta spezzettata che ha sempre caratterizzato il periodo “buono” della stagione che va da Pasqua ad ottobre con la ripresa delle lezioni scolastiche.
Umbria Jazz è già da tempo impegnata a capire con autonome ricerche di mercato quanto incide la kermesse jazzistica sul tessuto economico di Perugia ed umbro. Ma qui ci fermiamo perchè degli altri non se ne sa nulla in merito.
Un fatto è certo: una operazione come quella di mettere gli studi di trasmissione di Radio Montecarlo a Corso Vannucci per l’intera durata del festival, è una operazione di comunicazione talmente efficace che in soli 10 giorni vale almeno 30anni di campagne di promozione istituzionale.
Ma fino al 2025 squadra vincente non si cambia, e non solo a Perugia, a quanto pare.