Dopo il punto di vista dei lavoratori bancari umbri, arriva quello dei cittadini, delle famiglie e delle imprese. “Soggetti primari della nostra comunità sociale”, li definisce la Uilca dell’Umbria, che ha materialmente condotto il sondaggio su un campione di circa 300 contribuenti, divisi tra Perugia e Terni, che hanno risposto alle domande del sindacato, in maniera del tutto anonima. Le fasce di popolazione intervistata riguardano per quasi metà del campione la frangia che va dai 41 ai 60 anni, il 20% è invece rappresentato da cittadini under 40, il restante da ultrasessantenni. Il 77% degli intervistati ha riferito di essere cliente di una banca nazionale e cioè facente parte dei gruppi bancari che hanno sostituito le banche locali, mentre la restante parte, cioè i 23%, ha dichiarato di servirsi in via esclusiva o prevalente di istituti di credito appartenenti al movimento cooperativo.
Dati che, se snocciolati nelle statistiche del sindacato, evidenziano come le fasce più colpite dalla crisi e dalla difficoltà ad accedere ad investimenti siano di fatto tre: i giovani, i pensionati e gli inoccupati, che hanno perso il lavoro o che non ne hanno mai avuto uno stabile.
Ne viene fuori un quadro importante, e a tratti preoccupante, di quello che, in conferenza stampa, è stata definita “il paradiso d’Italia” in termini finanziari, ossia il territorio umbro. Sono state così ascoltati i soggetti primari della regione, per comprendere la loro personale percezione della vicinanza o meno alle esigenze singole, imprenditoriali, comuni e del territorio. Tanto incide la crisi delle banche, come Banca Etruria, a cui tanti piccoli risparmiatori avevano affidato il proprio denaro nel tempo. Ed emerge una sorta di “lontananza” tra le piccole banche, che si “occupavano del territorio”, ormai quasi sostituite dai grandi istituti di credito: delle multinazionali, che nelle parole della Uilca non hanno più il polso della situazione rispetto ai cittadini che si rivolgono alle banche legate ad un microsistema creditizio. “Queste banche – dicono dal sindacato – le storiche Banche Popolari di Orvieto, Todi, di Spoleto, di Gualdo Tadino, le virtuose Casse di Risparmio di Terni, di Narni, Foligno e Città di Castello, non esistono più: ne è rimasto, e non sempre, solo il nome ‘fittizio’, uno specchietto per le allodole”.
I dati in possesso della Uilca “confermano che se è vero che, dopo anni e anni di decrescita, si è finalmente arrestata nel complesso la riduzione dei finanziamenti al settore privato, continua invece ad andare male il dato rispetto alle PMI che rappresentano la vera ossatura del sistema produttivo regionale umbro, con una caduta del -2,7% su base tendenziale annua. Un altro dato che continua nel trend di negatività è la crescita dei crediti deteriorati dalle banche, soprattutto quelli accumulati nei confronti delle piccole imprese che ha raggiunto il preoccupante picco del 40% sul totale ed addirittura del 57% nel comparto edile, a testimonianza del perdurare della condizione di crisi, ben lungi dall’essere superata”. Il dato a cui fa riferimento la Uilca è quello legato al 15% della ricchezza regionale “bruciato” da una “spirale di non sviluppo”.
Con riferimento ai tempo di erogazione dei finanziamenti, più del 60% lamenta procedure lente, farraginose ed estenuanti. Per quanto riguarda il costo dei finanziamenti, il 58% crede che sia ancora alto. Legato a esso, l’80% degli intervistati ritiene che il sistema bancario regionale ne chieda molte, con una prevalenza delle risposte in tal senso espresse dai contribuenti legati a banche di rilievo nazionale.
“Clamoroso”, sempre a detta della Uilca, il dato che emerge dalle rielaborazioni dei questionari e che ci dice che 3 umbri su 4 definiscono di totale disinteresse l’atteggiamento delle istituzioni locali rispetto ai problemi del credito in Umbria, “un vero campanello d’allarme per l’azione di Comuni, Regione e Parlamentari definiti distanti ad onta di questioni di grande rilievo che non solo noi sindacalisti, ma i cittadini per primi hanno denunciato rispondendo alle nostre domande”.
Altro aspetto affrontato è quello dell’universo usura: dati preoccupanti, che parlano di un aumento del ricorso ai cosiddetti “cravattari”, che si propongono di aiutare, naturalmente sotto mentite spoglie e false promesse, chi è più in difficoltà rispetto alle proprie condizioni economiche: magari per avviare o mantenere una azienda, seppur piccola.
E infine non sembrerebbero dire bene gli intervistati delle politiche retributive all’interno del settore bancario. Per oltre il 50% delle persone sondate, infatti, i trattamenti in categoria risultano ancora alti o troppo alti.
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