Ad agire la Guardia di Finanza, nei guai una imprenditrice
Militari del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria della Guardia di Finanza di Perugia, su delega di questa Procura, hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo, nei confronti di una imprenditrice, di origini piemontesi, ma stabilmente residente nel capoluogo umbro, titolare di una ditta individuale, operante nel settore della consulenza amministrativa, ritenuta responsabile del reato di trasferimento fraudolento di valori (fattispecie prevista e punita dall’articolo 512-bis del codice penale), per aver attribuito fittiziamente a terzi beni immobili e quote societarie, al fine di eludere la normativa in materia di misure di prevenzione patrimoniale ed agevolare la commissione di condotte di riciclaggio.
La pericolosità sociale dell’indagata principale è risultata evidentemente apprezzabile da parte dei finanzieri del G.I.C.O., avendo la stessa commesso, nell’ultimo decennio, reati di particolare allarme sociale, quali usura, con l’aggravante di aver agito nell’esercizio di un’attività professionale di intermediazione finanziaria e in danno di soggetti che si trovavano in stato di bisogno, truffa, esercizio abusivo dell’attività di intermediario finanziario, mediatore creditizio e di agente in attività finanziaria, esercizio abusivo di attività di gioco o scommessa, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e per aver emesso fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Gli approfondimenti investigativi hanno disvelato un vero e proprio “sistema”, reiterato nel tempo dalla donna e da soggetti a lei vicini, volto al drenaggio di risorse finanziarie dal circuito bancario, attraverso il ricorso a mutui – poi non onorati – e alla successiva “riacquisizione” degli immobili, al termine della conseguente procedura esecutiva avviata dall’ente creditizio, con trasferimenti di proprietà dei medesimi immobili in capo a persone fisiche e/o giuridiche, comunque riconducibili agli indagati, a prezzi notevolmente inferiori alle valutazioni di mercato.
Il fine ultimo delle operazioni illecite era quello di sottrarre i beni alla possibile applicazione di provvedimenti di carattere ablativo nell’ambito di procedimenti di prevenzione, che avrebbero potuto essere avviati, ai sensi della vigente normativa antimafia, considerato il curriculum criminale dell’indagata.
Le puntuali ricostruzioni delle transazioni finanziarie ed economiche operate dalla Guardia di Finanza hanno consentito di individuare compravendite di appartamenti, uffici, magazzini/laboratori per attività lavorative, terreni, nonché acquisizioni di quote societarie, tutte coordinate e dirette dalla donna, volte a dissimularne la reale proprietà.
Seguendo la ricostruzione effettuata dai finanzieri e condividendo le ipotesi accusatorie formulate dal pubblico ministero, il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’applicazione della misura cautelare reale, atteso che nel caso di specie sussiste, non solo il fumus dei reati contestati, ma anche il periculum in mora costituito dal fatto che la “libera disponibilità in capo agli indagati dei beni di cui ai capi di imputazione – e quindi il perdurare dell’intestazione fittizia degli stessi – protragga le conseguenze del delitto posto in essere (…); la libera disponibilità dei beni può, inoltre, agevolare la commissione di latri reati (ulteriori intestazioni fittizie, delitti di riciclaggio ed autoriciclaggio), rendendo ancor più difficile l’accertamento dei primi”.
Sulla base di tali considerazioni, è stato disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca obbligatoria, di tutti gli immobili e delle quote societarie fittiziamente intestate a terzi, per un valore complessivo di oltre 600 mila euro.