Le tavole degli umbri sono state salvate dall’arrivo di carne bovina infetta. E’ questo quanto emerso questa mattina durante la conferenza stampa del capitano Marco Vetrulli, comandante del Nas di Perugia.
Una maxi operazione del Nucleo anti sofisticazione che ha preso piede nel 2011 è arrivata ad iscrivere 65 persone al registro degli indagati e a far scattare da questa mattina in 21 province di 12 regioni italiane (Umbria, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Lombardia, Abruzzo, Marche, Basilicata, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte), 78 decreti di perquisizione e sequestro emessi dalla procura di Perugia. L’ipotesi di reato è quella di associazione a delinquere finalizzata alla commercializzazione per la successiva macellazione di bovini infetti e con marche auricolari contraffatte.
Animali malati. Tubercolosi, brucellosi o blue tongue sono queste le patologie alle quali 500 capi di bovini vennero trovati positivi nel 2013 e per la cui ragione vennero abbattuti in 4 aziende agricole dell’Umbria (sia a Perugia che a Terni ma anche a Spoleto e Todi). Gli animali malati, nati in aziende dell’Italia meridionale e insulare, venivano avviati alla macellazione grazie all’intermediazione di due aziende, una perugina e una aretina, nonché di allevatori e medici veterinari, che riuscivano a far eludere i controlli sanitari facendo apparire sani i bovini. Secondo i carabinieri questi illeciti erano capeggiati da un allevatore perugino, già arrestato e attualmente sotto processo per gli stessi reati per un’indagine del 2006.
Rischi per la salute. Non è stato così, ma se quella carne infetta fosse arrivata sulle nostre tavole, Vetrulli ha spiegato che tubercolosi, brucellosi e blue tongue si trasmettono all’uomo solo in caso di contatto col sangue o coi liquidi degli animali. La cottura della carne avrebbe comunque abbattuto la carica batterica. Fatto che di certo non limita la legittima preoccupazione.
Trafficanti di bestiame. Ma dalle indagini successive a quell’episodio i militari si resero conto che due soggetti erano particolarmente attivi nel traffico di bestiame e che i loro nomi erano ricorrenti in maniera sospetta. Così è emerso che esisteva un giro di “trafficanti di bestiame” in grado di far spostare capi in mezza Italia e in questi giri di “ripulirne” la provenienza e certificarne la salute (anche quando così non era), questo grazie anche all’aiuto di veterinari compiacenti. E infatti proprio 6 medici dell’Asl (di Perugia, Arezzo, L’Aquila, Foggia, potenza e Matera) sono finiti nell’inchiesta insieme ad altri 56 allevatori e 3 autotrasportatori.
Da meticci a chianine. L’operazione chiamata ‘Lio’, illustrata questa mattina ha portato anche al sequestro di ulteriori 100 bovini nelle ultime ore, questa volta però non si tratta di capi infetti, bensì di bovini non “di razza” che magicamente con la contraffazione dei documenti e dei numeri di serie veniva trasformati in purissimi esemplari di razza chianina. E così immessi nel mercato con un notevole illecito guadagno. Per ogni capo il valore, grazie a questo raggiro aumentava di quattro volte per un volume d’affari da capogiro. Basti pensare che solo il valore dei 500 bovini abbattuti nel 2013 si aggirava sui due milioni e mezzo di euro e che attualmente sono in corso sequestri di bovini vivi (quelli falsificati a razza chianina) per circa due milioni di euro.