“Non ce l'ha fatta a resistere al rimorso” verrebbe da pensare alla notizia del suicidio di Mustapha Hajjaji, padre e assassino dei piccoli Jihane e Ahmed. Invece, a guardare indietro in questa terribile storia, Mustapha, forse, è solamente riuscito nel suo intento di ricongiungersi ai suoi figli.
L'omicidio – E' la sera dello scorso 5 Novembre, quando il muratore 44enne di origine marocchina si reca nella casa in cui vivono l'ormai ex-moglie e i suoi bambini Jihane di 12 anni e Ahmed di 8, ad Umbertide. Una separazione recente e difficile: Mustapha non riesce a comprendere l'esigenza di sua moglie di adeguarsi ai costumi occidentali e nutre un senso di possesso profondo per sua moglie. A casa, quella sera, i bimbi sono da soli, la mamma fuori al lavoro. Alle 21:00 la tragedia. Dopo il duplice efferato infanticidio, Mustapha tenta di suicidarsi, con lo stesso coltello con cui ha appena tolto la vita ai suoi figli. Nello svolgersi di quei tragici momenti chiama la moglie, che fa scattare i soccorsi, e lascia comunque una lettera e una scritta su un muro della casa che aiuteranno a trovare una chiave di lettura al folle gesto.
I motivi – Dopo i primi soccorsi e il fermo per Hajjaji arriva anche la convalida di arresto, che a suo modo può forse fare un po' di luce vicenda: ''Quindici giorni prima (dell'omicidio ndr) Hajjaji aveva maturato l'idea di morire uccidendo Ahmed e Jihane portandoli via con sè come cose alle quali teneva di più'' scrive nell'ordinanza il gip Luca Semeraro, secondo il quale il movente dell'efferato duplice omicidio sta ''nell'idea dell'amore paterno come possesso: morire, portando via con sè nell'aldilà i figlioletti, senza alcuna consapevolezza che compito di un padre è esattamente il contrario, ossia quello di far crescere i propri figli secondo le loro inclinazioni, aiutandoli a diventare adulti ed indipendenti. Non cose da portare via''. Dopo le prime cure al Santa Maria della Misericordia a Perugia, Hajjaji sarà trasportato al carcere di massima sicurezza di Spoleto, come soggettto dalla “personalità violenta e pericolosa”.
L'epilogo – Stamattina Mustapha è infine riuscito nel suo intento, quello di togliersi la vita e ricongiungersi ai suoi figli. Il detenuto era controllato con un'alta frequenza dalla Polizia Penitenziaria, proprio perché ritenuto soggetto a rischio ed era anche seguito da uno psichiatra. Ma intorno alle 7:30, tra un controllo e un'altro, l'uomo si è impiccato alle sbarre della finestra della sua cella.
Sul posto sono immediatamente intervenuti i carabinieri del Nucleo Operativo della compagnia di Spoleto insieme al magistrato di turno, Mara Pucci. Oltre ai rilievi del caso, il magistrato ha disposto anche l'autopsia sul corpo di Hajjaji.