STRAGE UMBRIA OLII: INTERVISTA A GIORGIO DEL PAPA, VITTIMA O CARNEFICE? - Tuttoggi.info

STRAGE UMBRIA OLII: INTERVISTA A GIORGIO DEL PAPA, VITTIMA O CARNEFICE?

Redazione

STRAGE UMBRIA OLII: INTERVISTA A GIORGIO DEL PAPA, VITTIMA O CARNEFICE?

Sab, 12/09/2009 - 09:21

Condividi su:


di Luca Cardinalini

Il processo per la strage della Umbria Olii di Campello sul Clitunno – un'esplosione di tre silos di una raffineria d'olio che ha causato la morte di quattro operai – dovrebbe iniziare il prossimo 24 novembre, vigilia del terzo anniversario della tragedia. Incontriamo Giorgio Del Papa, proprietario della Umbria Olii e unico indagato per omicidio colposo plurimo con l'aggravante della colpa cosciente, dopo la sua (inqualificabile e assurda) richiesta di risarcimento danni di 35 milioni di euro, presentata ai parenti delle vittime. Dottor Del Papa, perché ogni famiglia già straziata si è vista di nuovo recapitare una richiesta di rimborso pari a 5 milioni e rotti? È un atto dovuto. A seguito della tragedia del 26 novembre 2006, la Umbria Olii spa ha dovuto cessare l'attività. Per provare a mantenere il posto di lavoro almeno a una trentina di operai, mio figlio e altre persone hanno costituito la Umbria Olii International srl, mentre è il codice civile ad avermi obbligato a mettere in liquidazione la vecchia società. Allo scopo è stata creata la Gestoil, che ha ereditato tutto della Umbria Olii spa, debiti, crediti e ovviamente il contenzioso di quella sciagura di cui mi sento anche io una vittima.*Un atto magari dovuto, ma oltraggioso per la memoria di chi non c'è più. Lungi da me l'idea di offendere qualcuno. Secondo lei prenderei un solo euro dai parenti di quei poveretti? La mia è una battaglia di verità. In questa vicenda fin dai primi istanti si sono assegnati dei ruoli senza curarsi dei fatti. Con le fiamme ancora alte, un'azienda distrutta, i corpi da recuperare – non si sapeva ancora né quanti e né di chi -, c'era già il colpevole: io, il «mostro», l'imprenditore killer che risparmia sulla sicurezza dei suoi operai e li fa morire. Un'equazione perfetta, però falsa. In 70 anni di attività, non avevamo mai avuto un solo incidente.Questo non lo negano nemmeno i sindacalisti che hanno avuto a che fare con la sua azienda. Ma hanno anche raccontato della sua fama di imprenditore duro e allergico a qualsiasi «dialogo». Ho le mie idee. Alla politica ho sempre preferito il lavoro, andando in giro per il mondo a studiare i modi di produzione dell'olio e a vendere i miei prodotti. Quanto agli operai li ho sempre aiutati, mi danno del tu, con alcuni andiamo insieme in bicicletta. Un clima di buoni rapporti, mi creda.I sindacati, però, all'interno della sua azienda hanno avuto poca fortuna. E quando c'erano, non li ha mai voluti incontrare: delegava un suo commercialista. Dove sta scritto che è obbligatorio andare di persona? Vecchi sindacalisti raccontano una sua frase: «Non permetterò mai che un comunista metta piede e decida nella mia azienda». (Ride) Ma sta scherzando? Parlando con i parenti dei cinque operai coinvolti, è venuto fuori questo quadro: un paio pensavano che i sindacati fossero la rovina dell'Italia, gli altri non erano iscritti o se sì, con scarsa o nessuna fiducia.Questo dovrebbe far riflettere. E le vittime non erano nemmeno miei dipendenti, ma il titolare di una ditta appaltatrice e tre suoi operai. Non è colpa mia se i miei dipendenti non sono interessati ai sindacati, se hanno stracciato le tessere. Non so nemmeno se ci sono iscritti, se c'erano, quanti e chi fossero. Di incidente mortale sul lavoro si è trattato, o no? Certamente, ma dire incidente non equivale a dire omicidio. Intanto però i tg rimandavano il monito del presidente Napolitano che invitava gli italiani a «indignarsi», con una schiera di sindacalisti e politici piazzati fuori dai cancelli a invocare giustizia. Ma prima della giustizia, deve uscire la verità. La tragedia della Umbria Olii ha fatto da vetrina per molti. Ricordo la governatrice dell'Umbria Lorenzetti qui davanti al cancello, megafono in mano, che mi additava alla folla chiamandomi «quello lì». Ricordo le visite dell'allora presidente della Camera Bertinotti e dell'allora ministro del Lavoro Damiano. Fino a prova contraria, era anche il ministro mio e dei miei 70 dipendenti, perché non ha mai sentito il bisogno di oltrepassare quel cancello e di incontrarci?Ogni anno in Italia ci sono più di mille morti sul lavoro. Perché qualcuno avrebbe dovuto accanirsi così, fin da subito, contro di lei? Non ho mai chiesto una lira di contributo pubblico e malgrado ciò l'azienda è diventata importante nel proprio settore. Posso aver dato fastidio a qualcuno.Tutto ruota intorno a quelle maledette passerelle da sistemare sopra i silos. A cosa servivano? Chi le aveva chieste? Umbria Olii era anche un deposito doganale. Un giorno l'agenzia delle dogane di Perugia decise, per contrastare le frodi, di dover controllare qualità e quantità di olio, non più prendendo campioni dal basso, ma da tre punti diversi del serbatoio.Cosa cambiava? Niente. Una delle tante casualità costate la vita a quattro innocenti. Trattandosi di materiale liquido, in un serbatoio dove gli oli vengono mescolati, il campione è ovviamente sempre omogeneo. Pura burocrazia. I lavori li affidò alla «Manili impianti», senza gara d'appalto. Come sempre. Maurizio era il migliore in zona, esperto della materia, mio amico e soprattutto mio consulente da otto anni. Iniziarono a lavorarci il martedì, il sabato fatale era l'ultimo giorno.La procedura del lavoro previsto era la stessa, per i silos esterni e per quelli interni? Certo che no. Facemmo delle riunioni, lui presentò dei preventivi, accettati. Per i silos interni si decise di saldare le passerelle sul tetto e sulle capriate del capannone. Per i silos esterni si decise di saldare a terra le passerelle, issarle con la gru sul tetto e lì fissarle «mediante imbullonatura», come recita il preventivo. Tassativamente esclusi lavori «a fuoco» sui serbatoi, cioè l'uso della saldatrice.Quindi, secondo lei, cos'è successo?Siamo nel campo delle ipotesi. Finché saldi sulle costolature disposte a raggiera sul tetto del serbatoio, vuote dentro e chiuse, quindi impossibili da permettere al calore di penetrare all'interno, va bene. Ma se tocchi il tetto, dove lo spessore dell'acciaio è di soli tre millimetri, non hai scampo. Secondo l'accusa la causa dell'esplosione è stata dovuta alla concentrazione troppo elevata di solventi nell'olio di sansa grezza, e della mancata comunicazione da parte sua, in quanto responsabile della sicurezza, dei pericoli di rischio di formazione di miscele esplosive. Assurdo. Molti di quei silos li avevano costruiti loro, hanno visto in quei giorni camion caricare e scaricare olio in quei silos. Olio di sansa grezzo, trasportato con le navi e con i camion senza alcun problema. Ho denunciato per falso i quattro periti della procura. Umbria Olii era una raffineria, i solventi venivano utilizzati normalmente, Manili e i suoi uomini sapevano benissimo che erano esclusi i lavori a fuoco. Le faccio io una domanda. La prima cosa che gli inquirenti dovevano chiedermi doveva riguardare l'esistenza di un piano dei lavori, perché nessuno lo ha fatto? Il piano dei lavori erano quei preventivi, presentati dallo stesso Manili, ma non me li hanno accettati come prova quando abbiamo chiesto il rito abbreviato. Documenti che ho recuperato a fatica, visto che l'azienda Manili Impianti, dopo poco tempo dal disastro ha chiuso i battenti in poche ore. Lei ha ricusato anche i giudici, mentre la sua richiesta di risarcimento è frutto di una perizia, a lei favorevole, ma respinta dal tribunale. Il tribunale non ha voluto ammettere come prova nemmeno la testimonianza di un artigiano di Narni, il signor Francescangeli, un fornitore di Manili, sostenendo che il perito l'aveva raccolta in forma irrituale. Sa cosa ha fatto e detto Francescangeli? Ha esibito i disegni fatti da Manili e ha confermato che gli aveva detto che i lavori non dovevano assolutamente prevedere saldature. Dimentica le quattro persone che ci hanno rimesso la vita. Falso. Non fa piacere che quattro persone perdano la vita in casa tua, ma non posso accettare colpe che non credo di avere. La sesta vittima sono io, che ho visto la mia azienda bruciare in un attimo, poi ci sono i miei dipendenti, alcuni si sono dovuti cercare un altro lavoro, altri sono a rischio. Ho chiesto al tribunale di Spoleto di quantificare danni diretti e indiretti subiti dall'azienda, come avviene in qualsiasi tipo di incidente, automobilistico o di altro genere. Il processo dirà chi ha ragione e chi ha torto. Avessi preso dei soldi li avrei dati in gran parte a quelle famiglie. Lei ha detto di essersi sentito subito messo nel mirino. Da chi e perché? Linciaggio è la parola più appropriata. Un giornalista del programma Rt, condotto da Enzo Biagi, con le fiamme ancora alte mi fece alcune domande, prima sulla tragedia poi sulla storia dell'azienda. Nel servizio montarono solo queste ultime mie risposte, dando l'idea di uno spietato padrone, interessato solo alla sua roba, insensibile al dolore. I media mi hanno condannato con le mie stesse immagini.Vale a dire?Sono stato io a fornire ai carabinieri i nastri delle telecamere interne all'azienda. Si vedono gli operai della Manili, dal momento del loro arrivo, alle 7, fino all'esplosione. I carabinieri hanno dato quei nastri al magistrato, è materiale secretato, in tribunale. Eppure è stato mandato in onda a Matrix. Chi glieli ha dati, quei nastri?C'è un piano morale, di civile convivenza, che sembra non sfiorarla. Chiedere un risarcimento alle già provate famiglie delle vittime, equivale a un affronto, per chi ha pagato con la vita un lavoro a 1200 euro mensili. I parenti delle vittime mi hanno chiesto un indennizzo per 14 milioni di euro, il comune di Campello mi ha chiesto 5 milioni addirittura per danni di immagine, dopo un mese si erano costituiti parte civile enti locali, sindacati, tutti. La mia richiesta è arrivata dopo 18 mesi. E poi, a proposito di soldi, nella legge finanziaria del dicembre 2006, venivano stanziati 35 milioni di euro «per il ristoro dei danni causati dall'esplosione verificatasi nell'oleificio Umbria Olii, nel comune di Campello sul Clitunno». Ne sono arrivati più di 8 milioni di euro, ma noi non ne abbiamo visto uno. Ho pagato da solo anche lo sgombero delle macerie. Ho chiesto al Tar del Lazio che fine avessero fatto quei soldi degli italiani, vincolati a una destinazione precisa. Nella sentenza di rigetto del ricorso sono arrivati a scrivere che «per sito non si intendere l'area interna allo stabilimento della Umbria Olii». E cosa si intende, allora?I parenti delle vittime dicono di non aver mai ricevuto da lei nemmeno un telegramma di condoglianze, una parola di conforto, che in tribunale non li ha degnati di uno sguardo. Detto che ho il mio carattere, me li hanno messi contro da subito. Telefonai alla signora Manili chiedendo se potevamo partecipare al funerale di Maurizio, mi venne risposto che era meglio di no. Volevo avvicinarli nel massimo riserbo, ma dalle dichiarazioni e dal clima mi sono reso conto che i tempi non erano giusti. Le famiglie sono state sfruttate da questo circo mediatico, sono strumenti inconsapevoli nelle mani di chi cerca pubblicità. In un paese civile le istituzioni avrebbero convocato subito un tavolo di concertazione, cercando una soluzione ai problemi delle famiglie e dell'impresa. Invece qui c'è chi ha soffiato sul fuoco, esacerbando gli animi, cavalcando una lotta di classe contro l'imprenditore. In Italia si continua a morire di e sul lavoro. Si è chiesto se c'era qualcosa che avrebbe potuto fare per evitare quel disastro?È triste dirlo, ma oggi quella tragedia risuccederebbe lo stesso, anche con questa discussa nuova legge definita «salva manager». È aria fritta, almeno per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori. La piaga delle morti sul lavoro, si risolve in un solo modo: mettendo un sindacalista come responsabile degli appalti, pagato al 50% dalle due parti, ma non penso che i sindacati accetterebbero mai questa proposta.Quel Biagi che ha criticato disse che lei gli sembrava immensamente solo, magari ricco e agiato, ma in lotta perenne contro tutto e tutti. E concluse: a questo mondo, però, non si può essere felici da soli.Forse è vero, ma voglio giustizia anch'io.

(*) Il Manifesto – Edizione del 11 settembre 2009


Condividi su:


ACCEDI ALLA COMMUNITY
Leggi le Notizie senza pubblicità
ABBONATI
Scopri le Opportunità riservate alla Community

L'associazione culturale TuttOggi è stata premiata con un importo di 25.000 euro dal Fondo a Supporto del Giornalismo Europeo - COVID-19, durante la crisi pandemica, a sostegno della realizzazione del progetto TO_3COMM

"Innovare
è inventare il domani
con quello che abbiamo oggi"

Lascia i tuoi dati per essere tra i primi ad avere accesso alla Nuova Versione più Facile da Leggere con Vantaggi e Opportunità esclusivi!


    trueCliccando sul pulsante dichiaro implicitamente di avere un’età non inferiore ai 16 anni, nonché di aver letto l’informativa sul trattamento dei dati personali come reperibile alla pagina Policy Privacy di questo sito.

    "Innovare
    è inventare il domani
    con quello che abbiamo oggi"

    Grazie per il tuo interesse.
    A breve ti invieremo una mail con maggiori informazioni per avere accesso alla nuova versione più facile da leggere con vantaggi e opportunità esclusivi!