“L’Umbria non è più il cuore verde, l’isola felice dell’immaginario collettivo”. Con questa frase il segretario generale regionale Cisl Umbria Ulderico Sbarra ha aperto gli stati generali della Cisl sul “Nuovo modello economico per il rilancio dell’Umbria”, che si sono tenuti ieri pomeriggio a Terni all’Hotel Garden, spiegando le ragioni che hanno mosso la Cisl al confronto con le strutture regionali e nazionali, politiche e religiose. “E’ tempo –ha affermato senza riserve Sbarra- di uscire dallo stereotipo, dalla visione edulcorata e guardare ad essa con ottica realistica, calandola nel nuovo contesto di una società globalizzata”. Ed è proprio quello che è stato fatto nel corso del confronto che ha visto protagonisti il segretario generale Cisl Raffaele Bonanni, della Femca Cisl Sergio Gigli, della Fim Cisl Giuseppe Farina, il ministro del lavoro e delle politiche sociali Maurizio Sacconi, il presidente della regione Catiuscia Marini, il presidente del consiglio regionale Umbria Eros Brega, il sindaco di Terni Leopardo di Girolamo e il presidente regionale Ceu Mons. Vincenzo Paglia. Del mondo dell’industria sono intervenuti il dirigente relazioni istituzionali della Novamont Andrea Di Stefano e il presidente regionale di Confindustria Umbro Bernardini. Tra le relazioni introduttive, oltre quella del segretario generale regionale Cisl Umbria Ulderico Sbarra, quella del professor Massimo Paoli dell’Università degli studi di Perugia.
Nell’analisi di Sbarra, la preoccupazione si aggrava se i dati umbri vengono comparati a quelli delle altre realtà regionali limitrofe, in special modo la Toscana. “La nostra regione –ha dichiarato Sbarra- subisce un arretramento dei parametri economici di riferimento più importanti, Pil pro capite, reddito complessivo ed occupazione. Si deve aggiungere a questo la flessione dei consumi che, se confermata, rappresenta un dato estremamente preoccupante, da collegare al venire meno della tenuta dei risparmi e delle reti di tutela familiare. L’andamento della cassa integrazione (vedi tabella), molto esposto nei numeri, registra un contenimento di quella ordinaria e conferma l’incremento di quella straordinaria e in deroga. Questo è determinato dalla massiccia presenza di imprese artigiane che caratterizzano il tessuto produttivo della regione, e dal concreto rischio disoccupazione per migliaia di lavoratori”. Alla luce di questo, Sbarra ha invocato una grande operazione –verità che porti a condividere lo stato reale delle cose per vedere con più chiarezza i limiti e le opportunità. “Si devono mettere –ha spiegato il segretario- gli interessi generali e il bene comune tra le priorità e far diventare questi il riferimento e la guida del nostro agire, sia in fase di analisi che nell’elaborazione, nella realizzazione delle strategie e delle azioni conseguenti”. In primo piano, quindi, il nanismo delle imprese umbre che compromette all’origine la possibilità di uno sviluppo economico interessante; lo sviluppo occupazionale di bassa qualità, bassi livelli di istruzione e qualifiche, che si è caratterizzato anche per l’attrazione e l’impiego di lavoratori immigrati, oltre all’occupazione prevalentemente precaria che non favorisce certamente il lavoro di elevata qualità. Tutto questo contribuisce in Umbria ad allargare il problema della bassa produttività in settori diversi dall’industria, ampliando il divario negativo che caratterizza il sistema regionale.
“L’Umbria – ha affermato Sbarra – dovrà fare i conti con la più grave recessione economica del dopoguerra e con l’imminente federalismo fiscale. Recessione, federalismo, e restrizione della spesa pubblica uniti ai bassi salari e alla bassa produttività indagano da vicino la questione della ricchezza prodotta e della competitività del nostro sistema territoriale. In tale ottica, appaiono con tutto il loro carico di inquietudine i limiti strutturali del sistema umbro, quelli che il vecchio Patto per lo sviluppo e la coesione sociale dell’Umbria non è riuscito a risolvere”. Tra quelli elencati da Sbarra ci sono la descrizione di un’Umbria troppo piccola e isolata, con una scarsa popolazione prevalentemente anziana; l’industria manifatturiera troppo piccola, incapace di innovare e di competere a livello internazionale; la pubblica amministrazione troppo invasiva e poco produttiva; il sistema dei servizi privati troppo ristretto.A queste specifiche questioni chiave umbre ha fatto riferimento anche l’intervento conclusivo del segretario generale Cisl Raffaele Bonanni che ha ribadito che “la distanza con la Toscana, il Lazio e le Marche dovrà essere rivista attraverso investimenti in infrastrutture materiali ed immateriali”. Attraverso queste scelte l’Umbria potrà dare una risposta concreta al federalismo fiscale e alla diminuzione di trasferimenti di risorse da parte del Governo, risposta che dovrà arrivare anche e soprattutto da una lotta sistematica agli sprechi e ai privilegi della politica e da un sempre più forte contrasto all’evasione fiscale attraverso un’azione di prossimità dei comuni”. Ai comuni che si impegneranno su questo versante, infatti, rimarranno il 50 per cento delle risorse recuperate: risorse che permetteranno alle istituzioni di difendere, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, i servizi alla persona, che sempre di più risultano essere vitali per le famiglie umbre. “E’ giusto –ha affermato il leader della Cisl- che il sindacato esca da un approccio esclusivamente rivendicativo: non c’è più spazio per queste visioni conservatrici, frutto di un’ideologia passata. Il nostro ruolo deve essere sostenuto da un intento propositivo e guidato dal senso di responsabilità: la nostra azione, in questo modo, potrà continuare ad essere dalla parte dei più deboli, delle donne, degli immigrati, dei cassintegrati e dei giovani”. La Cisl, con l’iniziativa di oggi, ha consegnato al ministro Sacconi un piano innovativo di rilancio della refrigerazione (White Goods), i tempi di realizzazione dello stesso potrebbero essere nel breve periodo, per competere in un mercato internazionale e globalizzato. “Al Governo chiederemo –ha precisato il segretario- di appoggiare questa nostra proposta per riuscire a risolvere una vertenza, legata alla produzione di elettrodomestici in Italia e in particolare in Umbria e nelle Marche, che si sta protraendo ormai da troppo tempo. Inoltre, chiediamo al Governo di intervenire affinché ci possa essere una risoluzione positiva della crisi del Polo chimico, favorendo l’accordo tra Basell e Novamont. Queste sono le cose che ci aspettiamo. Per la Cisl –ha concluso- è arrivata l’ora di passare dalle parole ai fatti”.