Spoleto, le crepe di palazzo Collicola si trasformano in una mostra - Tuttoggi.info

Spoleto, le crepe di palazzo Collicola si trasformano in una mostra

Redazione

Spoleto, le crepe di palazzo Collicola si trasformano in una mostra

L'assessore Laureti: "Spoleto rimane la città di sempre che tutti conosciamo, città di cultura e aperta al mondo”
Sab, 26/11/2016 - 15:14

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Diventano arte i segni inferti dal terremoto a Palazzo Collicola. Il direttore di Palazzo Collicola Arti visive Gianluca Marziani ha infatti incaricato l’artista Vincenzo Pennacchi di creare un’installazione dando valore estetico e simbolico alle fessure causate dal sisma sulle pareti del museo di arte contemporanea. “La crepa”, titolo dell’installazione di Pennacchi, è una delle proposte che compongono le mostre invernali di palazzo Collicola che inaugurano sabato 3 dicembre (ore 12) alla presenza del Direttore Gianluca Marziani e dell’Assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Spoleto Camilla Laureti.

Quello di Vincenzo Pennacchi – spiega Marziani – mi piace definirlo un intervento momentaneamente permanente. Dopo un terremoto che ha colpito il museo in forma superficiale ma evidente, ho deciso che il danno doveva trasformarsi in un valore costruttivo. Volevo che le crepe d’intonaco diventassero il terreno di una cucitura iconografica e morale, una sutura viva nel corpo della consunzione naturale. Vincenzo Pennacchi è intervenuto su diverse pareti del Piano Zero, nella zona che ospita la Collezione Collicola e alcune opere della Collezione 2.0. Qui si sono concentrati i danni superficiali del terremoto avvenuto il 24 agosto ad Amatrice. Piccole porzioni d’intonaco saltato, alcune crepe superficiali, minimi dissesti che pesavano, e tuttora pesano, sulla pulizia estetica del candore museale. Da qui serviva ripartire con una riflessione non solo risolutiva ma, soprattutto, elaborativa, capace di spostare l’analisi sullo “spunto d’azione” e non sul semplice “problema”. Da qui l’idea di coinvolgere un artista che ben conoscesse il museo con le sue molteplici anime visuali, affidandogli i danni come fossero scrigni preziosi da custodire con azioni minime ad alta circolazione biologica”.

Tra le altre proposte delle mostre invernali spicca Beverly Pepper 1963, una donazione di 6 sculture del 1963, un lascito importante quello che l’artista statunitense ha fatto al museo spoletino, confermando una continuità di storie e intenti che consolida la lunga presenza della scultrice nel territorio umbro. Nel 1962 Beverly Pepper era l’unica donna e una dei tre nomi americani (assieme a David Smith e Alexander Calder) invitati a partecipare alla mostra storica Sculture nella città, curata da Giovanni Carandente.

Apriamo le mostre invernali di Palazzo Collicola con un calendario importante che conferma Spoleto come spazio di grande interesse per l’arte contemporanea – ha dichiarato l’assessore alla Cultura e al Turismo Camilla Laureti – In un momento in cui cultura e turismo sono il binomio vincente nel mondo, Spoleto ha qui una delle chiavi per il proprio rilancio e sviluppo. Questo è il momento in cui dobbiamo far conoscere a tutti – anche tramite i social – che Spoleto, seppur in un momento di difficoltà, rimane la Spoleto di sempre che tutti conosciamo. Città di cultura e aperta al mondo. Il mio ringraziamento, oltre al Direttore Gianluca Marziani che le mostre le ha curate e pensate, va a Beverly Pepper per le sei importanti opere che ha regalato a Spoleto”.

Per le mostre invernali è in programma la prima tappa espositiva del progetto dal titolo Cortesie per gli ospiti. Si tratta di un nuovo ciclo dedicato al mondo dei galleristi privati con le loro storie, le loro scelte, le loro passioni e intuizioni… un viaggio narrativo e coinvolgente, immaginato come un’avventura culturale. La mostra sarà un progetto a quattro mani, curato dal gallerista assieme a Gianluca Marziani. Il primo appuntamento è con Giovanni Bonelli della galleria Giovanni Bonelli Milano. Aperta nel 2012 nel cuore del quartiere Isola, a pochi passi da quello che diventerà uno dei quartieri più innovativi per le sperimentazioni architettoniche, la galleria, di circa 300 mq di open space, alterna una programmazione di giovani artisti a figure storiche del panorama italiano e internazionale (Maurizio Mochetti, Gianni Pettena, Daniel Spoerri).

Palazzo Collicola Arti Visive, inoltre, presenta un ambizioso progetto che lega il mondo del cibo a quello delle arti visive. Obic, nato da un’idea di Anna Paola Lo Presti e Gianluca Marziani, è il titolo di un grande libro (anche in termini di formato e peso) in cui la storia di ogni opera in catalogo segue la nascita dei cibi antichi, degli ingredienti primari, dei piatti tradizionali e delle innovazioni che sono diventate vicenda collettiva e valore comunitario.

Per il ciclo espositivo Territorio Storie di artisti umbri, saranno presentate tre nuove sculture dell’artista spoletina Cristina MMR Bonucci. La mostra a Palazzo Collicola Arti Visive rende omaggio allo sguardo architettonico di Kengo Kuma, allo spirito olistico dei suoi edifici tra misura del corpo e aura del pianeta. Le opere sono state allestite nel Salone del Piano Nobile, la sala più avvolgente con la sua quadratura teatrale e la sua altezza vertiginosa.

A Satellite Collicola esordisce il nuovo progetto di Francesco Irnem, Ground Layer, pensato e realizzato sulla misura (fisica, tematica, concettuale) della Casa Romana (Via di Visiale, Spoleto) coi suoi emozionanti spazi abitativi e i suoi eleganti pavimenti a mosaico. Ad oggi rappresenta il sito più frequentato dal turismo che giunge a Spoleto nel corso dell’anno solare. Sono ormai anni che una parte della ricerca di Irnem coinvolge l’elemento classico, riletto e modulato attraverso i codici multipli della contemporaneità. La mostra alla Casa Romana parte da tale assioma, accentuando il confronto dialettico tra classicità e presente, riflettendo sugli elementi di conflittualità che emergono da tale rapporto.

Infine, l’eco del Bosco è la mostra di Franco Marrocco. Il percorso di Marrocco è un cammino consapevole nella riduzione del superfluo. Il suo passo ha un profilo orientale, sembra tarato sulla cultura giapponese della ceramica, dove l’evidenza del talento si mostra nel silenzio del passo sospeso. Lunghezza e lentezza danno il tempo e lo spazio all’azione calibratissima del segno, agendo con prassi armoniosa attorno alle cuciture del quasi invisibile. L’opera si rivela con timidezza sensoriale, non usa il timbro marcato delle decisioni nette; al contrario, parla con frasi semplici ma dense, ricordando la letteratura soppesata di Milan Kundera, la prassi metafisica di Peter Handke, le atmosfere nebulose di Yasunari Kawabata…

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