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Soppressione provincia di Terni, il dibattito si infiamma. Melasecche: “Senza Terni l'Umbria non esiste”

Redazione

Soppressione provincia di Terni, il dibattito si infiamma. Melasecche: “Senza Terni l'Umbria non esiste”

Ven, 19/08/2011 - 18:12

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di Enrico Melasecche (*)

Chiunque ha un minimo di memoria ricorda gli infiniti dibattiti sulla necessità di un riequilibrio territoriale fra le due Province quale presupposto essenziale perché l'Umbria potesse continuare ad esistere con una popolazione pari ad un quartiere di Roma. Ma ha sempre prevalso un egoismo un pò gretto di gran parte della sinistra perugina unito ad un atteggiamento di sottomissione interessata di gran parte degli ascari ternani, paghi delle carriere personali che tale rapporto comunque garantiva loro.
Chi non ricorda la difesa ad oltranza dell'attuale assurda geocomposizione da parte dell'unico Assessore regionale di Terni, Gianluca Rossi, di fronte alle timide aperture di Cavicchioli? Ai tempi dell'unica Giunta liberaldemocratica di Terni, di fronte alle nostre giuste rivendicazioni di un ruolo più equo per l'Umbria centro-meridionale, tutti o quasi i rappresentanti della sinistra gridavano al provincialismo di maniera pur di mantenere ognuno i propri grandi o piccoli privilegi. Né la destra forzista di Perugia, per ragioni di bassa bottega, ha mai consentito una benché minima apertura.
Oggi tale visione di pura conservazione si scontra con una crisi mondiale che obbliga il Paese a riconsiderare l'esistente ed accelerare verso un riformismo asciutto e concreto, pena il taglio dei rami secchi. Al di là quindi di alcune misure inserite nel decreto di Ferragosto profondamente ingiuste, quale quelle che vedono vessare ancor di più coloro che già pagano ed hanno sempre pagato a fronte di una evasione anche in Umbria fin troppo elevata (leggiamo di consiglieri regionali autodefiniti imprenditori o dirigenti che dichiarano redditi personali da elemosina!) i nodi stanno venendo tutti al pettine.
Due sono le scelte alternative: o si cambia repentinamente testa e cultura con provvedimenti forti e condivisi, per mantenere in piedi, asciugandola nelle pletoricità, una Regione fin troppo piccola per le esigenze del mondo di oggi, oppure ognuno vada per la sua strada: Terni con Rieti e Viterbo, Perugia con Arezzo o con chi crede. Terni non può continuare a svolgere in questa Umbria minima il ruolo del maiale da ingrasso, chiuso in un recinto stretto, quanto basta per tenerlo a bada e fargli la festa ogniqualvolta gli interessi di Perugia e dintorni lo esigono. Non se ne parla. Intendo con molti amici ricostituire un Comitato “Terni riprenda in mano il proprio futuro” per l'autodeterminazione dell'Umbria meridionale se la politica regionale dovesse proseguire nella sistematica spoliazione di funzioni e di ruolo.
Non possono più pagare gli umbri del centro-sud i costi di una crisi epocale, dopo aver già dato tantissimo, troppo, in termini di considerazione e di opportunità. Si pensi soltanto alla vicenda Università, alla sistematica chiusura di centri direzionali molti spostati su Perugia. Si pensi all'unica ASL chiusa, quella di Orvieto, alla concentrazione sul capoluogo regionale di tutto il sistema del Trasporto Pubblico a fronte di un ridicolo ATER, formalmente diretto da un ternano.
Ma non facciamo ridere! Il mantenimento di Enti ripetitivi ha visto la Regione Umbria tagliare con bilancino da usuraio solo e soltanto lo stretto indispensabile, sempre in una visione perugino centrica, mai in una logica che traguardasse un futuro solidale di tutti gli umbri. Le Comunità Montane dovevano essere eliminate fin dai tempi del Governo Prodi ma se ne sono tagliate solo quattro, ovviamente in primis quella di Terni, con la pretora prima degli ATO ora degli ATI, pur di rimanere avvinghiati a centri di potere, posti per la politica che una società di novecentomila abitanti ed una economia in grave ridimensionamento non riesce più a mantenere. Basti pensare al ruolo assegnato dalla Regione ai Consorzi di Bonifica, un vero e proprio assurdo: da Consorzi fra privati ad impositori di tasse che solo alcuni umbri sono stati fin qui obbligati a pagare. Ora si crea, incredibile ma vero, un'altra Agenzia piuttosto che assegnare le funzioni alle rispettive due Province che hanno già fin troppo personale da mantenere rispetto alle funzioni loro assegnate.
Siamo giunti al capolinea: comunque finisca la previsione del sacrosanto dimezzamento del numero dei parlamentari occorre prendere il toro per le corna e iniziare a ridurre di un terzo dei consiglieri regionali, in base alla popolazione, così da portare i Consiglieri regionali da 30 a 20 (ricordo che combattei con forza l'asse Ds-Forza Italia che impose nella stesura del nuovo Statuto regionale l'aumento del numero dei consiglieri regionali da 30 a 36; anche qui sempre per gratificare le esigenze politiche di Perugia) la crisi mondiale obbliga a scelte serie e concrete di non ritorno. O si attiva un processo verità, immediato e coraggioso di riorganizzazione dell'Umbria, abolendo Ater e ATI, Umbria Innovazione, Consorzio Aree Industriali e tutti i consimili congegni mangiasoldi che non si reggono in logiche di mercato ma pesano e peseranno sempre di più sugli umbri (ovviamente su quelli che pagano imposte e tasse), assegnandone le funzioni a due Province riequilibrate, gestite in modo manageriale, dimagrite nella spesa corrente, di fronte al pervicace egoismo dei soliti noti e all'ignavia dei nostri rappresentanti ternani, oppure è migliore la prospettiva di un secondo matrimonio, non imposto dalla geografia ristretta di questa Regione fin troppo matrigna.
Senza Terni l'Umbria non esiste e se neanche l'apologo delle membra di un certo Menenio Agrippa ha fin qui insegnato qualcosa almeno ognuno determini il proprio futuro responsabilmente. Una Provincia Terni-Viterbo-Rieti avrebbe una sua logica socio-economica e storico-politica (la Sabina era unita a Terni come collegio elettorale prima della riforma) e sarebbe fondamentale nel Lazio, la Regione della Capitale d'Italia. Tornare sottomessi nella ridicola mono-provincia perugina come prima della riforma voluta da Elia Rossi Passavanti o rimanere comunque nelle odierne condizioni non ha più alcun senso e ancor meno dignità.

(*) capogruppo Udc

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