Riceviamo e pubblichiamo la lettera scritta in ricordo Nando Pietro Tomassoni, recentemente scomparso, dai figli Monica e Massimo Tomassoni.

“E’ calato il sipario”. Questo sarebbe un buon incipit per la tua ultima commedia. Ci resta in eredità la tua sensibilità nello scrivere poesie, il tuo estro nel costruire racconti, la tua curiosità per la ricerca e la custodia della memoria storica del tuo paese d’origine, Eggi.

Ti ricordiamo per la tua perseveranza che a volte si trasformava in ostinazione, per la tua pignoleria che scadeva in cocciutaggine. Ci hai insegnato però a non demordere mai, a non arrendersi, soprattutto davanti alle ingiustizie.

Hai sempre creduto nello studio come fonte di crescita personale e ce lo dimostrano gli otto chilometri che facevi ogni giorno a piedi o seduto a cavallo del manubrio di una bicicletta per frequentare le scuole superiori, i sacrifici per laurearti e la tua appagante carriera.

Hai sempre creduto nelle istituzioni che hai servito fino alla fine con impegno e dedizione: prima come ragioniere capo della provincia di Terni, poi come direttore dell’Azienda del Turismo di Spoleto, e ancora come Giudice tributario e infine come revisore dei conti del Teatro Lirico Sperimentale.

Tra alti e bassi della tua vita personale e matrimoniale, non ti sei mai sottratto alla cura di tua mamma e tua moglie, malate in contemporanea.

Scorrono davanti ai nostri occhi immagini nitide in cui ti vediamo vivace e brillante, con la stessa prontezza di risposta di nonna, e sempre con la battuta pronta. Ti vediamo ancora lì, accanirti con i cruciverba più difficili, che non abbandonavi finché non erano risolti. E ci arrabbiavamo perché li facevi sempre a penna invece che a matita, creando montagne di cancellature. Ti vediamo sotto l’ombrellone con la tua immancabile seggiolina che tenevi banco con gli amici del mare. Nei tuoi viaggi hai fatto sempre divertire tutti, vestendoti da egiziano in crociera sul Nilo, chiedendo dalle Bahamas alla centralinista di parlare con Spàlato invece che con Spoleto o tentando di insegnare a riconoscere i funghi ai giapponesi.

Attraversavi le generazioni, relazionandoti con la stessa disinvoltura con coetanei e giovani, perché in fondo eri giovane dentro. Insomma, un “pottu non crisciutu” come diceva mamma Marisa.

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