Uscito dal carcere l'ivoriano rilascia un'intervista alla testata inglese The Sun in cui parla della notte del delitto in via della Pergola
Rudy Guede, tornato in libertà dopo aver scontato 14 anni di carcere per l’omicidio, in concorso con ignoti di Meredith Kercher, torna a parlare, dopo aver detto ai giornalisti italiani che voleva essere dimenticato. E invece l’ivoriano di Perugia ha rilasciato un’intervista al giornale inglese The Sun in cui, di fatto, lancia accuse su quanto avvenuto la notte del 1° novembre del 2007 in via della Pergola.
Rispondendo al giornalista inglese, ribadisce di non aver colpito Meredith e anzi di aver tentato di aiutarla: “Avevo le mani sporche di sangue perché ho tentato di salvarla tamponando le ferite con degli asciugamani“.
“C’era lì il mio Dna – dice a proposito del luogo del delitto – ma i documenti dicono che vi erano altre persone e che non sono stato io a infliggere le ferite fatali“.
“Io so la verità e anche Amanda”
E alla domanda se siano stati Amanda Knox e Raffaele Sollecito, Rudy risponde sibillinamente: “Lei dovrebbe leggere i documenti. Come ho già detto i documenti affermano che c’erano altri e che non ho inflitto le ferite. Io so la verità e anche lei la sa“. Dove “lei” è l’americana Amanda Knox.
Le scuse di Rudy, ma non la verità
Rudy ha anche mandato un messaggio alla famiglia di Meredith su “quanto sia dispiaciuto per la loro perdita“. Dice di aver scritto loro una lettera, anche se è troppo tardi per chiedere scusa di non aver fatto abbastanza per salvare Meredith.
Non chiede invece scusa, Rudy, per ciò che ha tormentato per anni la famiglia di Meredith: non sapere cosa veramente sia successo quella notte in via della Pergola. Rudy dice di sapere la verità. E su questo non ci sono dubbi, accertata la sua presenza sul luogo del delitto. Ma non la dice, almeno non fino in fondo. Lanciando ora un sibillino messaggio nei confronti di Amanda Knox.