Michele Fioroni, chiamato dalla governatrice Donatella Tesei a Palazzo Donini, da sostituire; gli appetiti dei partiti da soddisfare, riequilibrando un po’ i mattoncini senza minare la solidità del castello; il caso Arcudi, di cui ora l’opposizione chiede apertamente la rimozione dalla poltrona di presidente del Consiglio comunale.
Erano diversi dossier sulla scrivania di Andrea Romizi e della maggioranza. Tanto da richiedere un briefing di fine anno. Per riaggiustare l’esecutivo perugino, a sei mesi dalla trionfale conferma delle urne.
Un rimpasto, almeno nelle deleghe, ci sarebbe stato comunque. L’addio di Fioroni ha solo accelerato gli eventi.
Arriva Gabriele Giottoli
Al posto dell’assessore smart, Romizi chiama al suo fianco un altro profilo “tecnologico”. Come già deciso da giorni, al posto di Fioroni arriva Gabriele Giottoli, manager di Fastweb. Si occuperà ovviamente dell’agenda digitale, dello Sviluppo economico e del Marketing territoriale, aree che il sindaco, nel solco tracciato da Fioroni, ritiene tra loro connesse.
Le grandi “partite”
Non si occuperà invece di alcune grandi “partite” seguite da Fioroni, come quella relativa al Mercato coperto, il Turreno e la riqualificazione di Fontivegge. Ad occuparsene sarà l’assessore all’Urbanistica Margherita Scoccia, sempre più influente all’interno di Palazzo dei Priori-
Il rimpasto di deleghe
L’effetto domino non si ferma però alle aree che erano di Fironi. La Lega finalmente ottiene la delega alla Sicurezza. Ma in cambio l’assessore Luca Merli deve cedere il Pums (il Piano urbano della mobilità sostenibile) che Romizi intende seguire di persona, ritenendolo uno di quei progetti che potranno lasciare il segno nella Perugia del futuro.
La Lega, attraverso il vice sindaco Gianluca Tuteri, mette le mani anche sui rapporti con l’Azienda ospedaliera e la Usl. da Tuteri a Coletto, un filo verde lega Palazzo dei Priori a Palazzo Donini in materia di sanità.
Il caso Arcudi
Se per gli aggiustamenti in Giunta non c’è voluto molto a trovare la quadra, il caso Arcudi (dopo le intercettazioni sull’inchiesta relativa alla ‘ndrangheta a Perugia) rischiava di essere più insidioso per Romizi e la sua maggioranza.
Dopo le litigate dei primi giorni, i partiti della coalizione avevano rimesso la decisione nelle mani di Romizi. Il quale aveva preso tempo. I numeri dicono che il centrodestra avrebbe anche potuto forzare la mano, ma il sindaco non vuole scaricare nessuno. D’altro canto, si temeva che gli interrogatori avrebbero potuto portare possibili sviluppi su un’inchiesta che non vede Arcudi indagato.
La maggioranza ha deciso di sposare la linea garantista, pur tenendo la porta aperta in caso di sviluppi: a decidere se dimettersi dalla carica di presidente del Consiglio comunale sarà lo stesso Arcudi, “senza alcun tipo di sollecitazione“, si legge nella nota unitaria diramata dal centrodestra. Che in questo modo salva per il momento Arcudi, ma lo investe appieno delle sue responsabilità. In realtà, in molti, all’interno della maggioranza, vorrebbero che Nilo Arcudi lasciasse la carica di presidente del Consiglio comunale.