Rigucci richiama diritto di proprietà contro tartufai, "Ciò che si trova nel fondo è del fondista" - Tuttoggi.info

Rigucci richiama diritto di proprietà contro tartufai, “Ciò che si trova nel fondo è del fondista”

Davide Baccarini

Rigucci richiama diritto di proprietà contro tartufai, “Ciò che si trova nel fondo è del fondista”

Il presidente del Comitato agricoltori tifernate contesta la legge regionale in materia, che dà facoltà al cavatore di raccogliere tartufi anche in fondi privati sotto autorizzazione delle comunità montane
Lun, 09/05/2016 - 18:08

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Dopo la conferenza sulla “questione Tartufo” dello scorso 20 aprile, tenuta in Comune dal presidente dell’associazione Tartufai Alta Valle del Tevere Antonio Bicchi, il presidente del Comitato agricoltori tifernate Marcello Rigucci espone il pensiero di imprenditori e agricoltori partendo da un principio base della Costituzione Italiana.

Nell’art. 42, quello che riconosce la funzione del “diritto di proprietà”, è definito il principio per il quale un proprietario ha il diritto di godere e disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo. Tale articolo viene poi integrato con l’art. 832 del Codice Civile che ne legifera l’applicazione e nel quale vengono definite le caratteristiche generali della proprietà, e quindi anche della proprietà fondiaria. La legislazione definisce che il prodotto del suolo e sottosuolo è del fondista, fino a dove può dimostrare di avere un interesse ad esercitare il suo diritto esclusivo

Detto questo Rigucci ribadisce come tutto ciò che naturalmente nasce nel sottosuolo, come ad esempio i tuberi (patate e carote), se appartenente ad un fondo, è di esclusiva proprietà del fondista, sia che si crea direttamente o indirettamente. Essendo anche il tartufo un fungo ipogeo, e quindi un tubero, di fatto è esso stesso di proprietà esclusiva del fondista”.

Durante la conferenza dello scorso 20 aprile il presidente dell’Associazione Tartufai Bicchi aveva più volte ribadito come “la legge regionale in materia di attività tartufigena (la num. 6 del 28 febbraio 1994, più volte modificata fino alla  num. 34 del 2002 e num. 8 del 2004, che disciplina la raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi) sia ottima per come strutturata ma che, nello stesso tempo, non venga messa in pratica correttamente nè inciti, quindi, ad una totale applicazione nella Regione Umbria”. Tra le varie direttive indicate da questa legge Rigucci si sofferma su quella legiferante la modalità di raccolta del tartufo, la quale, in breve, dichiara che “il cavatore, sotto autorizzazione delle comunità montane, ha la facoltà di raccogliere i tartufi anche nei fondi privati”. Tutto questo, aggiunge il presidente del Comitato agricoltori, “in violazione delle leggi nazionali ed europee, non essendo la comunità Montana e la Regione proprietari dei fondi”.

Rigucci chiama in causa anche la legge del Codice civile 1942, la quale dice che, accanto alla proprietà fondiaria nel suo aspetto statico si considera l’attività agricola come attività commerciale. “Il proprietario del fondo – sottolinea il presidente del Comitato agricoltori tifernate – diventa quindi imprenditore e l’azienda agricola, di fatto, luogo di lavoro. Da ciò ne consegue che l’imprenditore agricolo è soggetto alla legge 81/08 riguardante la sicurezza sul posto e luogo di lavoro: diventa quindi responsabile di quello che accade sulla sua proprietà, limitandone gli ingressi ai soli autorizzati per la conduzione del fondo agrario facendo rispettare le norme di sicurezza del lavoro”. “Di fatto – aggiunge – i tartufai vogliono che vengano approvate tutte le leggi sopra citate per le quale essi intendono entrare in possesso di beni appartenenti agli imprenditori agricoli, con quest’ultimi responsabili di soggetti terzi che svolgono attività in proprio. Tali imprenditori sono inoltre soggetti a tassazione statale (reddito agrario per il possesso del bene, reddito domenicale per lo sfruttamento del terreno,tassa autoconsumo ecc.)”.

Volendo andare oltre alla contraddizione insita in tale legge e in tali richieste, in conferenza Bicchi ha espresso anche la necessità di effettuare un governo del taglio dei boschi, sottolineando l’importanza di attuarlo anche nelle aree private. Ora qui mi chiedo: conoscete tartufai che siano disposti a condividere informazioni (per indicare il luogo dov’è situata una tartufaia sul suolo privato) e a collaborare con le associazioni agricole per mettere in atto una mappatura delle zone tartufigene e per la salvaguardia di esse? Perché tale Associazione non recupera le zone abbandonate dalla Regione e vi insedia piante tartufigene e ne gestisce l’attività senza interferire sul privato?Noi in questo momento discutiamo della questione tartufo e dei diritti richiedenti dai cavatori, dimenticando che essi sottraggono beni materiali ai fondisti. E’ assurdo, inoltre, chiedere agli imprenditori agricoli la limitazione delle tartufaie in tre ettari, poiché si imporrebbe una limitazione alla libera scelta, a creare reddito, a valorizzare il capitale, seguendo di fatto canoni di produzione o riqualificazione dettati da soggetti estranei all’azienda

La sovranità del bene – conclude Rigucci – è esclusiva del proprietario che ne ha pieno diritto del godimento e di gestione. Vigili, e a tutela delle nostre aziende, dei prodotti del suolo e del sottosuolo, informeremo tutti gli organi competenti territoriali del settore per fare rispettare le leggi nazionali ed europee. La proprietà fondiaria non è della Regione, della Comunità montana o dello Stato ma di un soggetto privato sito in catasto”.

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