Chi sono i poveri che si rivolgono alle Caritas dell'Umbria? “Le persone incluse nella nostra indagine – ha spiegato il sociologo Paolo Montesperelli – sono in prevalenza donne (64,8%); percentuale che è cresciuta di ben 10 punti rispetto al 2005 e il forte incremento potrebbe indicare un'ulteriore 'femminizzazionè del le povertà. Questa tendenza non è legata solo ai flussi immigratori, nei quali di recente prevalgono le donne. Infatti anche fra gli autoctoni del nostro censimento le donne sono in maggioranza. Ciò perchè la loro condizione sociale è più vulnerabile; inoltre la divisione dei ruoli intra-familiari le spinge a farsi portavoce delle difficoltà sofferte dall'intera famiglia”.
Resta ancora alto il numero dei cittadini esteri che si rivolge alla Caritas – è detto ancora nel suo comunicato -, rappresentato dai due terzi degli utenti. “La presenza minoritaria degli umbri – ha spiegato il sociologo – può risalire a varie cause, non tutte relative al maggior benessere di cui essi godrebbero, o alla possibilità di rivolgersi più facilmente ad altri servizi. Probabilmente alcuni autoctoni, soprattutto se anziani, potrebbero coltivare maggiori remore a presentarsi presso i Centri di ascolto Caritas, ritenendoli a forte stigmatizzazione sociale. La presenza di una quota pur sempre cospicua di poveri di origine autoctona (un terzo degli utenti censiti, ndr), dimostra come anche in Umbria vi siano fattori di impoverimento svincolati dai flussi immigratori perchè di natura endogena». Rilevante è il fatto che quasi il 19% di tutti gli utenti Caritas (italiani e stranieri) si dichiara senza fissa dimora; una percentuale significativa se si pensa che nel Dossier 2005 era il 13%. Gli uomini prevalgono tra i «senza fissa dimora» con il 34%, rispetto alle donne che sono poco più del 10%. L'età media dei poveri varia da 47 anni negli italiani ai 39 anni negli stranieri, con bisogni, richieste e interventi individuati in 1.355, ossia circa il 60 % in più rispetto alle persone censite (864): “in altri termini – spiega Montesperelli -, alcune persone rivelano più di un bisogno, ad ulteriore conferma della natura multidimensionale della povertà”.
I bisogni prevalenti sono quelli primari, noti da tempo, legati alla carenza di beni materiali: risorse economiche (reddito minimo o nessuno e problemi improvvisi 29%), lavoro (disoccupazione o sottoccupazione 28%), abitazione (mancanza di casa o precaria 10%), problemi familiari e di salute (divorzi, conflitti di coppia, psichici, malattie gravi 9%). Tra le altre voce (24%) ci sono i problemi con la Giustizia, dell'immigrazione irregolare e del lavoro nero o minorile. Nelle donne risultano sensibilmente più frequenti i problemi familiari, di lavoro ed economici; negli uomini, invece, è più alta la proporzione di bisogni lega ti all'abitazione, alla detenzione o ad altri problemi della Giustizia e alla salute. Ancora più marcate le differenze fra autoctoni e immigrati: nei primi a prevalere sono i problemi familiari; nei secondi i bisogni legati al lavoro e all'abitazione. Infine, significativo è considerato il fatto che «a fronte dei 1.355 bisogni emersi attraverso i colloqui, le richieste esplicite presentate alle Caritas sono 930 – evidenzia sempre Montesperelli -: la quantità di bisogni maggiore rispetto alle richieste significa che il contatto con gli operatori Caritas, il loro dialogo con gli utenti, ha fatto emergere ciò che prima era, almeno in parte, latente. Gli interventi sono stati 1.044, ossia in numero maggiore delle richieste, segno di più iniziative a favore di una stessa persona».