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Pubblica su Facebook notizie riservate sul suo superiore, poliziotto condannato in appello

Sara Fratepietro

Pubblica su Facebook notizie riservate sul suo superiore, poliziotto condannato in appello

Mar, 12/03/2024 - 13:31

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Dopo il post su Facebook L'agente in servizio alla Procura di Terni condannato in secondo grado per l'accesso abusivo al sistema informatico

Nel 2016 aveva pubblicato su Facebook un post in cui riportava notizie riservate riguardanti un appartenente alla Polizia di Stato, un suo superiore. Ora un poliziotto – all’epoca dei fatti in servizio presso la sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica di Terni – è stato condannato in secondo grado dopo che in primo era stato assolto.

La sentenza è stata emessa ieri dalla Corte d’appello di Perugia che ha condannato il pubblico ufficiale a 6 mesi di reclusione (pena sospesa), oltre al pagamento delle spese processuali, nonché al risarcimento dei danni. È stato riconosciuto infatti responsabile dell’accesso abusivo nel sistema informatico SICP. Nel 2021 era stato invece assolto dal tribunale di Terni.

Le indagini avevano fatto emergere che il pubblico ufficiale, per motivi di risentimento nei confronti di un appartenente alla Polizia di Stato, suo superiore (costituitosi parte civile nel processo), senza alcuna autorizzazione, approfittando della sua posizione e utilizzando le proprie credenziali, aveva fatto accesso al Sistema Informativo della Cognizione Penale, protetto da misure di sicurezza, per carpire dati e informazioni contenuti nel sistema e riguardanti un particolare procedimento penale. Dai controlli sono risultati una quindicina di accessi in quattro diverse giornate nell’arco di una dozzina di giorni. Da evidenziare che il sistema SICP serve per gestire i dati relativi a procedimenti penali iscritti nel registro delle notizie di reato e coperti dal segreto istruttorio.

Le informazioni riservate erano però finite su Facebook, con un post che ha portato il pubblico ufficiale ad essere denunciato ed a finire sotto processo, con la condanna arrivata ora in appello ad 8 anni dai fatti.

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