In questi giorni vari sono stati i commenti alla privazione delle libertà individuali in nome di un superiore interesse alla salute dell’intera comunità alla quale quelle privazioni venivano imposte.
In generale si è riscontrata una generale condivisione nell’osservare il rispetto delle norme imposte, anzi alcuni commentatori si sono spinti anche a ritenere legittimi sistemi di controllo sugli spostamenti individuali, da attuare con sofisticati strumenti di tracciamento.
Ciò porta a far ritenere come ormai si passi troppo agevolmente da un ipergarantismo ad un iperpermissivismo a seconda della spinta emotiva che in un determinato momento condiziona i nostri giudizi.
Il fatto di accettare acriticamente il divieto di accompagnare un nostro familiare alla sua sepoltura rappresenta un caso paradigmatico di come oramai si sia perso ogni riferimento a quelli che dovrebbero essere i principi ispiratori delle norme di diritto positivo.
La supremazia del diritto positivo sul diritto naturale non dovrebbe farci dimenticare che il primo deriva o dovrebbe derivare dal secondo, inteso questo, come l’insieme di norme che fanno parte della coscienza di un popolo o dei singoli individui. Non a caso molti dei diritti di derivazione giusnaturalistica sono stati inseriti nella nostra costituzione, proprio per evitare che possano venire immotivatamente o troppo agevolmente compressi.
La situazione eccezionale nella quale ci troviamo a causa di un’emergenza sanitaria dettata dal COVID 19, può giustificare la compressione di questi diritti? La risposta può essere affermativa, ma deve sempre esistere una proporzionalità tale da giustificare e motivare un’azione così grave.
Proibire, quantomeno ai familiari più stretti , di partecipare alle esequie di un proprio congiunto non appare avere alcuna proporzionalità e giustificazione, soprattutto in una situazione nella quale, seppur con forti limitazioni, esiste la possibilità per una vasta serie di soggetti di svolgere le loro attività.
Nell’assenza di un “coprifuoco generalizzato” proibire al fratello, al padre, alla madre o al figlio di accompagnare il proprio congiunto, chiuso in cassa sigillata, nell’ultimo suo viaggio terreno, appare gravemente illegittimo per il contrasto con valori costituzionalmente garantiti.
Non va infatti dimenticato che in questo caso non si tratterebbe di comprimere temporaneamente un diritto ma di sopprimerlo, poiché non potrebbe rispandersi od essere recuperato successivamente.
L’applicazione delle misure di distanziamento sociale accompagnate dall’uso di protezioni individuali, apparirebbero più che idonee ad evitare l’immotivata compressione di questo diritto.
Non c’è bisogno di scomodare Sofocle, che nella sua Antigone descriveva la serie di conseguenze nefaste che possono derivare dall’assurdità di una norma che, in quel caso, proibiva ad Antigone di dare sepoltura al proprio fratello, per comprendere come lo scollamento tra il diritto positivo ed il diritto naturale possa portare, alle sue estreme conseguenze, all’anarchia.
Certo una conseguenza così radicale non sarà dettata dall’impossibilità di partecipare ai funerali di un proprio congiunto , anche se non si deve mai trascurare la sofferenza umana che è insita in ogni lesione di un diritto, ma quello che pare preoccupante è l’accavallarsi di situazioni che oggi vengono tollerate e che domani potrebbero portare a conseguenze al momento sottovalutate.
L’imprenditore che sarà costretto a fallire (o comunque a chiudere la sua attività) pur potendo svolgere agevolmente il suo lavoro osservando le misure di precauzione e distanziamento sociale, ne costituisce un altro esempio, così come ne esistono molti altri.
Oggi purtroppo quello che viene comunemente chiamato il sentire comune soffre di sbalzi ed oscillazioni condizionati da un modo superficiale di avvicinarsi alle cose che rende tutto possibile, salvo all’improvviso, in intervalli che appaiono sorprendentemente sempre più brevi, considerare tutto impossibile .
La situazione che stiamo vivendo offre in continuazione la verifica di questa progressiva confusione nel considerare le cose che, purtroppo, rappresenta il male dei nostri tempi.
Vi sono tuttavia principi, frutto di secoli di civiltà giuridica che, fortunatamente, non vengono cancellati e riscritti nell’arco di una notte e ai quali sarà necessario ispirarsi anche per valutare la legittimità o illegittimità di una determinata azione che oggi viene sanzionata o, se apparirà necessario, la legittimità o illegittimità di una determinata norma.
Antonio Cappelletti