di Marco Trippetti (*)
*Ho potuto constatare con stupore che i primi atti dei due nuovi presidenti leghisti Cota (Piemonte) e Zaia (Veneto) sono stati rivolti all’attacco della pillola RU486 e, indirettamente, alla legge che regola l’interruzione volontaria della gravidanza: sulla tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, a partire proprio dalla salute e dal rispetto di una legge fondamentale come la 194, la prudenza sarebbe stata per lo meno raccomandabile. Purtroppo, come sempre nel nostro Paese, è la mancanza di un'informazione corretta a trascinare in un dibattito fuorviante l’opinione pubblica. L'Agenzia italiana del farmaco, infatti, ha deliberato il 13 luglio 2009 l’autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco mifepristone (Mifegyne). Come precisato in una nota dall'Agenzia, la decisione del Consiglio di Amministrazione dell’AIFA conclude anche in Italia l’iter registrativo di Mutuo Riconoscimento seguito dagli altri Paesi europei in cui il farmaco è già in commercio, interrompendone l’uso off-label. Il Consiglio di Amministrazione ha ritenuto di dover precisare, a garanzia e a tutela della salute della donna, che l’utilizzo del farmaco è subordinato al rigoroso rispetto della legge per l’interruzione volontaria della gravidanza (L. 194/78). In particolare deve essere garantito il ricovero in una struttura sanitaria, così come previsto dall’art. 8 della Legge n.194, dal momento dell’assunzione del farmaco sino alla certezza dell’avvenuta interruzione della gravidanza escludendo la possibilità che si verifichino successivi effetti teratogeni. La stessa Legge n.194 prevede, inoltre, una stretta sorveglianza da parte del personale sanitario cui è demandata la corretta informazione sul trattamento, sui farmaci da associare, sulle metodiche alternative disponibili e sui possibili rischi, nonché l’attento monitoraggio del percorso abortivo onde ridurre al minimo le reazioni avverse (emorragie, infezioni ed eventi fatali). Ulteriori valutazioni sulla sicurezza del farmaco hanno indotto il CdA a limitare l’utilizzo del farmaco entro la settima settimana di gestazione anziché la nona, come invece avviene in gran parte d’Europa. Tra la settima e la nona settimana, infatti, si registra il maggior numero di eventi avversi e il maggior ricorso all’integrazione con la metodica chirurgica. Il Consiglio di Amministrazione si è avvalso anche dei pareri forniti dal Consiglio Superiore di Sanità e ha raccomandato ai medici la scrupolosa osservanza della legge. “La decisione assunta dal CdA – spiega la nota – rispecchia il compito di tutela della salute del cittadino che deve essere posto al di sopra e al di là delle convinzioni personali di ognuno pur essendo tutte meritevoli di rispetto”. L’AIFA ha fatto inoltre sapere che nella distribuzione della pillola abortiva RU486, come per qualunque altro farmaco, “le regioni hanno un largo margine di autonomia per stabilire tempi e modalità, ma non c’è dubbio che se il farmaco è approvato dallAIFA prima o poi si dovrà erogare”. È il direttore generale dell’AIFA, Guido Rasi, ad osservare di “non voler entrare in polemica con nessuno”, chiarendo però che “le regioni non possono fare come vogliono”. In definitiva i governatori delle regioni potranno decidere nel metodo e nei tempi la distribuzione del farmaco sul territorio regionale, ma non in merito alla possibilità di erogazione del farmaco alla luce di quanto è stato recentemente espresso, con molta chiarezza, dal Ministero della Salute. Detto questo penso che una attenta e serena discussione nel massimo consesso cittadino sia doverosa alla luce di quanto avvenuto negli ultimi tre anni su questo tema, sia in termini di legge ma anche e soprattutto con la valanga di letteratura scientifica che è stata prodotta, che è stata esaminata dal Consiglio Superiore di Sanità e recepita dall’AIFA. Nel campo medico-scientifico quello che sembrava certo o meno in tre anni può essere totalmente sovvertito. Ecco perché una mozione approvata nel 2007, pur nel doveroso rispetto che si deve ad una decisione assunta dal consiglio comunale, può ad oggi apparire superata o non attuale ed in contrasto con quanto sancito dalle norme. Il mettere a disposizione delle donne della nostra comunità che si trovano a vivere un momento tanto straziante (e per il lavoro che faccio posso assicurare che a prescindere dai motivi alla base per la maggior parte delle donne l’interruzione volontaria di gravidanza è un dolore indelebile), una metodica non invasiva, sicura, che eviti un intervento chirurgico ed una anestesia generale possa contribuire a superare in modo migliore questa triste prova. È solamente un discorso di rispetto, dignità e di tutela dei diritti sanciti per legge. (*) Consigliere comunale PD
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PILLOLA RU 486: IL PDL RICORDA GLI IMPEGNI PRESI DAL COMUNE NEL 2007