Davide Pecorelli – il “Naufrago di Montecristo” – sarà estradato in Albania, paese dove dovrà scontare una pena di 4 anni di carcere. Lo ha deciso la Corte di Cassazione, che ha emesso la sentenza nella tarda serata di oggi (16 ottobre), confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello di Perugia (anch’essa concorde all’estradizione), contro la quale la difesa dell’ex imprenditore di San Giustino aveva fatto ricorso.
Il 49enne era stato condannato a 4 anni di reclusione (con rito abbreviato), dal Tribunale di Puke, per 5 diversi reati commessi nel paese balcanico: truffa aggravata, profanazione di tombe, intralcio alla giustizia, distruzione proprietà tramite incendio e attraversamento illecito di frontiera (i primi 4 “in concorso”).
Pecorelli, per sfuggire ai numerosi debiti dovuti al fallimento delle sue aziende, si era finto morto carbonizzato in Albania nel gennaio 2021, riapparendo 9 mesi dopo “naufrago” a bordo di un gommone al largo dell’Isola di Montecristo, dove si trovava alla ricerca del fantomatico tesoro del romanzo di Dumas. Il racconto dei mesi della scomparsa aveva poi fatto emergere dettagli alquanto surreali, dal nascondiglio a Medjugorje fino all’incredibile messinscena dell’auto bruciata. Tutte vicende che lo avevano portato a infrangere, anche suo malgrado, diverse leggi al di là dell’Adriatico.
Oltre al procedimento penale in Albania, l’ex imprenditore era stato giudicato anche dai tribunali di Grosseto e Perugia. In Italia era stato infatti accusato di autocalunnia e sostituzione di persona: all’isola del Giglio si era spacciato per un geologo di nome Giuseppe Mundo e, con questo “pseudonimo”, aveva pure affittato una camera in una struttura ricettiva.
Pecorelli, padre di 4 figli (di cui due minori), spera ora nel ministro Carlo Nordio, che entro 45 giorni dalla sentenza potrebbe sospendere l’estradizione.
Il 49enne – difeso dagli avvocati Massimo Brazzi e Andrea Castori – ha sempre considerato la pena sproporzionata (la detenzione non autorizzata di ossa umane in Albania è punita con il carcere mentre per l’ordinamento italiano si “risolve” con una sanzione amministrativa), pur ritenendosi sempre disponibile ad assumersi le sue responsabilità. Ma ad impensierire l’altotiberino sono soprattutto le condizioni delle carceri in Albania, sul quale vi sono molti dubbi circa il rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti, con il serio rischio che l’ex naufrago possa subire trattamenti degradanti.