L’Italia è out, e con essa l’Umbria. Dei 40 luoghi italiani candidati a entrare nella lista Unesco dei siti patrimonio dell’umanità, nessuno ha ottenuto il lascia passare per giungere di fronte alla 40esima Commissione dell’Unesco World Heritage, che tra il 10 e il 20 luglio 2016 si riunirà a Istanbul per decretare i siti vincitori da ‘bollare’. Sarà la prima volta, dagli ultimi 15 anni, che l’Italia non sarà rappresentata: 40 i siti italiani in lista d’attesa, tra cui anche la Cascata delle Marmore, la Valnerina e Orvieto.
In Italia, ad oggi, sono 51 i siti che possono fregiarsi del ‘bollino’ Unesco, ritenuti dunque ‘da salvaguardare’. Di questi, in Umbria l’Unesco ha riconosciuto “patrimonio dell’umanità”: Assisi e gli altri luoghi francescani e due punti appartenenti al sito seriale “I Longobardi in Italia“, ossia la Basilica di San Salvatore e il Tempietto del Clitunno. Tutte medaglie conquistate nel tempo dall’Italia, facendo così guadagnare al ‘bel paese’ la fama di “primo Stato al mondo per patrimonio culturale dell’Umanità”. Un trend positivo, quello italiano, partito negli anni ’80, e che, solo tra il ’96 e il ’98, aveva visto 17 riconoscimenti ONU assegnati all’Italia. Fino ad oggi. Sono infatti solo 6 gli ultimi siti italiani eletti a patrimonio Unesco, con la Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale vincitrici nel 2015.
Come detto, la lunga lista d’attesa comprende, ormai da diversi anni, 40 siti in Italia. A questi si aggiungono quelli per le candidature presentate dopo marzo 2016, che devono di fatto essere rese ancora del tutto ufficiali, e sulle quali c’è ancora una aura di mistero. In lista ci sono luoghi che attendono un responso positivo dal 2006, come la Maddalena, il Bradisismo dei Campi Flegrei, la Cascata delle Marmore e la Valnerina, la Cattolica di Stilo e le basiliche bizantine, la Cittadella di Alessandria, Palmanova, i Giardini Botanici Hanbury di Ventimiglia, Lucca, Parma, la Certosa di Pavia, l’Asinara, le grotte carsiche della Puglia, il Lago Maggiore e il Lago d’Orta, Mozia e Lillibeo con la civiltà fenicio-punica in Sicilia, Orvieto, Pelagos (santuario dei cetacei nel Mediterraneo), gli stagni di Oristano, le cattedrali romaniche della Puglia, il Salento e i centri del Barocco leccese, Taormina e Isola Bella, Sulcis-Iglesiente (Sardegna), Bergamo, la valle dell’Aniene e la Villa Gregoriana di Tivoli, la Pineta e Notarchirico di Potenza, le paleosuperfici del Paleolitico Inferiore di Isernia, le cave di marmo di Carrara, le Murge di Altamura, i portici di Bologna, la transumanza dei regi tratturi, le ville della nobiltà pontificia nel Lazio, la via Appia Regina Viarum, Volterra. Le altre candidature sono state presentate più recentemente e sono: il Santuario di Santa Donato di Ripacandida in Basilicata, le colline del prosecco di Valdobbiadene e Conegliano (2010), il Ponte di Bassano del Grappa, Ivrea città industriale del XX secolo (2012), il centro storico, l’Arco Traiano e il teatro romano di Benevento, Longola Poggiomarino, la Cappella degli Scrovegni di Padova (2016).
A scegliere le nomination italiane per la valutazione internazionale è prima il Ministero dei beni culturali insieme alla commissione italiana Unesco. Un iter molto complesso, che deve seguire parametri rigidi, vagliati attentamente in sede di esame. Poi le candidature partono per Parigi, sede centrale dell’Unesco, agenzia specializzata dell’ONU. Quest’anno a Istanbul sono 29 i siti arrivati al rush finale: tra essi figurano due siti cinesi, che, nel caso di vittoria, ruberebbero il primato italiano di capolista al mondo per siti Unesco. Tra le altre candidature ancora al vaglio del MiBACT c’è chi è già stato scelto per il 2017: ci riprova Ivrea insieme al Parco Nazionale della Sila.
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