Il francescano, giornalista e scrittore e il presidente della Fondazione Symbola hanno anche parlato del Manifesto di Assisi
“Giffoni è un grande laboratorio di consapevolezza sul nostro presente”: padre Enzo Fortunato – a Giffoni per la terza volta insieme a Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – parla ai ragazzi della sezione Impact! a cuore aperto.
Il 28 luglio il francescano ha dialogato con i giffoner senza sottrarsi agli stimoli che arrivano dai ragazzi. Parla con il loro linguaggio, non ha paura di ammettere certi errori compiuti dalla Chiesa ma, al tempo stesso, grazie all’opera e all’esempio di Papa Francesco, guarda avanti con fiducia: “Credo che la bontà possa salvare il mondo. E la Chiesa”. Primo argomento al centro dell’incontro è il tema del Giffoni 2022, Invisibili: “Papa Francesco ha ringraziato Giffoni per il tema scelto”, ricorda padre Fortunato. “E per gli invisibili la Chiesa e le associazioni che a essa si rifanno stanno facendo moltissimo, attraverso i centri Caritas o nell’andare di notte presso le stazioni ferroviarie. Vivendo a Roma, a volte vado alla stazione Termini e mi fermo spesso a parlare con diverse persone e sento storie forti, interessantissime”.
Padre Fortunato evidenzia l’importanza anche solo del “far sentire che c’è una persona che ascolta, che dice: ‘Sto qui se hai bisogno’”. Eppure, “non sono invisibili solo i clochard. C’è anche un altro tipo di invisibili, che mi scrivono”. Tanti gli esempi: dalla madre disperata per il figlio in depressione per la mancanza di lavoro, alle persone che si lamentano per le attenzioni negate, passando per giovani che vorrebbero accedere a una professione o a una scuola ma lamentano l’impossibilità di farcela senza una raccomandazione. “Anche questi sono invisibili – esclama padre Enzo – Quando mi arrivano queste lettere mi arrabbio, e cerco un contatto con loro, chiedo il telefono, rispondo alle loro mail. Non sempre possiamo fare miracoli, ma già prestare attenzione a cosa accade intorno è importante”.
I giffoner di Impact! segnalano il problema di comunicazione che la Chiesa ha con i giovani. “Credo – afferma padre Enzo Fortunato – che ci sia stato un cortocircuito con i giovani. Ma proprio verso di loro Papa Francesco dimostra grande attenzione: dice a noi preti di uscire dalle chiese, di non chiuderci dentro di esse. Bisogna dire alle persone che il Signore vuole loro bene, le ama, che non siamo fatti a stoccaggio ma che ognuno è unico”.
“Non dobbiamo essere ‘bacchettoni’ – aggiunge padre Fortunato – abbiamo bisogno di persone che non fanno prediche ma che siano testimoni”. Definito spesso “francescano e influencer col saio”, padre Fortunato rivela il suo segreto: “Quando devo prepararmi per una celebrazione o nella mia diretta serale in cui commento i Vangeli faccio esempi concreti, veri, di vita”.
E vita è anche divorzio e omossessualità: “Seguiamo il magistero di Papa Francesco, che è inclusivo, aperto. Tutte le persone hanno una bellezza straordinaria. Credo che dobbiamo puntare a questo, alla bellezza straordinaria che ci portiamo e si portano dentro”. Un concetto richiamato anche in un dialogo tra Paolo VI e uno scrittore, al quale il pontefice si rivolse per chiedere consiglio per formare bravi preti, ricorda le parole dello scrittore: “Vi siete fissati sulla preparazione intellettuale, sul galateo, sulle formule. Forse vi dovreste fissare sulle persone buone. Credo – afferma padre Enzo Fortunato – che la bontà possa salvare il mondo, e la Chiesa”.
A fargli eco è Ermete Realacci, presidente di Symbola e promotore, insieme a padre Enzo Fortunato, del Manifesto di Assisi: “In un mondo un po’ spaesato, la Chiesa rimane una straordinaria agenzia di senso”. Evidenzia “l’importanza dei valori, anche diversi tra loro: anche per questo abbiamo scelto di dare vita a un Manifesto, quello di Assisi, che parli a tutti”. Non manca un passaggio sui temi ambientali e della transizione ecologica. Realacci è chiaro: “Oggi chi non fa una scelta che tutela l’ambiente perde”. Non solo: “Se non si fa quella scelta si perdono posti di lavoro”. Insomma, “il cambiamento conviene anche dal punto di vista economico e chi dice di no vuole nascondere interessi anche di altra natura”.
Infine, Realacci rivolge un appello al fondatore e direttore del Giffoni, Claudio Gubitosi, in sala Blu a seguire l’incontro: “Presidiare di più il tema della speranza e della positività”. Come? Proponendo ai giffoner un film del 2012, diretto da Pablo Larraín, “No – I giorni dell’arcobaleno”. La storia della sconfitta del dittatore Augusto Pinochet, nel 1988, al referendum sulla sua presidenza. Una sconfitta maturata grazie alla campagna pubblicitaria promossa dalle opposizioni che puntava tutto sull’allegria possibile in Cile. “Propongo che Giffoni proietti questo film per far capire come il cinema può aiutare a far vincere la speranza”.