Lo ha ucciso nel suo garage con un colpo di pistola in testa. Poi ha trasportato il corpo nei boschi di Stroncone e lo ha seppellito. Così dopo più di due mesi A.A., ternano di 45 anni ha confessato di aver ucciso Victor Marian Lordache. Il movente sembra chiaramente di natura passionale, sullo sfondo una relazione omosessuale molto travagliata tra i due. A esporre i fatti e le indagini della questura di Terni è stato questa mattina il procuratore Cesare Martellino.
La confessione. Nella mattinata di ieri gli agenti hanno interrogato nuovamente il ternano, da tempo sospettato di sapere molto di più di quello che aveva dichiarato. Alla fine, sopraffatto da diverse contraddizioni e dalle domande incalzanti degli inquirenti, ha confessato. Confessa di aver ucciso l’amico la sera del 21 aprile, nel suo garage, sparandogli un colpo alla testa con la sua pistola, regolarmente detenuta, e di aver gettato nel fiume Nera il suo telefono cellulare. Confessa di aver caricato il corpo in macchina l’alba della mattina successiva e di averlo abbandonato, coperto da un copri-divano, in un bosco nella zona di Stroncone, nell’area del ternano. Confessa di essere tornato nel bosco per coprire meglio il cadavere con pietre, sacchi di terriccio, cemento e calce, per evitare che l’odore attirasse la fauna locale e velocizzare la decomposizione dei tessuti molli. Infatti, anche se ormai l’identità della vittima è certa, la conferma si è avuta solo a seguito dell’esame del Dna, estratto dal midollo osseo del cadavere, essendosi completamente consumati tutti i tessuti a causa del contatto con la calce.
Le indagini. La ricostruzione degli inquirenti parte dal 28 aprile con la denuncia, avvenuta una settimana prima, della scomparsa dell’uomo di nazionalità rumena, 38enne, alcolista e già noto alle forze dell’ordine. A presentare la denuncia in Questura è la sorella che non riusciva a mettersi in contatto con il congiunto, già allontanato in febbraio, dall’Italia con un provvedimento di espulsione dell’Ufficio Immigrazione, La stessa racconta agli inquirenti che l’ultima persona con cui sapeva che il fratello si era incontrato, era un suo amico italiano.
Qualche giorno dopo anche l’altro fratello dello scomparso va in Questura ad integrare la denuncia, confermando che anche le ricerche dei parenti rimasti in Romania, e della comunità rumena presente in Italia, avevano dato esito negativo.
La pista dell’ “amico”. Dopo aver acquisito l’identità dell’uomo scomparso, gli inquirenti tentato di rintracciare la posizione del disperso tramite il suo cellulare, invano perché non reperibile. Nonostante questo, attraverso le indagini tecniche, viene accertato che l’ultima chiamata ricevuta dal suo cellulare è stata effettuata dall’amico italiano, A.A. 45enne residente a Terni, che viene immediatamente convocato per un interrogatorio dalla Polizia. L’uomo minimizza la scomparsa, dicendo di aver sentito proprio dal fratello dell’amico di un eventuale viaggio in Germania, affermazione però che viene smentita dallo stesso che anzi riferisce agli agenti di una relazione sentimentale omosessuale di vecchia data tra i due. Insospettiti dalla reticenza dell’uomo nel fornire assistenza, gli agenti iniziano a scavare più a fondo nella storia tra i due.
La relazione sentimentale. Dalle indagini emerge che lo scomparso e l’amico si erano conosciuti a Terni nel ’99, quando il rumeno era ancora clandestino e conviveva con una connazionale, che lavorava in un locale notturno, e l’italiano era già sposato con due bambini piccoli. La relazione tra i due si interrompe nel novembre del 2000, quando il rumeno viene espulso dall’Italia sotto falso nome. Mentre è in Romania, l’amico italiano lo aiuta inviandogli denaro e andandolo a trovare per brevi periodi. Prova anche, con una dichiarazione di ospitalità, a farlo rientrare a Terni per turismo, ma il tentativo fallisce e il cittadino rumeno viene espulso nuovamente. Per un po’ i due si perdono di vista, e in quegli anni il rumeno sposa una sua connazionale in Romania, si sospetta solo per acquisire il cognome della moglie al fine di poter tornare in Italia. Nell’agosto del 2012 i due si rincontrano casualmente a Terni, e riprendono a frequentarsi assiduamente. Il ternano abbandona le proprie amicizie e trascura la famiglia; anche il rumeno nasconde tutto ai propri familiari. La relazione è travagliata: i due si ubriacano spesso, litigano, l’italiano viene visto da vari testimoni fare scenate di gelosia e litigare con chiunque offenda il suo amico.
Il cerchio si stringe. Il 14 giugno vengono interrogati nuovamente il cittadino ternano e i suoi famigliari. La moglie ammette parzialmente la relazione del marito, mentre la figlia riferisce dell’ossessione del padre per quell’uomo. I sospetti aumentano quando le dichiarazioni dell’indiziato vanno in contrasto con quelle di altri, ulteriori testimoni. Di ieri infine, la confessione.
Soddisfatto il Procuratore Cesare Martellino: “Questo caso è motivo di grande soddisfazione professionale per la sua risoluzione, e di grande tristezza per le famiglie coinvolte. Il caso si era presentato molto difficile, senza sospetti e senza corpo del reato; sarebbe stato facile archiviare il caso di un rumeno scomparso, ma ciò non è avvenuto grazie alla determinazione del magistrato dottoressa Massini che ha dato un contributo importantissimo nelle indagini.” “La confessione – conclude il procuratore – è stata determinata dall’evidenza dei fatti a cui è stato sottoposto e messo alle strette l’omicida, non per rimorsi. Sottolineo e confermo la totale sinergia tra la Procura della Repubblica e le Forze dell’Ordine del territorio, che stanno ottenendo risultati importanti rendendo questa città sempre più sicura”.
© di Luca Battaglini / foto di Federica Pucino