Meno male che ogni tanto qualcuno si ricorda di quegli artisti che, nella loro grandezza creativa, hanno scelto l’Italia come luogo di vita e di professione artistica. E, guarda caso, per qualche motivo hanno anche avuto a che fare con l’Umbria e Spoleto, in particolare
Lo ha fatto Rai5 nella serata di ieri 2 maggio mandando in onda un meraviglioso documentario che raccoglie per la prima volta e in modo quasi antologico il repertorio storico degli spettacoli della Lindsay Kemp Company, dalla fine degli anni ’70 agli anni ’90. Filmati provenienti dalle Teche Rai e da archivi privati: dal glorioso Flowers a Duende, da Midsummer Night’s Dream a The Big Parade, da Alice a Onnagata, fino ad arrivare all’ultimo Kemp Dances
E Lindsay Kemp, scomparso nell’agosto del 2018, aveva scelto proprio l’Italia, e l’Umbria, come luogo d’elezione, avendo vissuto per quasi 40anni tra Todi e Livorno.
Coreografo e ballerino (anche se queste due sole definizioni sono francamente limitative per un artista totale come era Kemp), arrivò in Italia da Londra, per la prima volta negli anni ’60, a Roma.
“Eravamo al Teatro Goldoni- racconta Kemp- non avevamo pubblico e facevamo la fame. Con i miei amici Jack e l’incredbile Orlando facemmo l’autostop fino a Spoleto. Pensavamo che per il Festival avremmo potuto suonare in Piazza con sonagli e tamburello, per i turisti, come facevamo a Trastevere, nei bar”.
E nel racconto di Kemp esce fuori improvvisa una chicca che forse nessuno ancora conosceva nei dettagli.
“Menotti pensava che le nostre performance di strada abbassassero il livello del Festival di Spoleto–racconta il coreografo con un tipico gesto del dito sotto al naso- molto snob in quei tempi. E noi siamo stati cacciati da Spoleto, messi su un treno e rispediti a Roma, con la promessa che saremmo tornati subito in Inghilterra. Cosa che non facemmo”.
Non ci stupirebbe se da qualche parte negli archivi della Polizia o dei Carabinieri uscisse fuori un foglio di via per i mattacchioni adepti e per Kemp stesso.
E pensare che nel ’67 al Festival arrivò Allen Ginsberg, fresco fresco di arresto per oscenità, tanto che per attenderlo dopo la liberazione, il suo reading (come ricorda la scrittrice Fernanda Pivano nel suo libro The Beat goes on) venne anche spostato di orario. Una sorta di contrappasso rispetto alla sorte del “reietto” Lindsay Kemp.
La consacrazione definitiva in Italia di Kemp avverrà a partire dagli anni ’70 quando Romolo Valli (nel continuo scherzo del destino, Direttore Artistico del Festival dei Due Mondi), lo chiamò all’Eliseo per portare Flowers e poi in giro per altri 10 teatri italiani con il Midsummer Night’s Dream commissionato proprio da Valli . L’inizio di un ventennio di lavoro straordinario sui palcoscenici d’Italia e internazionali.
Non che il povero Lindsay fosse stato l’unico artista con disavventure in quegli anni al Due Mondi. La storia del Festival, nel periodo menottiano, è piena di grandi “niet” e black list per generi o artisti non graditi al duca.
Celebre l’episodio con il sulfureo e poco gestibile Carmelo Bene che nel 1964 venne invitato a Spoleto per rappresentare Amleto e Pinocchio (edizione 1964) in un tendone da circo ai Giardini Pubblici. Avventura che a causa di un tremendo acquazzone estivo, dopo una sola replica, fini con la struttura rasa al suolo e costumi e attrezzature inzuppate d’acqua e inutilizzabili.
Bene, che se l’era legata al dito, descrisse la vicenda con parole di fuoco nel suo libro Sono apparso alla Madonna: “…mi si schianta un tendone circolare, costruito ad hoc, nella piazza, anche quella senza letti, del cosiddetto festival dei due culi. L’acquaccia, benedetta senza dubbio dalla corte dei miracoli dell’anfitrione musicale tutt’ora in carica in quel posto internazionale di incontri…Non si ritenne coveniente accordarci un riparo in sacrestie al coperto (teatri ndr.) e fini qui.” Bene se ne andò infuriato perchè nessuno lo alloggiò, lui e la compagnia, e gli diede la possibilità di proseguire nei teatri la rappresentazione delle repliche in programma.
Un piccolo ma significativo quadro della manifestazione spoletina, che molti agiografi interessati, vorrebbero continuare a dividere ancora una volta tra “prima e dopo” il M° Menotti.
La verità è che come accadde con Lindsay Kemp e Carmelo Bene, di errori ne sono stati fatti prima, e anche dopo. Perchè alla fine solo chi non fa, non sbaglia nulla.
Buon compleanno Lindsay Kemp!
QUI il link a RaiPlay per visionare il documentario su Lindsay Kemp