“Intorno alla vicenda ed alle sorti del gruppo Novelli resta fermo il ruolo centrale del Ministero dello Sviluppo Economico ed in particolare quello dell’Unità di Gestione delle Vertenze aziendali. Un solo ufficio, ma fondamentale, che tiene in mano le sorti di oltre 100 tavoli di crisi, relativi a decine e decine di migliaia di lavoratori. Il futuro di queste aziende, molto spesso, passa per fasi di liquidazione, oppure tramite concordati fallimentari. Concordati che devono essere messi in atto e controllati tempestivamente”. A ricordarlo in una nota sono gli esponenti del Movimento 5 stelle: il senatore Stefano Lucidi, il consigliere regionale Andrea Liberati ed il consigliere comunale di Terni Federico Pasculli.
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“Abbiamo già depositato, a tal proposito, – evidenziano i pentastellati – una interrogazione parlamentare per chiedere come il concordato Novelli sia stato seguito e verificato durante i lavori di concertazione al Ministero, ed ora si apprende da fonti giornalistiche di informative tardive relative alla chiusura del vecchio concordato.
Ma, nel mentre si cerca di capire, di quale soggetto economico e giuridico si stia parlando, le scelte fatte fino ad ora, facilitate anche da una dislocazione aziendale su più siti e su città differenti, potrebbero portare l’azienda ad uno scontro interno tra i lavoratori di diversi siti. Un gioco al ribasso prevedibile, che non mette in buona luce la situazione attuale e pone altri dubbi sul futuro di questa realtà.
Quello che dovremmo cercare di fare, quello che dovrebbero fare le amministrazioni e i sindacati, dovrebbe essere tutelare gli interessi generali, senza andare contro i principi costituzionali.
Una cosa è certa. In questo momento ci sono molte incertezze, principalmente giuridiche, e un futuro tutto da scrivere. Nodi, che, non si sa in quali tempi, ma dovranno essere sciolti, per sapere qual è il destino finale di questa azienda. Si parla di fallimento, di cessione non valida, di rigetto di chiusura del vecchio concordato, di un nuovo concordato, di investimenti, di tagli, di esuberi e di nuovi clienti.
Forse è il caso invece che iniziamo a pensare anche ad un piano B, una exit-strategy, per riportare azienda, lavoratori e le comunità sociali interessate ad un livello di sicurezza e di tranquillità che meritano. Dovremmo essere in grado di far emergere la parte sana e volenterosa delle nostre comunità locali, di aggregare le risorse umane dei nostri territori.
Non ci vuole molto. Basta guardarsi intorno. Fino ad ora, amministrazioni e sindacati non ci sono riusciti”.
(foto di archivio)