Ieri, 29 settembre, la chiesa ha celebrato la memoria degli arcangeli e a Santa Maria degli Angeli si sono riuniti centinaia di famiglie per la grande Festa degli Angeli. Ma anche in un piccolo eremo della valle ternana il protagonista indiscusso è stato un angelo. Un angelo che otto secoli fa apparve al poverello di Assisi, malato e stanco, per alleviare le sue pene con angeliche armonie.
L’eremo in questione è il santuario del Sacro Speco di Sant’Urbano, presso Narni, convento francescano della prima ora, che il 28 settembre ha festeggiato i suoi 800 anni. Era infatti il 1213 quando Francesco e alcuni compagni giunsero per la prima volta in questo meraviglioso fazzoletto di bosco, dove già erano presenti e frequentate una piccola chiesa dedicata a San Silvestro, una fonte d’acqua miracolosa e alcune grotte, tra cui una, che il santo amò da subito, a forma di fenditura verticale che gli ricordava la piaga del costato del Signore Gesù (FF445) e che entrò nella tradizione francescana col nome di Speco.
Alla presenza del Provinciale, fr. Bruno Ottavi, e del Sindaco di Narni, il dott. Francesco De Rebotti, fr. Massimo Reschiglian, assieme agli altri frati dello Speco e ai tanti che ritrovano in quel luogo ristoro per lo spirito, hanno voluto organizzare una giornata per celebrare la storia di un eremo che è sempre stato legato a doppio filo con il sincero e profondo desiderio di radicalità francescano.
La prima parte del pomeriggio è stata dedicata all’approfondimento storico di questi 800 anni di storia. Il primo intervento in programma era quello di don Felice Accrocca, importante studioso di francescanesimo, che non è potuto essere presente e ha quindi affidato a fr. Pietro Messa la lettura della sua relazione sui primi due secoli di storia dello Speco attraverso le Fonti Francescane e gli scritti di un grande riformatore dell’Ordine del Trecento, Angelo Clareno. Il secondo intervento, di don Mario Sensi, ha spaziato lungo tutto il periodo dell’Osservanza, ovvero il Quattrocento. In primo luogo don Mario ha presentato la suggestiva ipotesi che lo Speco sorga su un santuario micaelitico del primo millennio dell’era cristiana, poi francescanizzato grazie alla memoria del passaggio di Francesco e dei primi compagni. Inoltre ha mostrato come lo Speco sia stato solo sfiorato dalla grande riforma osservante del Quattrocento, poiché fu abitato praticamente fino alla loro soppressione dai seguaci di fr. Angelo Clareno, e che solo con l’inizio del XVI secolo gli Osservanti abbiano voluto abitare questo luogo. E’ proprio da questo momento, in particolare dal 1517, anno della divisione ufficiale dei Frati Minori e dei Frati Minori Conventuali, che questo luogo entra a far parte della provincia umbra dei Frati Minori. Proprio da questo anno 1517 è partito il terzo intervento, tenuto con maestria da Andrea Maiarelli, archivista presso l’archivio della provincia umbra dei Frati Minori, che ha compiuto un lungo percorso negli ultimi cinque secoli attraverso i documenti pervenuti fino a oggi. Grazie a testi elaborati dai frati del convento o sul convento abbiamo potuto cogliere aspetti importanti della vita quotidiana dello Speco fino alla sua chiusura nel 1911 e dalla riapertura nel 1943. Gli ultimi sessanta anni di storia, poi, sono stati indelebilmente segnati dalla figura di fr. Placido Santucci, che ha vissuto ben 62 anni allo Speco. A lui e a fr. Giuseppe de Bonis, tornato alla casa del Padre lo scorso mese d’agosto, sono stati dedicati tutti questi interventi.
Tra le immagini d’archivio proiettate dal prof. Maiarelli nel chiostro del convento, una riportava di nuovo in auge un angelo: era un documento del 1750 e riportava il sigillo dello Speco, raffigurante un angelo che suona la viola. Sulla scia di questa presenza costante degli angeli, la seconda parte del pomeriggio è stata dedicata alla lode di Dio attraverso il canto, grazie a un trio di frati che hanno preso ispirazione da una vetrata della basilica di Santa Maria degli Angeli che raffigura anch’essa tre angeli con tre strumenti diversi. Il Trio Laudar Vollio, composto da fr. Alessandro Giacomo Brustenghi (canto e organo portativo), fr. Davide Pietro Boldrini (chitarra) e fr. Marco Savioli (violino) ha ripercorso la storia della salvezza nelle melodie delle antiche laudi medievali, cantando e suonando alla Vergine Maria, ai misteri della salvezza, a San Francesco nel piazzale esterno del convento, proprio sotto alla colonna dove l’angelo aveva rallegrato il sofferente Francesco.
Infine, con un semplice rinfresco, i partecipanti hanno vissuto un altro importante momento ricordato dalle Fonti Francescane: Francesco, stanco e malato, per avere un po’ di sollievo per sé e per i suoi compagni, aveva chiesto che l’acqua della fonte si tramutasse in vino (FF429). Anche ieri, in quella che fr. Bartolomeo da Pisa alla fine del Trecento aveva ribattezzato “la Cana francescana”, nella gratitudine e nella fraternità i tanti convenuti hanno potuto rifocillarsi prima di discendere di nuovo a valle e lasciare questo luogo santo dove ancora dopo 800 anni in tanti salgono per nutrire la vita spirituale nel silenzio, nella contemplazione, nel desiderio di radicalità sulle orme di Francesco.