Se quella notte in cui ebbe una crisi di cuore, Pino Daniele si fosse fatto curare nell’ospedale più vicino e non in quello dove si sentiva più protetto (S.Eugenio di Roma, dove presta servizio il suo cardiologo di fiducia), “sicuramente avrebbe avuto più probabilità di salvarsi”.
La perizia dei medici legali Vittorio Fineschi e Giorgio Bolino dell’Università di Roma, con la super consulenza dell’esperto cardiologo Giuseppe Ambrosio professore ordinario e direttore della Cardiologia e Fisiopatologia Cardiovascolare della Azienda Ospedaliero-Universitaria di Perugia, conclude solo una tappa del procedimento penale aperto dai magistrati romani contro ignoti.
“Il ‘caso’ solo in apparenza poteva sembrare facile, con conclusioni scontate – riferisce il prof Ambrosio all’ufficio stampa dell’Azienda Ospedaliera di Perugia-. Abbiamo dovuto lavorare su una abbondante documentazione sanitaria per la patologia di cui da tempo era affetto Daniele, ma è stato necessario simulare il percorso clinico di quella notte del 4 gennaio, quando il paziente ebbe un malore e venne trasportato con mezzi propri da Orbetello a Roma. Ci siamo avvalsi delle dichiarazioni rilasciate dai familiari, del quadro cardiologico già conosciuto, e dell’esame autoptico del cuore”.
Ore di studio, riunioni collegiali ed infine la relazione sottoscritta congiuntamente dai tre consulenti, entro i termini stabiliti dal giudice. “C’è sempre stata identità di vedute tra noi periti- aggiunge Ambrosio-, ciascuno aveva una specifica attività da svolgere, e nell’incontro finale abbiamo definito le conclusioni della perizia”. L’aspetto medico legale ora sembra blindato, ma è presumibile che la discussione tra le parti si incentrerà su quelle “maggiori probabilità di salvezza” se il celebre cantautore fosse stato assistito tempestivamente.
di FMF