Migranti, infermiera di Narni fa nascere bimbo su motovedetta di Lampedusa - Tuttoggi.info

Migranti, infermiera di Narni fa nascere bimbo su motovedetta di Lampedusa

Luca Biribanti

Migranti, infermiera di Narni fa nascere bimbo su motovedetta di Lampedusa

Il racconto a TO di Marianna Mandich | Il viaggio di Ester e i primi vagiti di Femino 'Scappo dalla guerra. Voglio per mio figlio un futuro migliore'
Ven, 18/09/2015 - 07:32

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“È stata un’esperienza che mi ha segnato profondamente; l’impatto è arrivato con una ‘violenza’ emotiva che non avrei mai creduto. Far nascere una nuova vita e prendersene cura, anche se per breve tempo, ha cambiato il mio approccio al pensiero alla gravidanza” – con queste parole Marianna Mandich, l’infermiera 25enne di Narni che ha fatto partorire una migrante sulla motovedetta CP 324, racconta il piccolo miracolo del 3 settembre scorso. “Quando il piccolo è venuto alla luce, abbiamo tirato tutti un sospiro di sollievo, perché abbiamo operato in condizioni di estrema precarietà. Fortunatamente tutto è andato bene, non ci sono state complicanze. Mi ha stupito – racconta ancora Marianna – la lucidità e la calma con la quale Ester (questo il nome della 25enne nigeriana) ha affrontato la situazione. Quando l’abbiamo presa aveva una contrazione ogni 5 minuti, poi ogni 3, dopo mezzora si vedeva già la testa del nascituro. Lei si è limitata a stringermi la mano per avere un po’ di calore e conforto”.

Cosa spinga una futura madre, gracilina, ad affrontare un viaggio dalla Nigeria alla Libia, con mezzi di fortuna, senza alcuna tutela o protezione, 3 o 4 mila chilometri a piedi, in jeep, con mezzi di fortuna, è stato svelato dalla stessa Ester “Scappo dalla guerra. Voglio per mio figlio un futuro migliore”.

Una volta in Libia, uno dei tanti viaggi della speranza nei barconi degli scafisti, uno dei tanti che percorrono la rotta verso Lampedusa. Proprio in quel tratto di mare, la nave di Ester è stata intercettata dalla Guardia Costiera, di pattuglia sulla nave “Corsi”; insieme a lei altri 104 migranti.

Il destino ha voluto che sulla stessa rotta passasse la motovedetta CP 324, dove alcuni di loro sono stati trasbordati: tra questi anche Ester. A bordo dell’imbarcazione c’era il personale della Cisom (Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta), dove lavora anche l’infermiera narnese Marianna.

Una volta capite le condizioni della gestante, tutto l’equipaggio è entrato in fermento per i preparativi del parto, coordinato dal dott. Luca Italia.

Tutti hanno dato il loro contributo, assistendo dal primo momento alla nascita del bimbo, il medico e l’infermiera. “Abbiamo sdraiato la donna su un telo portaferiti e le abbiamo sistemato un salvagente sotto il bacino per farla stare più comoda – racconta ancora Marianna – in pochi minuti il bimbo è venuto al mondo. L’ho preso tra le braccio e ha subito pianto. Poi l’ho appoggiato al capezzale della madre e si è quasi subito addormentato. La mamma era stremata e le ho chiesto se volesse che fossi io a prestare le prime cure al bimbo. Lei me lo ha messo in braccio ed è caduto in un sonno profondo. Vedere l’emozione dell’equipaggio, dei 7 marinai italiani a bordo della motovedetta, è stata una sensazione di grande gioia. Il piccolo Femino è stato da subito la nostra mascotte; coccolato e baciato da tutti. Si è creato un clima di collaborazione e di solidarietà che è difficilmente descrivibile”.

Questa vicenda sembra avere dello straordinario, ma, quotidianamente, sono centinaia i casi in cui i sanitari e i marinai italiani salvano vite umane e donano speranza a chi cerca un futuro migliore per i propri figli. Di straordinario c’è solo la fortuna di nascere alla latitudine e alla longitudine giusta; per chi nasce sotto la dittatura, la guerra civile, l’orrore delle violenze, questo non è straordinario, è ordinaria follia.

“Tra i migranti, ci sono tantissime donne con i loro bambini – conclude Marianna e quello che ogni volta mi colpisce è la loro straordinaria organizzazione. Non hanno niente con loro, se non una busta di plastica. All’interno c’è lo stretto necessario per sfamare i loro piccoli. Le donne non hanno niente per sé, possono restare senza bere né mangiare per giorni. Quello che dà loro la forza di affrontare questi viaggi è la speranza di salvare i loro figli dalla povertà e dalla guerra”.

© Riproduzione riservata

La foto è già stata pubblicata sul Corriere Della Sera

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