Nel libro di Enzo Beretta gli anni "meravigliosi e folli" di Maradona al Napoli: storie di calcio, di privata quotidianità e di eccessi
“Papà, ma Maradona è stato davvero il più forte di sempre?”. Come rispondere a questa domanda di tua figlia, 19enne che non segue il calcio (anche se conserva orgogliosamente la foto scattata insieme a Francesco Totti)?
Questa domanda mia figlia me l’ha fatta quando ha visto sullo scrittoio il libro di Enzo Beretta, “Il re degli ultimi. I sette anni meravigliosi e folli di Maradona a Napoli”. Mi ha visto leggerlo avidamente in due serate. E questo forse l’ha incuriosita. Come la foto in copertina. Non un calciatore con il pallone, ma un ragazzo coi ricci neri sopra un corpo non proprio atletico, che sale incerto le scalette dagli spogliatoi, intimorito dall’assedio dei fotografi.
“Leggilo, poi ti racconto anche di quando l’ho visto giocare” le ho detto.
Ho atteso che mia figlia leggesse il libro dell’amico e collega Enzo Beretta, per scriverne queste righe. L’ha letto fino in fondo. Magari saltando pezzi di racconti su partite giocate quando non era nata e che non andrà a rivedere. Gesta che invece io ho letto avendo impresse negli occhi le immagini di quelle giocate, di quei gol, di quei successi e di quelle sconfitte. Rilette con gusto, anche se, appunto, conosciute, viste e riviste. Un po’ come quando si ride anticipando la battuta di un film comico visto cento volte.
Ma nel libro di Beretta è raccontato molto altro. Anche tra gli episodi sportivi, avvenuti sul campo o in allenamento. E soprattutto, fuori dal campo. Vicende che si possono intuire, conoscendo la vicenda umana, straordinaria e terribile al tempo stesso (e non solo per l’epilogo) di Diego Armando Maradona. Ma soprattutto conoscendo Napoli. Perché quei sette anni “meravigliosi e folli” di un campione unico non potevano avere altro scenario che la Napoli “meravigliosa e folle”. Quella Napoli che ti può consumare d’amore, come è avvenuto per Maradona.
Già in tanti hanno parlato e scritto del legame morboso tra Napoli e Maradona e delle conseguenze, sul calciatore e sull’uomo. Enzo Beretta, cronista di nera e giudiziaria per lavoro e tifoso per passione sportiva, alterna i suoi racconti, tutti d’un fiato, tra la cronaca sportiva e quella giudiziaria. Ma poi, in questo tumulto di storie, ci sono le brusche frenate, in cui si racconta il Maradona privato. Attraverso le persone che gli sono state più vicine in quei sette anni. Personaggi conosciuti (l’allenatore Rino Marchesi, l’avvocato Vincenzo Siniscalchi). Ma anche chi è rimasto sempre nell’ombra del mito (Lucia Rispoli, la cuoca, la sua “mamma italiana”) o è stato sotto i riflettori per un istante, per poi tornare nell’ombra (il poliziotto Giuseppe Fiore). E poi c’è Fernando Signorini. Che nella favola di Collodi sarebbe, in un colpo solo, il Grillo parlante, la Fatina turchina e Geppetto. Anche se Maradona, un Pinocchio-bugiardo non lo è stato. Se non, forse, con se stesso. In balia dei tanti Lucignolo, Gatto e Volpe che hanno finito per portare via il pallone a un ragazzo che era felice solo quando lo aveva tra i piedi. E che sapeva che la domenica, con quel pallone, rendeva felici tutti quanti. Anche i tifosi avversari, a cui, pure, le sue giocate hanno dato tanti dispiaceri.
Non so se davvero la “missione” di Diego Armando Maradona fosse quella di far vincere i perdenti, quasi fosse un Robin Hood del calcio, che scuce lo Scudetto ai ricchi club per cucirlo sulle, sino a quel momento povere, maglie azzurre. Probabilmente, Maradona voleva vincere soprattutto per sé, per il modo in cui interpretava il calcio, lo sport che amava fin da bambino. Certo, il Napoli ha vinto con Maradona gli unici due Scudetti della sua storia. E a Stoccarda ha sollevato in cielo la Coppa Uefa, facendo gioire migliaia di italiani emigrati in Germania. La Capitale del Sud, con tutti i suoi problemi, mai risolti, ha sfidato e battuto, almeno nel calcio, le Capitali economiche del Nord.
Poi, fuori dal campo, ci sono i gesti semplici del quotidiano, la generosità verso i bisognosi, i capricci, gli eccessi, i vizi. Enzo Beretta racconta tutto questo, dopo averlo ascoltato da chi ne è stato testimone diretto. E lo trasferisce, con un ritmo incessante, al lettore, che finisce per subire, inevitabilmente, il fascino dell’eroe maledetto.
Del resto, è questo il ruolo che la storia del calcio ha assegnato a Diego Armando Maradona al cospetto dell’altro eroe, Edson Arantes do Nascimento, Pelè.
Maradona vs Pelè. E’ qui che si approda sempre, per rispondere alla domanda su chi sia stato il calciatore più forte di tutti i tempi, quella che ha intrigato anche mia figlia. “Maradona è megl’ e Pelè”, è la sentenza, in coro, dei tifosi del Napoli. Ma chissà se poi c’è, una risposta a questo quesito. Di certo quella degli anni di Maradona a Napoli, uomo e campione, è la storia più incredibile da raccontare e da leggere.