L'esterno sinistro folignate tornato protagonista con la Roma nella notte di Tirana dopo il grave infortunio all'Europeo
La notte dell’11 luglio aveva alzato anche lui la Coppa Europa raggiungendo con le stampelle i compagni al centro dell’erba di Wembley. Mercoledì sera, a Tirana, Leonardo Spinazzola ha alzato al cielo la Uefa Conference League indossando la maglia della Roma, finalmente zuppa di sudore. Mourinho lo ha messo in campo al 22′ del secondo tempo, al posto del giovane Zalewski, protagonista del finale di stagione della Roma. Un finale nel quale anche l’esterno folignate ha potuto dare il suo contributo.
Perché tra la Coppa Europa alzata l’11 luglio e la Conference di Tirana c’è il grave infortunio al tendine di Achille, subito il 2 luglio, nei quarti di finale contro il Belgio, da quello che sino a quel momento era stato il miglior terzino sinistro dell’Europeo.
Le lacrime dell’Allianz Arena mentre lascia il campo in barella, l’operazione a Turku in Finlandia, dove il professor Lasse Lempainen gli ha ricostruito il tendine di Achille. E la lunga riabilitazione, con le speranze dei tifosi della Roma di rivederlo in campo già prima della fine del 2021 che sono andate scemando con il passare dei giorni.
In tanti hanno pensato che Spinazzola sarebbe tornato a giocare nella prossima stagione. E invece, Mourinho lo ha portato in panchina per tornare a respirare l’aria dello stadio e della partita. In campo a Firenze, a 311 giorni dall’infortunio, negli scampoli finali della partita persa dai giallorossi contro la Fiorentina. Poi titolare e in campo per un tempo nella sfida contro il Venezia. E ancora titolare (sostituito solo al 38′ della ripresa da Vina) nella gara di Torino in cui la Roma si doveva conquistare l’accesso all’Europa League.
Fino all’ingresso nella finale di Conference League di Tirana, nel momento in cui la Roma stava soffrendo e Mourinho ha deciso di affidarsi all’esperienza e agli strappi di Spinazzola. Tornato a sorridere nella notte di Tirana. E con lui il popolo giallorosso e Foligno, la città che, al di là della fede calcistica, abbraccia il suo campione.