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La riforma degli ammortizzatori sociali, la nuova Cassa Integrazione

Redazione

La riforma degli ammortizzatori sociali, la nuova Cassa Integrazione

Come cambiano i parametri di applicazione della CIG dopo il Job Act e le nuove direttive dell'INPS | A cura di ANCLSU UP
Mar, 22/12/2015 - 10:33

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Con il decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015 il Governo, utilizzando la legge delega del 10 dicembre 2014 n. 183, attua anche la riforma degli ammortizzatori sociali.

Si tratta di uno dei procedimenti legislativi che comunemente vengono individuati come Job Act o riforma del mercato del lavoro.

Fanno parte comunque del tentativo di riorganizzare in maniera uniforme e le norme in materia di lavoro intervenendo in vari settori di esso. E’ evidente che nel riorganizzare e semplificare vengano introdotte delle novità e quasi tutte le norme che fino ad ora avevano disciplinato le vari materie interessate vengano abrogate.

Il provvedimento in esame incide direttamente nella sfera degli interessi dei lavoratori e quindi non solo nell’attività degli operatori i quali si trovano di fronte entrambi ancora una volta a novità consistenti.

Dal punto di vista operativo può essere un problema individuare subito la giusta direzione poiché l’interpretazione delle nuove norme non sempre è agevole, ma questa volta anche i diretti interessati, i lavoratori, sono coinvolti dalle novità e non solo gli operatori non solo per quanto riguarda i diritti tutelati, per i comportamenti che devono essere tenuti ma pure per gli adempimenti che devono essere effettuati.

Il decreto 148 si occupa essenzialmente di ammortizzatori sociali e quindi di Trattamenti di integrazione salariale, Fondi di solidarietà e Contratti di solidarietà espansiva.

Conseguentemente si segnala la circolare INPS n. 197 del 2 dicembre 2015, utile a tutti poiché l’istituto con il suo autorevole intervento contribuisce a chiarire le nuove norme ed i nuovi comportamenti da tenere.

La prima nota di interesse è l’estensione della tutela della cassa integrazione anche ad alcune categorie di apprendisti con la conseguenza dell’aumento del contributo addizionale dovuto dal datore di lavoro per questa categoria di lavoratori.

Le condizioni ulteriori che necessitano sono che gli apprendisti siano occupati in aziende che sono soggette all’applicazione della CIG e che il lavoratore possa vantare una anzianità di effettivo lavoro di almeno 90 giorni presso l’unità produttiva per la quale viene richiesto il trattamento.

Con un attento esame della norma e della circolare si può osservare che in generale il decreto 148 prevede una tutela che riguarda tutti i lavoratori dipendenti assunti con contratto di lavoro subordinato compreso quindi gli apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzante in possesso dei requisiti appena elencati ma con esclusione dei dirigenti, lavoranti a domicilio e gli apprendisti assunti con le altre formule diverse dal professionalizzante (Alta formazione e ricerca, per la qualifica ed il diploma professionale …).

La misura del trattamento di CIG è pari all’ottanta per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le zero ore ed il limite del contratto di lavoro.

Si ricorda che esistono in ogni caso i massimali oltre i quali la percentuale indicata non può essere calcolata ed oltre i quali l’INPS non può garantire il trattamento.

Quindi la misura è vero che è pari all’ottanta per cento della retribuzione ma fino al massimale che viene individuato e che sarà rivalutato anno per anno.

Tanto per fare un esempio nel caso di un lavoratore che dovesse percepire un compenso mensile di euro 2500 lordi l’ottanta per cento non si calcola su questo importo ma sul massimale INPS che è inferiore.

La durata massima della misura di sostegno è pari a 104 settimane nel quinquennio di riferimento.

Quindi nel caso di una richiesta di cassa integrazione per un dato periodo occorre verificare se nei 5 anni precedenti andando a ritroso non sono state utilizzate tutte le 104 settimane. Se ve ne sono di libere il trattamento spetta, altrimenti no.

È dovuto, a carico del datore di lavoro, un contributo addizionale nel caso di accesso al trattamento mentre per i lavoratori i periodi di cassa integrazione valgono ai fini pensionistici.

Cioè per i periodi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro verrà accreditata al lavoratore ed a carico dell’INPS la contribuzione figurativa utile per il conseguimento del diritto alla pensione. La misura dell’accredito, per questi periodi, si calcola sulla base della retribuzione globale cui si riferisce la integrazione salariale.

Arriva infine un utile chiarimento del rapporto della CIG con la malattia e quindi viene chiarito in concomitanza dei due eventi quale debba prevalere per il relativo trattamento.

Se durante la sospensione dal lavoro a zero ore dovesse insorgere una malattia il lavoratore continuerà ad usufruire del trattamento di integrazione salariale.

Infatti se l’attività lavorativa è totalmente sospesa non c’è obbligo di prestazione da parte del lavoratore e di conseguenza non vi è nemmeno obbligo di comunicare al datore di lavoro ed all’INPS lo stato di malattia. Il lavoratore continuerà in questo caso a percepire il trattamento di integrazione salariale.

Se invece l’intervento di cassa integrazione è relativo ad una contrazione dell’attività lavorativa e quindi si tratta di un intervento ridotto, prevale l’indennità economica di malattia con tutti gli obblighi di certificazione e relativa reperibilità in date fasce orarie giornaliere.

Giovanni Cruciani – Consulente del Lavoro

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