Consegnata all’Arcivescovo Maffeis una ampolla contenente l’olio prodotto dall’Associazione “Quarto-Savona 15”
Il pomeriggio del 31 marzo, il Questore di Perugia Giuseppe Bellassai, a 31 anni di distanza dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio, ha ricordato i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i poliziotti delle loro scorte e quanti hanno perso la vita nella battaglia alla mafia, con un’iniziativa – che vede coinvolte tutte le Questure d’Italia – dall’alto valore simbolico.
Accompagnato da una rappresentanza di funzionari e del personale, il Questore si è recato presso la sede dell’Arcivescovado per un incontro con Mons. Ivan Maffeis, Arcivescovo metropolita della Diocesi di Perugia – Città della Pieve nel corso del quale ha consegnato all’Arcivescovo una ampolla contenente l’olio prodotto dall’Associazione “Quarto-Savona 15”, che prende il nome dalla sigla radio utilizzata dall’equipaggio della Polizia di Stato di scorta al Giudice Giovanni Falcone.
Nel luogo dove avvenne l’attentato del 23 maggio 1992, vicino allo svincolo autostradale di Capaci dove rimasero uccisi i tre agenti della scorta – Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo – ed i magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, sorge, infatti, un giardino dove sono state piantati degli alberi di ulivo, ciascuno dedicato ad un esponente delle Istituzioni caduto per mano mafiosa.
Anche quest’anno, l’Associazione ha raccolto le olive prodotte dagli alberi, ricavandone l’olio che è stato donato affinché il frutto nato dalla terra bagnata dal sangue dei Caduti nella lotta contro la mafia possa essere simbolo di redenzione per il territorio, rappresentando la vittoria del bene sul male. L’olio verrà consacrato nel corso della Settimana Santa ed utilizzato come Olio Santo per le celebrazioni liturgiche.
L’Arcivescovo Maffeis ha ringraziato il Questore per il pregiatissimo dono e ha sottolineato che “il prezioso olio, come da tradizione, verrà unito all’essenza di bergamotto che, quest’anno, è stata donata dai giovani lavoratori di Locri che l’hanno estratta dai frutti piantati nelle terre confiscate alle mafie. Una coincidenza che renderà ancora più speciale il Crisma, originato dal frutto della legalità”.
Il vescovo ha poi espresso apprezzamento per l’iniziativa nonché la vicinanza a tutte le forze dell’ordine ed in particolare alla Polizia di Stato per l’impegno che quotidianamente profonde per la sicurezza dei cittadini.
La consegna a tutte le diocesi regionali
L’iniziativa è stata riproposto anche a livello provinciale dove i funzionari dei Commissariati di Spoleto, Assisi e Città di Castello hanno donato ai Vescovi delle Diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e Foligno; della Arcidiocesi di Spoleto-Norcia; della Diocesi di Città di Castello l’olio prodotto dall’Associazione “Quarto-Savona 15”.
Ringraziando per la significativa donazione ricevuta dalla Polizia di Stato, il Vescovo di Città di Castello, Mons. Luciano Paolucci Bedini, ha ricordato che “nella liturgia cristiana il linguaggio dell’olio esprime l’unzione dello Spirito Santo che risana, conforta, consacra e permea di doni e di carismi tutto il corpo della Chiesa”. Si è poi augurato che tutti i credenti, in collaborazione con le Istituzioni civili e militari, cooperino fattivamente per risanare la società dalle profonde ferite inferte dall’azione delle organizzazioni malavitose e per educare le giovani generazioni al rispetto del bene comune e alla legalità.
“È un’iniziativa molto bella – ha sottolineato Monsignor Sorrentino, Vescovo di Assisi – che ci permette di coltivare la speranza e diffondere una cultura della legalità e della giustizia che è patrimonio di tutti. Anche la Chiesa deve dare testimonianza ed essere in prima linea nel frenare e contrastare fenomeni mafiosi”.
Per Mons. Renato Boccardo, Arcivescovo di Spoleto-Norcia “fin dai tempi antichi l’olio è segno di consolazione e fecondità. Considero particolarmente significativo che quest’anno la materia abituale per gli Olii santi, frutto degli ulivi della nostra bella terra umbra, venga arricchita dall’olio proveniente da un luogo di tragedia trasformato in terra buona e produttiva.
Ne colgo il significato profondo: anche dalle zone più buie dell’umanità, che raccolgono e
testimoniano tante ferite e custodiscono tante cicatrici alle quali ci accostiamo con delicatezza e rispetto, l’ultima parola non è mai di morte ma è affidata ad un messaggio di vita”.