L’Italia si piazza al primo posto in Europa come Paese con il maggior numero di vulcani, una guida ci aiuta a conoscerli
Da sempre, i vulcani sono fonte di curiosità e timore tra gli uomini. Le spettacolari manifestazioni alle quali si può assistere quando è in corso un’eruzione, attirano un elevato numero di turisti e l’interesse di molti studiosi.
Per via della sua collocazione geodinamica, l’Italia si piazza al primo posto in Europa come Paese con il maggior numero di vulcani, tra quelli attivi e gli estinti. Oltre a quelli più conosciuti, il territorio italiano custodisce una rete capillare di circa settanta vulcani meno noti, che interessa la zona sottomarina che va dalla Toscana fino alla Sicilia.
I vulcanologi sorvegliano costantemente le attività di questi vulcani tramite molteplici sensori multiparametrici per via della loro imprevedibilità, in modo da poter riconoscere i livelli di criticità, quando si presentano.
La vulcanologia, la scienza che studia i processi geologici inerenti i vulcani, nasce proprio qui in Italia, nel 79 d.C., da una descrizione dettagliata di Plinio il Giovane della devastante eruzione del Vesuvio di quell’anno. Infatti, le più grandi eruzioni al mondo ancora oggi vengono denominate “pliniane”.
L’Italia, dunque, può essere considerata terra di vulcani, i quali si suddividono in quattro importanti categorie: attivi, quiescenti, sottomarini ed estinti. Ma quali sono i nostri vulcani più conosciuti, e a quale di queste categorie appartengono?
Sul portale di Vacanza mia è possibile consultare la guida completa dei vulcani in Italia, comprendente anche una tabella riassuntiva delle altezze di ogni vulcano e la data della loro ultima eruzione.
I Vulcani italiani più conosciuti e le loro caratteristiche
Quasi il 10% dell’umanità vive nelle vicinanze di vulcani attivi. Ma la densità di popolazione presente alle sue pendici, e le sue caratteristiche esplosive, fanno del nostro Vesuvio il vulcano più studiato e pericoloso al mondo. Forse è per questo motivo che l’Osservatorio Vesuviano, fondato nel 1841 da Ferdinando II di Borbone, è il più antico tra i tanti esistenti che monitorano i parametri geofisici, geochimici e geologici dei vulcani.
Il Vesuvio, o Vulcano, appartiene alla categoria dei vulcani quiescenti, cioè quei vulcani attivi il cui periodo di riposo attuale è inferiore a quelli più lunghi registrati in precedenza. Infatti, la sua ultima eruzione risale al 1944, ma la sua fama distruttiva è ben nota sin dal 79 d. C.
Con un’eruzione esplosiva seguita da colate piroclastiche a velocità altissima, in quell’anno sorprese i cittadini di Pompei ed Ercolano senza lasciare loro via di scampo. I resti di quella eruzione, alcuni molto inquietanti, ancora oggi sono tra le mete turistiche più gettonate d’Italia.
Annoverato insieme allo Stromboli tra i vulcani più attivi del mondo, l’Etna, o Mongibello, con i suoi 3300 metri d’altezza si afferma come il vulcano più grande d’Europa. Le sue eruzioni alternano periodi di quiescenza a periodi di fervente attività, che in passato sono arrivati a durare anche decenni.
Prevalentemente le sue eruzioni sono di tipo effusivo, ossia contraddistinte da emissioni di colata lavica, le quali non costituiscono una grave minaccia per gli abitanti delle zone circostanti. Negli ultimi decenni, però, il monitoraggio delle sue eruzioni ha rilevato un considerevole aumento di episodi eruttivi esplosivi, anche se dalla durata breve.
Oltre ai quattro crateri sommitali contenuti nel Cratere Centrale, l’Etna è caratterizzato dalla presenza di bocche eruttive lungo le sue pendici che producono eruzioni laterali ed eccentriche.
Da anni fonte di grande interesse e preoccupazione tra esperti e non, il Marsili, il vulcano sottomarino più esteso d’Europa, è stato ritenuto estinto per anni. A seguito degli studi svolti dal CNR nel 2006, il vulcano si è, invece, rivelato attivo, e la diffusione di questa notizia ha dato il via a numerose ipotesi catastrofiste tra la popolazione italiana.
In effetti, la possibilità della formazione di giganteschi tsunami, che si potrebbero abbattere sulle coste del Mar Tirreno a séguito di un’eruzione del Marsili, non sembrano una prospettiva idilliaca. Ma, grazie al cielo, a questi timori sono venuti incontro gli studiosi, che hanno scongiurato tali eventualità.