Lu. Bi.
“Ameria Festival” ha regalato un momento particolarmente interessante di storia e archeologia con la conferenza su “Germanico e Caligola: le immagini di padre e figlio”, che si è tenuta lo scorso sabato presso il museo archeologico di Amelia. Il prof. Massimiliano Papini, della Facoltà di Scienze Umanistiche dell’Università “La Sapienza” di Roma – Dipartimento di Scienze Archeologiche, Storiche e Antropologiche – e il prof. Matteo Cadario, della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Milano – Docente di Archeologia e Storia dell’arte romana, hanno illustrato come l'iconografia, in particolare la statuaria, di età imperiale fosse un'arma estremamente efficace per il controllo del consenso e del potere. Nel delicato passaggio dall'età repubblicana al principato di Ottaviano, si iniziò a comprendere l'importanza di comunicare attraverso l'immagine, la costruzione di monumenti, edifici, e Roma iniziò ad avere l'aspetto monumentale che oggi ci è noto.
Non è un caso che Caligola, durante il suo regno, abbia ampiamente celebrato il padre, nobile generale amatissimo a Roma, ma scomparso prematuramente prima di diventare imperatore. Una delle rappresentazioni più conosciute è quella del “Germanico” di Amelia. La statua, in bronzo, è alta 209 cm., e rappresenta il generale nel gesto dell''adlocutio', cioè nell'atto di chiedere la parola, è impostata secondo la ponderazione del 'canone di Policleto' (gli arti superiori e inferiori sono bilanciati nel loro rapporto di movimento). Ne scaturisce un'immagine nobile, composta e dignitosa, per molti aspetti diversa da quella che la tradizione tramanda rispetto al figlio Caligola: autoritario, dal fisico possente, e dalla 'mens insana'. Tuttavia nella prima parte del suo impero aveva mantenuto la 'moderatio', annullando i sacrifici al suo 'genius', vietando erezione di statue in suo onore; concesse che venissero eretto in tempi panellenici, ma a patto che non costassero troppo.
Col passare del tempo si verificò quel processo di degradazione a 'monstrum', con alcuni provvedimenti che portarono l'imperatore a gestire personalmente i 'diritti di immagine' dell'Urbe. Fece abbattere tutte le statue degli uomini illustri che Augusto aveva fatto spostare dal Campidoglio al Campo Marzio 'propter angustias', cioè per mancanza di spazio. Probabilmente Caligola voleva in qualche modo cancellare il ricordo degli antichi fasti della Repubblica, ma non solo; l'imperatore vietò che venissero erette statue di personaggi ancora in vita senza la sua autorizzazione. Tuttavia va rivisto il giudizio secondo il quale Caligola abbia istituito il culto del dio-imperatore; fece erigere in un tempio sul Palatino il famoso 'simulacrum iconicum', una statua d'oro che rappresentava il 'numen' di Caligola, ma non la persona di Caligola, che veniva vestito ogni giorno secondo gli abiti che lo stesso imperatore indossava. Era mantenuto così un certo equilibrio tra assolutismo e ricerca del consenso, un atteggiamento che potremmo definire 'moderno', mantenendo comunque il dovuto distacco dalle moderne tecniche di comunicazione.
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