Gli occhi lasciavano trasparire una profonda nota di nostalgica malinconia, ancor più accentuata dal velo di lacrime mal nascoste che davano un effetto da inverno inoltrato. L’abbigliamento denunciava una provenienza umile ma decorosa, una valigia che ricordava i primi emigrati che forti solo della loro speranza, lasciavano la propria terra in cerca di fortuna in siti sconosciuti. Era curioso il modo come si sbirciavano tra loro, impauriti ma pronti a recepire un qualsiasi segnale di solidarietà.
Il Censore severo nel suo aspetto imponente, accoglieva questi piccoli orfani ripetendo a tutti la stessa frase: ”mantenete la riga, su con la testa, girare a destra e …” Qualcuno dei più grandicelli percepiva che si respirava un’aria da caserma, cosa confermata quando ad ognuno di essi fu assegnata la divisa con la mantella nera, gli si insegnava il saluto militare, la postura da tenere all’alza bandiera, la posizione dell’attenti dinanzi al Rettore.
Quanti anni sono passati, quanti giovani ho visto crescere tra queste mura, quanti sogni, quante bizzarrie, qualche ceffone e qualche sorriso che gli educatori dispensavano in rare occasioni. Ma bando alle cose che suscitano inesorabilmente un pizzico di spiacevole nostalgia, voglio soffermarmi su cosa è diventato oggi l’antico collegio, proprio per testimoniarne i cambiamenti. Un radicale processo di modernizzazione ha trasformato una struttura che traspirava odore d’incenso, tintinnio di armi, antichi canoni di severità testimoniati da un codice disciplinare ferreo, ha lasciato il campo all’applicazione di moderni principi pedagogici.
In questi ultimi anni, li vedo arrivare sorridenti, curiosi, vivaci, chi li accoglie e propositivo di valori che evidenziano la volontà di fare amicizia, non hanno più divise, saluti paramilitari, obblighi difficilmente comprensibili se non accuratamente spiegati, sviscerati in tutte le possibili sfaccettature che come un puzzle vanno a ricomporre un’idea condivisa di piccole regole, imprescindibili per ogni gruppo, o famiglia che dir si voglia. Queste poche righe possono testimoniare solo un granellino di quello che ho visto, di quanti ho abbracciato e visto crescere tra queste mura, centinaia di giovani, ma che dico, migliaia.
Oggi mi sento ringiovanito, ho rifatto il look, ho cambiato i colori, ho anche le aule piene di tecnologia, palestre con macchinari complessi, biblioteca, spazi sportivi ecc. ecc. Pardon, non mi sono presentato, sono il Convitto INOIS, ENPAS oggi INPDAP di Spoleto, e oggi compio Centodiciotto anni. Ma non li sento affatto, sapete qual è il vero segreto? Vivo delle energie che i giovani emanano con la loro insuperabile vitalità, gioia, esuberanza, capacità di dare, da sempre, ma oggi con tanta allegria.
Il convitto Inpdap di Spoleto compie oggi 118 anni. Messaggio “speciale” dell'istituzione a sé stessa
Sab, 22/10/2011 - 09:25