di Ada Urbani (*)
«È il voto con cui il Senato approvava l’ordine del Giorno, presentato insieme al sen. Malan, che impegnava il Governo a non introdurre norme a tutela di trattamenti pensionistici particolari fino a risoluzione del problema “esodati”, che mi ha indotto a presentare per l’Aula l’emendamento abrogativo del comma due del disegno di legge che avrebbe consentito ai “grandi” manager pubblici di continuare a godere delle cosiddette “pensioni d’oro”. Se da un lato rimango soddisfatta dell’approvazione dell’ordine del giorno nella speranza di una soluzione definitiva di quanti esodati rischiano di rimanere senza lavoro e senza pensione, lo sono anche dall’altro perché non mi sembrava possibile, in un momento così delicato, mantenere in vita il privilegio di qualcuno.
È in questa ottica che ho ritenuto, da relatore del parere al disegno di legge che conteneva la proposta di porre un tetto agli stipendi dei manager pubblici, che toccasse all’Aula esprimersi sulla questione che in ogni caso li voleva privilegiati dal punto di vista previdenziale. L’abrogazione del comma due mette quindi un tetto, seppur piccolo, anche alle pensioni d’oro. La mia personale iniziativa, vuoi anche per far partecipare anche i “grandi” manager di stato al risanamento del Paese, così come con la riforma delle pensioni viene richiesto a tutti gli italiani, non è né contro il Governo, né contro i dipendenti pubblici stessi. E i partiti hanno risposto: 124 senatori hanno dato il voto favorevole per abrogare il comma. Al Governo ora il compito di dichiarare eventuali sfumature di illegittimità sulla validità di toccare diritti acquisiti, sui quali, mi sembra, finora si sia fatta man bassa.»
(*) Senatrice PdL