Il Ferrara manager, 13 anni tra luci e ombre - Tuttoggi.info

Il Ferrara manager, 13 anni tra luci e ombre

Carlo Ceraso

Il Ferrara manager, 13 anni tra luci e ombre

Dom, 06/09/2020 - 10:24

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Luci e ombre hanno contraddistinto questi 13 anni anche del Ferrara manager che nei primi 6 anni, del Festival è stato anche Presidente della Fondazione

Luci e ombre hanno contraddistinto questi 13 anni di Festival di Spoleto del Ferrara manager che nei primi 6 anni, della manifestazione è stato anche Presidente della Fondazione. Un ruolo scomodo, qual è sempre quello di controllore e controllato, ma che tutto sommato al Maestro non dispiaceva affatto.

Seppur costretto a dover fare i conti con l’opposizione consiliare del tempo che alla fine ottenne ragione riuscendo a separare le due cariche.

Il Mibact fu pronto, a norma del nuovo statuto, a investire il primo cittadino di Spoleto nella carica più alta della governance.

Anche se di fatto il direttore artistico ha continuato, senza la nomina di un direttore generale (figura auspicata già dai tempi di Menotti ma mai concretizzata), a gestire a 360 gradi la kermesse.

Luci e ombre, meriti e insuccessi, che vanno quindi necessariamente suddivisi con le persone di fiducia che Giorgio Ferrara ha messo ai posti di comando.

Fondi e sponsor

E’ innegabile che si deve a Ferrara – per il tramite dell’allora Ministro Francesco Rutelli e nondimeno del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con cui il direttore artistico ha un rapporto quasi familiare – il rilancio del Festival, che nel 2007 poté contare sulla cifra monstre di quasi 5 milioni di euro di fondi statali.

Stanziamento assottigliatosi, necessariamente, negli anni a seguire fino a rimanere stabilizzato intorno ai 3,5 milioni di euro. Importi a cui vanno aggiunti quelli di vecchi sponsor, main partner del Festival, come Fondazione Cassa di Risparmio Spoleto, più indietro Banca Popolare Spoleto e Fondazione Monini (unico sponsor umbro determinato a far ripartire il Festival post Menotti).

Carla Fendi

Un discorso a parte va fatto per la compianta Carla Fendi, convinta a tornare a Spoleto anche per i consigli dell’amica Nicoletta Ercole (inserita poi nello staff di Ferrara), che con la sua Fondazione divenne main partner del Festival e, grazie alla reciproca stima e amicizia con il sindaco Daniele Benedetti, a investire ben 2 milioni di euro per il restauro del Teatro Caio Melisso.

Di contro il Festival non è stato capace di attirare nuovi investitori; alcune rare eccezioni (Eni, Unicredit, per citarne un paio) sono durate giusto il tempo di una o due edizioni.

Il Ferrara politico

Quando l’ormai ex d.a. ha salutato il successore Monique Veaute auspicando una buona “resistenza” è chiaro che ha voluto far riferimento al saper gestire la manifestazione con le esigenze della città, a cominciare da quelle della politica (che Menotti riuscì a tenere lontana per mezzo secolo).

Il Ministro Rutelli presenta a Spoleto Giorgio Ferrara (ft Tuttoggi)

In 13 anni Ferrara su questo si è dovuto confrontare con 5 sindaci: dall’odio-amore con Massimo Brunini, alla diplomazia pungente con Daniele Benedetti (che disarcionò Ferrara dalla Presidenza della Fondazione), alla concretezza del compianto Fabrizio Cardarelli (che impose che il Festival si aprisse anche durante le feste di Natale e Pasqua e il ritorno di musicisti e artisti lungo le vie e piazza della città), la breve parentesi con la facente funzioni Maria Elena Bececco e l’incontro-scontro con l’attuale Umberto De Augustinis.

Un rapporto, con quest’ultimo, che è andato in conflitto aperto con l’inizio del 2020. Lo staff di Ferrara fa trapelare che il direttore artistico avrebbe gradito proseguire l’avventura imputando il mancato rinnovo contrattuale proprio al primo cittadino; De Augustinis che, in un incontro con le maestranze, non ha taciuto qualche disaccordo per aver chiesto già da due anni i rendiconti della manifestazione senza ottenerli.

Per gli amanti della cronaca, l’era Ferrara ha visto transitare ben 8 Ministri alla Cultura: dall’attuale Dario Franceschini (I e II) a Alberto Bonisoli, Massimo Bray, Lorenzo Ornaghi, Giancarlo Galan, Sandro Bondi e Francesco Rutelli.

Il rapporto con Spoleto

Il più grosso neo del regista romano però è stato senza ombra di dubbio quello di non essere entrato nel cuore degli spoletini. Popolo sicuramente diffidente ma che se “conquistato”, come sapeva Menotti, è capace anche di fare le barricate per i propri beniamini.

Sarà che Ferrara qui non ha vissuto se non per lo stretto necessario, sarà che buona parte della macchina organizzativa si è disinteressata delle dinamiche cittadine, che le maggiori associazioni di categoria sono state poco ascoltate: fatto è che la partenza della carovana “Ferrara” sembra avvenuta senza troppi rimpianti.

Da parte sua il maestro, nel saluto finale dal palco di piazza Duomo, non ha sentito di lasciare un ringraziamento né alla cittadinanza, né alle istituzioni spoletine.

Le produzioni di Ferrara e quella incapacità a vendere il Festival

Se va dato atto che il Festival di questi anni è stato capace di produrre grandi spettacoli, non altrettanto si può dire sulla capacità di promuoverli (venderli) al di fuori della manifestazione. Una incapacità (o forse voluto disinteresse) che, a fronte di investimenti economici ragguardevoli, ha danneggiato le casse della Fondazione che da quegli spettacoli avrebbe potuto trainare risorse importanti.

Eppure Ferrara provò ad ampliare l’orizzonte internazionale, andando fino a New York a promuovere il Festival (lasciando all’iniziativa dei sindaci Brunini, Benedetti e Cardarelli quello di riconquistare Charleston), ma i suoi spettacoli sono inspiegabilmente pressoché rimasti tra le mura di Spoleto.

Eccezione va fatta per il “gemellaggio” tra Spoleto e Cartagena, fortemente promosso dall’allora sindaco Cardarelli e aperta in qualche modo dall’arrivo in città dell’artista Fernando Botero, che per il festival ha anche firmato il manifesto di Spoleto 58. La proficua collaborazione ha infatti visto portare in scena in Colombia, negli anni successivi la trilogia mozartiana – Così fan tutte, Le nozze di Figaro e il Don Giovanni – con la regia dello stesso Giorgio Ferrara e prodotta in collaborazione anche dal Festival di Spoleto e dal Cartagena Festival Internacional de Música

Cerimoniale & Glamour

Si deve solo alle conoscenze e amicizie di Ferrara se il Festival ha potuto beneficiare, in maniera sporadica, della presenza di vip e autorità. Rimane così negli annali della storia del Festival la partecipazione, in visita privata, del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, figura che mancava da almeno tre decenni a Spoleto.

L’occasione fu il Concerto finale diretto da James Conlon nel 2011, proprio nell’anno dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia.

Con il passare del tempo però il Festival ha sempre più perso quell’appeal che lo aveva reso famoso negli anni d’oro. Tanto che ormai la Prima viene pressoché snobbata dalle autorità. Ma anche il Gran finale ha perso quel lustro che pure c’era stato all’inizio dell’avventura menottiana.

Il Sindaco De Augustinis con Paolo Mieli (Foto dal sito del Festival)

Così che a Spoleto si potevano contare più vip per i “Dialoghi di Mieli” del Gruppo Hdrà che in tutta l’edizione festivaliera.

Ma la geniale iniziativa dello spoletino Mauro Luchetti, unico a ricreare momenti di mondanità con le cene infrasettimanali nel giardino Menotti, è stata liquidata dall’attuale Cda, con una certa inerzia anche di Ferrara, senza troppe spiegazioni.

Né in questi 13 anni c’è stato sponsor o mecenate capace di ricreare questi momenti. Quelli che, al di là degli spettacoli, patinavano di luce dorata la kermesse. Che portavano politica, industria e nobiltà – tanto a Via Solferino a Milano che a Piazza Colonna a Roma o in via Tornabuoni a Firenze – a salutarsi con il celebre “ci vediamo a Spoleto!”. Perché la città del Festival non era un luogo dove fare solo sfilate, ma una occasione per tessere rapporti e accordi, commerciali e non. Sotto l’ombrello della cultura.

Relazioni che avrebbero potuto essere di grande ritorno per la stessa città, per progetti di rilancio e innovazione come, in appena 3 anni di sindacatura, il lungimirante Fabrizio Cardarelli era riuscito a gettare le basi grazie a Telecom, Inps e Trenitalia, a rilanciare la Caserma Garibaldi con il ritorno della Bandiera di Guerra e l’arrivo di 200 militari in più.

O come il predecessore Daniele Benedetti che, solo per fare un esempio, nel luglio 2011, a margine del Concerto finale del Festival, strappò all’allora Ministro Galan un importante finanziamento del Mibact per la Rocca Albornoziana.

Ed è proprio sotto la sindacatura Benedetti che Spoleto ha accolto nel 2009 la visita del Presidente francese Giscard d’Estaing, tra i pochissimi Capi di Stato stranieri ad aver preso parte ad uno spettacolo del Festival.

Sono questi gli anni che, grazie all’iniziativa più dei privati che della Fondazione, tornano alla luce eventi come “Spoleto economia”, “Spoleto scienza”; un peccato non aver riacceso i riflettori su “Spoleto cinema”.

Tante occasioni appunto che, per una città di appena 38mila abitanti, hanno consentito e consentirebbero ancora di conoscere le più alte gerarchie e perorare così tante giuste cause.

Il rilancio mediatico

Sul fronte mediatico il Festival ha sempre lesinato investimenti importanti, specie quelli di natura pubblicitaria. Lascia l’amaro in bocca che, nonostante tante belle produzioni artistiche, non si sia più riusciti a trasmettere uno concerto in diretta sulle più grandi tv nazionali. Marco Guerini prima e Nicoletta Stazzeri dopo – in pratica i Capi ufficio stampa di questi 13 anni – sono però riusciti a mantenere alto il livello di attenzione della stampa nazionale e internazionale.

Non di meno a instaurare un bel rapporto con la stampa umbra, attenzione riuscita prima solo a Bernardino Campello. Certo a cercare il pelo nell’uovo, l’ufficio stampa del Festival è rimasto ancorato, a guardare il sito istituzionale, alle sole recensioni della carta stampata, snobbando l’informazione on line. Che pure Ferrara ha dimostrato di seguire con molta attenzione.

Il bilancio

Un bilancio quindi con il segno positivo per il Ferrara manager anche se in 13 anni si sarebbe potuto fare molto meglio, specie appunto nei rapporti con la città. Considerazione di cui dovrà tener conto il prossimo direttore artistico Monique Veaute se vorrà lasciare il segno in città.

© Riproduzione riservata

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